Cos'è che li fa MUoverE ?

Chi avrebbe detto che una attività così semplice e spontanea - si cammina prima ancora di connettere verbo- poteva determinare una occasione di aggregazione, il ricostituirsi di antiche frequentazioni,risvegliare la voglia di stare insieme e condividere le emozioni di piccole avventure.Eppure guardateli con gli zaini in spalla ripieni di sorprese, attrezzature più o meno consone alla bisogna - animati da spirito di conoscenza, inerpicarsi per boschi e pendii alla scoperta del mondo che li circonda.

Ed allora ci si chiede cos'è che li spinge ad andare ed andare ed andare, cosa cercano, quali le motivazioni.Come al solito è meglio non porsi mai troppe domande:le risposte potrebbero essere deludenti banali scontate.....volgari! Lasciamoli camminare....Non ci interessa dove e perché.

Ci preme che vadano, che vadano ma che vadano pure a...Ecco, appunto!

Brahamana V sec. a.c - Indra esorta Rohita

Non c'è felicità per chi non viaggia, Rohita!
A forza di stare nella società degli uomini,
Anche il migliore di loro si perde.
Mettiti in viaggio.

I piedi del viandante diventano fiori,
la sua anima cresce e dà frutti,
ed i suoi vizi son lavati via dalla fatica del viaggiare.
La sorte di chi sta fermo non si muove.
Allora vai, viaggia, Rohita!
Indra esorta Rohita - (dai Brahamana V Sec. a.c.)

martedì 31 ottobre 2017

L'Augustea - Seconda Parte - 18 - 29 Agosto 2014 - Verona - Munchen

18 Agosto 2014 - Seconda parte  1° - Verona - Bivio per Falcade.

Franceschina è partita e sono rimasto solo. Pensavo che la convivenza sarebbe stata più traumatica
ed invece, a parte qualche piccola scaramuccia, siamo stati molto bene insieme. Almeno io.
Sono contento per lei che abbia apprezzato il Lago di Garda in tutta la sua lunghezza: dopo le sofferenze di qualche mese fa, spero che questa passeggiata l'abbia rimessa in sesto.

Sono solo e la mattina devo svegliarmi presto, l'ostello deve essere liberato alle nove.
Non ho dormito male: la grande camerata era divisa in piccole stanze, singole e doppie, da una struttura in legno leggero che seppur consentiva un minimo di privacy, non risparmiava dai....rumori notturni. Il bagno ed il lavabo, una fontana ovale in acciaio con 6 bocche, ricordava più una colonia penale, impressione confermata da una colazione a dir poco spartana: caffellatte - da tirar su con mestolo enorme da una buatta da 30 litri - in ciotola di latta e un pezzo di pane, con cucchiaio da minestra! Peccato. Eppure l'ostello è ospitato in un palazzo d'epoca con un grande parco.

Chiamo Fra al telefono per sapere come è arrivata: è a casa sana e salva. Preparo la bici e parto.

E' proprio vero: l'aria frizzantina della mattina mette sempre di buonumore. E' una bellissima giornata
e la discesa ripida dall'ostello e la vista dell'Adige così tumultuoso mi danno subito la carica.
Sono fortunato perchè dopo qualche centinaio di metri trovo una officina per ciclista già aperto.
Ne approfitto per farmi stringere i freni ed acquistare una camera d'aria di scorta.

Attraverso i viali alberati in direzione della pista ciclabile che partendo da lì mi dovrebbe portare a Trento e poi Merano: è il tratto Italiano di Eurovelo7.
Non è difficile da trovare e dopo poco mi trovo sulla sponda di un canale. Speravo di percorrere l'argine del fiume ma mi devo accontentare percè quella è la pista, ingombra di ciclisti e maratoneti.
La pista si interrompe all'improvviso alla periferia di Bussolengo e perdo le indicazioni.
Un ciclista, anziano come me ma più in gamba letteralmente e con cui condividerò una parte del cammino superandoci a vicenda, mi da la dritta giusta e riprendo il canale.

Anche se il panorama è noioso - coltivazioni di mele e qualche vigneto - mi diverto ad ingaggiare
gare di velocità e resistenza con gli altri ciclisti, tra cui una signora tenace e abilissima, ed un'altra troppo veloce per me a cui cerco di stare dietro.
Il ciclista dell'indicazione mi ammonisce sul "muro" che troverò alla fine della ciclabile, ed infatti dopo qualche chilometro vedo che tutti si fermano e tornano indietro: siamo a Rivoli Veronese
in piena Valpolicella e la strada continua con una salita del 10% per superare un promontorio che domina tutta la valle. Salgo con un bel piglio, forte della mia Bottecchia e dei corti rapporti che posso inserire e dopo un pò.......mi auguro di arrivare almeno alla prima curva che mi nasconda dagli altri ciclisti per non fare una troppo brutta figura.

Ci riesco a malapena ma poi devo scendere: è troppo per me, non ho fatto neanche duecento metri e per arrivare in cima ce ne vogliono . Padre e figlio piccolino mi superano
ed io sono costretto a spingere. Finalmente arrivo in cima - dislivello 220 mt per due chilometri almeno- alternando tratti in bici ad altri a piedi attraversando un bosco che perlomeno dà un pò di frescura . Cè un belvedere da cui si può ammirare la valle sottostante, le anse sinuose del fiume ed in lontananza il forte Wohlgemuth (è tutto scritto su un cartellone!)
Due ciclisti tedeschi - moglie e marito - raggiungono affranti il punto panoramico: il versante da cui sono saliti, e che mi appresto a scendere,  è molto più duro.
Infatti con una ripida e lunga discesa sono a valle, sulla statale per Rovereto.

In occasione del bimillenario dell' Augustea anche i nostri amministratori si sono cimentati nel segnare un percorso ciclabile che si collega con quelli oltr'Alpe. Peccato che hanno pensato di far passare la pista attraverso i vigneti che si sviluppano a destra e sinistra della statale, quindi con stradine bianche strette e bitorzolute con continui inutili faticosissimi saliscendi e pericolosi attraversamenti della statale per andare da una parte all'altra e con un incremento della percorrenza
di almeno tre volte. Non ho visto ciclisti percorrerla ed io, dopo il primo tratto, ho proseguito sulla statale piuttosto ampia e non molto trafficata da non risultare pericolosa.

C'è un bar che sembra chiamarmi per uno spuntino con dolce e per smaltire al tavolino una stanchezza che mi assale improvvisa.Dormirò per un'ora!
E' pomeriggio quando riprendo la marcia. All'ingresso di Rovereto un grande supermercato mi consente di rifornirmi di beveraggi e tarallucci. Decido di continuare fino al prossimo paese perchè penso che a Rovereto, turistica, i prezzi possano essere troppo alti. Intanto il tempo sta cambiando
e grossi nuvoloni neri incombono minacciosi. E' stata una giornata lunga e faticosa e mi fermo
ad un complesso alberghiero al bivio per Falcade, la località sciistica.
Mi accordo con la signora. L'albergo è vuoto ma la camera confortevole e ne ho proprio bisogno.
Al risveglio piove! Cerco una pizzeria.


19 Agosto 2014 - 2° Seconda Parte – Bivio per Falcade


Piove a dirotto. Mi sono vestito come per partire e prendo la bici dal garage degli attrezzi.
Mi fermo sulla porta. Ho pagato il conto e aspetto che spiova.
Non lo fa. A mezzogiorno torno in camera a cambiarmi. Non posso proseguire.

Una giornata persa.
La pioggia non scema di intensità e sono relegato nell'albergo che in questa stagione è deserto.
La antica hall, la nuova è in un altro fabbricato, è molto ampia con comode poltrone rivestite di velluto rossiccio, il bancone della concierge in legno massiccio ha ancora alle spalle la cassettiera vuota delle chiavi delle camere;alle pareti, rivestite anch'esse in listelle di legno, appesi quadri e fotografie della valle di genere sciistico e montanaro, sui tavolinetti riviste datate, un grande lampadario centrale in vetro; sul pavimento immensi tappeti fiorati.
Nonostante la penombra in cui è immersa, la hall, illuminata solo dalla grigia luce esterna che traversa le porte d'ingresso e che sfuma i particolari, rende tuttavia l'idea di una sobria agiatezza.
Provo a rilassarmi leggendo un giornale su una poltrona ma l'atmosfera uggiosa mi crea sonnolenza.

Non c'è niente da fare e me ne torno in camera. Accendo la televisione e steso sul letto alterno sonno alla veglia. Ogni tanto do un'occhiata alla finestra : la pioggia insistente sta innaffiando in abbondanza il rigoglioso giardinetto fiorito, con vialetti per passeggiare.
In inverno con la neve e l'alta montagna di fronte imbiancata , ora quasi completamente coperta da nuvole nere e gonfie, il panorama sarà completamente diverso.

Verso il tardo pomeriggio smette di piovere. E' troppo tardi per ripartire. Avviso la signora che sosterò per la seconda notte. Esco finalmente per un giro del paesino: quattro case di numero
Niente di particolarmente interessante se non una casa in pietra del '700. esseri umani: tre!
Torno sulla statale alla ricerca di una pizzeria di cui avevo letto l'insegna, oltre un chilometro indietro, ma è chiusa; poco male mi è servito per camminare.
Consumo la mia pizza e birra in un bar del paesino: incrocio altre tre persone e leggo il giornale!


20 Agosto 2014 – 3° Seconda parte – Bivio per Falcade – Merano

Il cielo è ancora scuro ma perlomeno non piove. Non posso attardarmi ancora anche perchè ho l'ostello prenotato a Merano, che ho provveduto ad allertare di un eventuale ritardo.
Sebbene l'asfalto sia ancora bagnato decido di avventurarmi.
Ringrazio la signora per il caffè e rimontati i miei onerosi bagagli, riparto.

Trento è distante meno di quaranta chilometri: sono le dieci posso arrivare il primo pomeriggio.
La statale non è molto trafficata ma è piuttosto bagnata e questo mi crea apprensione specie lungo le discese. Ma non piove ed anche se mi bagno per gli schizzi della ruota posteriore, procedo con lena su una strada quasi completamente piatta, che scorre a lato dell'autostrada invece trafficata.

L'asfalto è ora asciutto ed anche se vento e nuvolaglie incombono la mia Bottecchia vola.
A pochi chilometri da Trento la statale si allarga consentendo alle auto velocità oltre i 100 e più di una volta vengo richiamato perchè non dovrei trovarmi lì. Mi viene l'ansia di arrivare e togliermi da una situazione di pericolo.
Ecco la zona industriale, dall'altra parte la città. Un paio di giri a vuoto e poi la dritta per la ciclabile
dell'Adige che mi porterà fino a Bolzano. Il cielo è ancora uggioso ma le nuvole sono più alte e appare qualche sprazzo di azzurro. Una bellissima ciclabile attrezzata risale sull'argine il fiume maestoso che comincia a mostrare le sue turbolenze correndo veloce e denso.

Filari infiniti di coltivazioni delle famose mele del trentino costituiscono il muro che quasi senza soluzione di continuità mi accompagnerà per i prossimi quaranta chilometri.
La ciclabile è trafficata di famiglie in bici che trascorrono il pomeriggio estivo percorrendola per brevi tratte. Qualche professionista testa la velocità della propria bici da corsa. Io procedo placido quasi senza sforzo. Sono contento dell'efficienza di questa terra.

Una deviazione improvvisa mi fa perdere l'orientamento: ho l'impressione che sto tornando indietro,
ma non è possibile perchè non sono mai uscito dalla ciclabile; tuttavia sto allontanandomi dal fiume. Attraverso una zona boscosa che non fa vedere molto, forse nasconde una area industriale,
una centrale idroelettrica, forse c'è una diga.
Vado avanti con un po' di apprensione ma ecco che la boscaglia si dirada e improvvisa la ciclabile riprende, ma forse non è più il fiume ma un canale laterale.
Le nuvole si sono finalmente diradate e la giornata è adesso più luminosa.

I cartelli segnano la distanza da Bolzano e sono una consolazione. Ma non si arriva mai.
Quando il traffico delle bici si intensifica capisco che siamo ormai vicini alla meta. Non è vero.
Mancano ancora dieci più cinque chilometri: interminabili.
La ciclabile si restringe in un lunghissimo vialetto, che ora costeggia una strada, immerso tra gli alberi. Una salitina, si attraversa la strada, un sottoponte, un viale: sono a Bolzano.

Tutte le volte che siamo venuti in trentino per sciare non abbiamo mai visitato questo capoluogo.
Ed anche questa volta non lo faccio.
Sono poco più delle cinque e Merano dista solo una ventina di chilometri: se riesco ad arrivare
recupero la giornata persa a Falcade di sotto. Anche se il tempo è ancora incerto, ogni tanto schizzetta, il cielo però si è aperto e tra un po' il sole spaccherà di nuovo.
Mi fermo in un bruttissimo centro commerciale in vetro e cemento, squallido e desolato per recuperare e consumare il mio panino.

Riparto per Merano. La ciclabile costeggia la ferrovia: piatta e dritta, e perciò volo.
Sono arrivato! Oggi ho fatto 112 chilometri e non sono stanco!

Di Merano, anche se solo sfiorato, non avevo un ricordo positivo. Decenni prima, nel favoloso viaggio in autostop con Franco, Roma-Londra, in una locanda in cui chiedevamo ristoro hanno simulato di non conoscere l'italiano e alle nostre richieste rispondevano in tedesco! Brutti crucchi.
Non si sono mai meritati di essere Italiani.

Dalla ciclabile l'ingresso nella cittadina è stato naturale, ed il centro non troppo lontano. L'indicazione dell'ostello mi ha guidato, evitando inutili domande. Traversato il ponticello in ferro sul tumultuoso Pfeiffer, curva a sinistra a costeggiare il torrente per un breve tratto, quindi a destra sul viale alberato e subito l'edificio moderno e ordinato dove ha sede l'ostello.
Una accoglienza degna, la ragazza ricordava la mail del possibile ritardo, efficiente e in dieci minuti
sono in camera, a due letti con balconcino, a farmi la doccia. Sono poco più delle 19.

Il mio commate è un tedescone grosso con cui scambio qualche parola in inglese: è gentile e mi offre di condividere la sua cena: formaggio e salame e vino rosso! Lo ringrazio ma preferisco una cena come si deve e la faccio nella trattoria indicatami. Ottima: spaghetti al pomodoro e spitzer.

Mi concedo perfino un gelato nella passeggiata tra i vialetti dedicati alla principessa Sissy, di cui
c'è una statua, che qui sugli argini del fiume amava trascorrere il suo tempo.
Atmosfera fin de siecle, ordinata, pulita, silenziosa.


21 Agosto 2014 – 3° Seconda parte – Merano Rutten

L'attraversamento della Val Venosta era stata oggetto di una attenta analisi pre partenza.
Le difficoltà altimetriche che avrei dovuto affrontare, la lunghezza del percorso, il superamento del passo Resia e l'incognita dei monti …..., mi avevano consigliato di non avventurarmi in quel tratto.
C'era addirittura una compagnia che trasportava ciclisti con le bici in pullman da Venezia, passando per Bolzano fino a Fussen ed oltre. Tuttavia al di la del costo e delle difficoltà di orario e logistiche, mi dispiaceva rinunciare all'impresa di attraversare in bici i 70 chilometri della Val Venosta ed i suoi caratteristici paesotti alpini.

Ma da Merano c'è un comodissimo e modernissimo trenino – il trenino del Val Venosta – che sosta in ognuno dei sette paesi della valle, per terminare a …...ai piedi del Passo Resia: da lì un comodissimo autobus di linea attrezzato per il trasporto delle bici, porta su fino al valico!
E' fatto apposta per i ciclisti che salgono e scendono a tappe o salgono in bici e tornano in treno:
consigliato da tutti. Non me lo posso far scappare.

Alle 10,30 colazionato e riposato lascio l'ostello e percorro il lungo viale alberato che porta alla stazione, che sembra quella dei giocattoli con il grosso orologio in alto. Arrivo un po trafelato perchè sono in ritardo ed il prossimo treno sarebbe tra un'ora. Acquisto il biglietto e consegno la bici che sarà trasportata con un pulmino alla stazione di destinazione: la mia è il capolinea....... Devo prendere l'acqua, manca qualche minuto e vado alla ricerca di un market che non può mancare intorno alla stazione: in breve rischio di perdere il mio treno. E invece no.

Seduto accanto ai chiacchiericci, in un misto di lingue e di argomenti, di decine e decine di turisti con cartine e commentari, in una carrozza nuova di zecca mi godo il panorama per la verità meno attraente delle aspettative: colline più che montagne. L'andatura del treno è fatta per ammirare il paesaggio.
All'arrivo ritiro concitato la mia bici dal van: il bus è già pronto e gli stralli per le bici sono limitati.
Questi bus hanno infatti a corredo posteriore un intelligente sistema di aggancio verticale delle bici.

L'autista si rende conto della mia neofità e mi da una mano ad agganciare la bici ( ho paura che mi si rovini, ma il sistema è super collaudato), devo però prima smontare i bagagli.
Questa volta il panorama della salita, impervia per quanto la strada sia ampia, è quello che supponevo: la vegetazione piano piano si dirada e rimane il grigio delle rocce dei monti tutt'intorno.
Alcuni ciclisti a gruppi o solitari stanno salendo con fatica, almeno in alcuni tratti.
Attraversiamo........con il caratteristico campanile che spunta dal lago che si è formato per ….....
: il paese come era è sommerso!

Al valico il bus ha il capolinea. L'autista mi allerta sui confini: siamo in Austria ed in Svizzera, e mi ragguaglia, se capisco bene, sulla necessità di pedaggi per percorrere le strade austriache: anche in bici! Mi indica perciò la strada che dovrò fare.
Scendo e sono solo. Un frequentatissimo autogrill lì in cima mi consente di prendere una gustosissima ciambella e succo di frutta: la fatica fatta in treno e bus va recuperata.

C'è una leggerissima salita e poi tutta discesa, aveva detto l'autista, ma io sono già al limite.
Incrocio un ciclista anziano come me che sembra enormemente soddisfatto di essere salito fin li'
e ci salutiamo. Subito dopo, fatto qualche decina di metri... oddio il precipizio!!!
Per sette interminabili chilometri affronto una discesa con 12 tornanti che si perde in una gola paurosa: dall'altro lato della strada ciclisti con rapportini al limite
si arrampicano pedalata dopo pedalata per questa erta credo io al 40%! Quando incrocio i loro sguardi il sorriso è un ghigno deformato dalla fatica. Il mio invece è deformato dalla …..paura.
Stringo fortissimo i freni col pensiero se si dovessero rompere: sono in verticale come su una pista nera da sci. Corpo a valleeeee.....L'ultima curva si lascia a sinistra la casetta di Martina, il confine
svizzero con l'Italia. Ma io sono già in Svizzera.

Su non posso tornare, in Italia neanche l'unica strada che posso percorrere è una statale che corre lungo il fianco della montagna. Mi rendo conto presto che lì non posso stare, le macchine anche se rade sfrecciano e passano anche camion e Tir: devo superare un lungo tunnel che per fortuna è finestrato ma è tutto in curva e non sarei visibile. Per fortuna non passa nessuno.

C'è qualche lunga salita ma con pendenze alla mia portata, qualche discesa; dopo una quindicina di chilometri la strada si raccorda con quella austriaca che scende dal valico di Resia. Questa è chiaramente una superstrada e nonostante la mia spacconata di voler raggiungere.......in bici, una coppia di tedeschi mi fa notare che sarebbe vietato e che la ciclabile è più a monte. Non do retta ma dopo meno un Km sono costretto ad uscire e tornare indietro al paesino.
Mi rassegno a prendere anche qui il bus e alla fermata ritrovo …..i due tedeschi (o austriaci?) di prima. L'autista, un giovane, non ha la stessa pazienza dell'italiano e mi sollecita a montare la bici: è il tedesco ( o austriaco) ad aiutarmi.

Scendo al capolinea con i crucchi e lì aspettiamo un nuovo bus in coincidenza. Persone salgono e scendono come su un bus locale; scendono anche i miei accompagnatori involontari che segnalano
all'autista la mia destinazione e dove farmi scendere per prendere dopo due ore l'autobus che mi porterà finalmente a Rutten, meta della giornata. Mi lascia in mezzo al deserto, se non fossi in mezzo alle montagne, e l'attesa oltre che noiosa è anche apprensiva: passerà l'autobus? Passa e si addentra in circoli ripetuti tra le montagne......bellissime: attraversa alcuni villaggi disegnati e arrivo finalmente a destinazione.

Mi preoccupo subito di trovare l'alloggio. Come solito il discrimine è il prezzo. Trovo una locanda un po' cadente ma con le mura esterne dipinte con le scene di caccia e di prati verdi tipiche.
Non vado troppo per il sottile, la camera è un po' squallida ed il bagno esterno, ma fuori è freddo e brumoso e sono ormai le sei, le strade sono vuote e come dice la canzone di Paolo Conte”....qui c'è un bagno caldo....”.

22 Agosto 2014 – 4° Seconda parte Rutten - Peiting

La colazione è inclusa e devo dire soddisfacente, anche se posso portare via solo un panetto di marmellata. Come solito accettano solo cash quindi giro e rigiro in cerca del Pos.
Pago, ringrazio e saluto. Risalgo la via principale e proprio sullo spiazzo dei bus c'è l'imbocco della ciclabile che mi porterà a Fussen: solo 15 Km.

Queste ciclabili in Germania sono il prototipo di come dovrebbero essere tutte le ciclabile d'Europa.
Ben segnate : qualora includano più itinerari questi sono tutti riportati ed ai bivi e alle biforcazioni
ci sono segnaletiche per guidarti. La segnaletica è importante perchè oltre la destinazione a breve e a lungo, riporta il codice della pista – per l'Augustea il codice è R4 – ed il chilometraggio; è separata dalla strada carrabile, che è vietata alle bici, e quindi è supersicura; l'asfalto è curato e segnato con mezzerie, separando dove incluso il percorso pedonale.
Per i lunghi percorsi, le ciclabili corrono a fianco alle statali, alternando la pista sul lato destro e sul lato sinistro. A volte, come mi è successo, la pista finisce al margine della......campagna!

In realtà l'Augustea – dal Po ad oltre Augsburg e di cui quest'anno ricorre il 2000esimo dalla costruzione, tanto celebrato in Internet – non è proprio ben segnata e per larghi tratti segue la storica
“Romantik rutte”.

La ciclabile di questa mattina segue un piccolo corso d'acqua e si insinua, tra piccoli villaggi e case isolate, in una boscaglia per poi sfociare in una ampia radura verde, vasta a vista d'occhio.
Sulla destra su una altura tra i monti, con mia sorpresa, il castello del principe Ludwijg di Neuchaiten: il castello di Disneyworld che avevamo visitato qualche anno prima. Solo non ricordavo che la cittadina fosse Fussen.

La pista taglia il prato a zigzag ortogonali, è domenica ed oltre a numerose bici e runners, dal cielo scendono paracudisti che centrano con precisione un bersaglio.
La giornata è assolata ma non fa caldo.
Soprattutto il percorso è piatto e procedo piacevolmente. Al termine della radura una svolta a destra
e la strada riprende il bosco ed il ruscello più sotto. Un movimento numeroso di macchine che tutte si dirigono ad un parcheggio desta la mia curiosità ed un ragazzo con due figli mi informa che quello è un posto per vacanze: il ruscello forma una cascata caratteristica, si mangia e si balla, si fa trecking nel bosco. Ideale per bimbi e ragazzi, che sono infatti numerosi.

Mi fermo per scattare qualche foto ma il mio intento è di proseguire.

Arrivo nel primo pomeriggio ad un incrocio plurimo, isolato nella campagna. Nonostante le indicazioni non riesco a trovare la direzione. Faccio un paio di giri e poi desisto. La cittadina che dovrei raggiungere è Pfeitning, e senza il soccorso di una valente ciclista non ne sarei uscito.
La ragazza mi guida fino all'ingresso della cittadina.
Ingordo mi faccio allettare da un segnale che indica la distanza in 5 Km a …......., la famosa cittadella medievale. Perdipiù è tutto in discesa ed in un lampo sono arrivato.
A piedi spingo la bici sulla salita che attraversa il fossato e la porta del castello, ed inizio la ricerca dell'albergo.

Niente da fare.
Anche volendo pagare 80€, sembra proprio che non ci sia posto. Non ho alcun aiuto dall'Ufficio Turistico per solito efficiente. Devo tornare a Pfeitning, ma questa volta il tratto è in salita ed è più tardi e mi sono innervosito. Fortunatamente proprio all'ingresso del paese un ristorante- albergo
che non mi lascio sfuggire. Il proprietario, un ometto di mezza età d'altri tempi rubicondo e cordiale, mi prende in simpatia e mi concede la camera. Si chiama Johan, Giovanni, come me
e su questo abbiamo di che complimentarci. Conosce Roma, parola magica che apre tutte le porte,
e l'Italia ed, anche se io vedo tutti i tedeschi di una certa età con la divisa della Vermacht,
a me dimostra simpatia.

Un ottimo gelato per concludere la serata. I proprietari della gelateria sono dei ragazzi italiani!

23 Agosto 2014 – 5° Seconda Parte – Pfeitning - Augsburg

La mia camera è in una ala un po' dismessa del caseggiato, sopra il ristorante, ma è ampia e luminosa con tutte le cose al proprio posto, e perciò mi consente una buona dormita.

La colazione è nella sala breakfast, che raggiungo dall'esterno: è una sala grande ma non troppo ed arredata in modo accogliente. Ampie finestre fanno entrare la luce di un'altra bella giornata ;
gli altri avventori , per lo più coppie anziane, sono già al loro tavolo. Il mio è già pronto ed una solerte cameriera mora in divisa e crinolina mi chiede l'ordinazione.
Ovviamente la colazione è di stile anglosassone con salsicce e formaggio: c'è un uovo alla coque
nel suo contenitore. Non l'ho mai mangiato così e chiedo lumi su come farlo. Per evitare una figuraccia rinuncio. Peccato. Come solito, data l'abbondanza, faccio provviste per il viaggio.....

Saluto John, pago e preparo la bici, ma prima di lasciare faccio un giro della cittadina e scopro con grande sorpresa e soddisfazione la traccia dell'Augustea con tanto di monumento e targa dedicata:
è il primo segno dopo oltre mille chilometri! Quindi sono sul percorso giusto.
Riesco a fermare una ragazza per immortalare il momento.

La strada per i primi chilometri è tutta in discesa e vado con il sole in faccia.
La ciclabile fiancheggia la statale a sua volta immersa nel bosco.
Supero …...., e dopo poco si apre una ampia radura. La strada corre rettilinea fino al limitare del bosco successivo. Il cielo si è coperto ma non in maniera minacciosa. Raggiungo e vengo superato da gruppi di ciclisti, che non sembrano avere l'aria di vacanzieri: forse usano la bici per spostarsi da un villaggio all'altro. Questi infatti si susseguono distanziati e quasi identici. Silenziosi campagnoli ma ricchi, i campi intorno sono tutti coltivati, si sale per la chiesa di stile ortodosso con il tetto nero a spiovere molto accentuato, nevicherà'? , la facciata a listoni di legno bianco/grigio il portale anch'esso scuro centrale: il solito giardino ben messo e fiorito a contornare. Poi la strada ridiscende.

Non c'è anima viva in giro: ogni tanto qualche trattore enorme.

La bici va col vento. Le indicazioni mi guidano senza bisogno di cartine. Ancora un bosco e l'asfalto lascia il posto allo sterrato che mi crea un po' di apprensione: una striscia tra gli alberi.
Comincio ad incrociare persone e bici. Il sole è di nuovo alto. Il numero di humanbeen si incrementa, ritorna l'asfalto, alcune case, sto fiancheggiando un river importante. Esco su un ponte romanico! Sono a ….... il fiume è il …..
Scatto un paio di foto e consumo uno spuntino. Non mi va di fermarmi a visitare anche perchè
prenderebbe troppo tempo. Riprendo perciò la marcia, ma dopo poco mi fermo perchè non c'è più alcuna indicazione della pista ciclabile, la strada si inoltra in mezzo a caseggiati e villette a schiera. Non c'è anima viva, anche perchè sono le due, e non so a chi chiedere la direzione giusta. Faccio avanti e indietro nella via delle villette e vedo un signore che si è appena affacciato a prendere un oggetto nel suo giardinetto.

Incredibile, ma vero, il signore che è uscito in giardino è lo stesso a cui avevo chiesto notizie a Fussen sull'assembramento!!!! Come sia stato possibile a oltre 50 km di distanza, in una stradina
semiprivata, vuota di esseri umani, che la persona, che avevo già incrociato un giorno prima per caso, fosse la stessa che casualmente uscisse in giardino mentre io disperso passavo cercando lumi, è un fatto che attiene al mistero! Dopo un attimo di reciproco spavento per esserci riconosciuti, increduli alla fortuità del caso, avrà pensato che l'avevo seguito con male intenzioni, mi fornisce le informazioni corrette: dal ponte è sull'argine sinistro che prosegue la ciclabile.

Ancora incredulo, torno indietro e prendo la via giusta con tanto di indicazione per Augsburg: non posso più sbagliare. La pista che si avvicina e si allontana dal fiume, prosegue sterrata nello stesso bosco da cui ero arrivato. Poi ne esce e si trasforma in un lungo rettilineo asfaltato che attraversa paesetti silenziosi. E' primo pomeriggio e la bici va da sola. Ogni tanto incrocio il segnale della “Romantik rutte”. Arrivo ad una rotatoria che immette in una autobhan: c'è una sola via per me ma
è contromano: nessuna indicazione della pista ciclabile.

Dopo aver fato un paio di giri prendo l'unica strada possibile e mi ritrovo su una strada molto ampia
con il cartello di 4 km ad Augsburg! Sono contento per l'ardire e per la buona sorte: mi sarei potuto ritrovare in autostrada! Poco più avanti le rotaie del tram segnalano l'avvicinamento alla città.
La pista costeggia sulla sinistra un folto bosco ma il rettilineo non finisce mai. Non ho l'indirizzo dell'ostello che avevo prenotato ma per strada non c'è nessuno e si sta rannuvolando. Vado verso il centro, supero un paio di rotonde, mi fermo al semaforo. Chiedo per lo “jugendeberge” ma senza successo. A sinistra c'è l'indicazione di un ostello per la gioventù: credo di essere arrivato.
E' al primo piano, sono costretto malvolentieri a lasciare la bici incustodita. Chiedo della prenotazione ma non è il posto giusto né sanno indicarmelo. Chiedo per una camera, ma vedo che la frequentazione è losca....non mi fido, riprendo la carta di identità e torno a prendere la bici.
Piove a dirotto. Sono bloccato. Per fortuna dura poco e per ulteriore maggior fortuna allo stesso incrocio di prima, ma in direzione diversa, leggo il cartello dello Jugendeberge!
E' un attimo e sono sotto la doccia. Una bella camera a quattro letti: sosterò due notti.

Ho perso la carta di identità!!! Ho il passaporto ma questa è una disdetta.
Torno di corsa all'ostello sbagliato ma non è lì. Incolpo tra di me i brutti ceffi che avevo incontrato all'androne e che mi avevano fatto temere per la bici, ma non ci sono più. Risalgo la strada in su e in giu',se mi è caduta il forte vento potrebbe averla sospinta, ma è ancora bagnato e sotto il marciapiede è tutto un rivolo. Mi rassegno anche perchè sta facendo buio.
Ora dovrò fare maggiore attenzione

Sto finendo i soldi e quindi ceno con i panini della colazione. Poi esco e faccio un giro per il quartiere della residua zona anteguerra.


24 Agosto 2014 – 6° Seconda parte – Augsburg

Il programma prevede un giorno di sosta per visitare questa importante città storica.
Augsburg infatti, non solo è uno dei transiti più importanti della Augustea, ma era uno degli avamposti romani della ….....: mi aspetto perciò di trovare importanti testimonianze e vestigia dell'epoca romana.

Purtroppo Augsburg, come tante città tedesche, è stata rasa al suolo letteralmente durante la seconda guerra mondiale. E' stata ricostruita sulle rovine: una parte del Duomo e la
via dei Signorotti si sono parzialmente salvate dalla distruzione e lì intorno hanno cercato di ricreare il centro storico. Le vestigia romane sono perciò racchiuse in un museo e solo una grande statua di Augusto è visibile dall'esterno. Anche il Dom non è visitabile (forse è tardi).

Alle spalle del duomo è intatto il vecchio quartiere ebraico: affacciate ad un canale case strette e lunghe come in Olanda, con le mura imbrunite e il selciato per le vie. Tutto il quartiere sembra essere un centro culturale intorno alla casa natale di Bertold Brecht di cui troneggia una statua in bronzo, anch'essa scurita.

La via principale che conserva caseggiati del '700, oggi adibiti a ristoranti e centri benessere, è una strada ampia con i negozi dello shopping attraversata dalle rotaie del tram. Corre dal duomo ad un convento di …... . Entro nella chiesa enorme e resto stupito. Tutte le pareti e l'abside sono affrescate con figure in tonalità pastello molto accese, contornate da fregi e stucchi dorati e bianchi.
L' altare ha un trionfo enorme dorato con grossi candelabri e sfoggio di marmi ed un grande Cristo
in croce appeso al centro che scende dal soffitto.

Alle spalle un grande organo con tre file di alte canne metalliche suona una musica da chiesa ininterrottamente, creando una atmosfera mistica e suggestiva. E' tutto pulito e pochi sono i turisti.
Tutta la coreografia è ovviamente moderna e potrebbe sfiorare il kitsch, se non fosse per l'aurea cristallina e di nettezza che inspira. Faccio foto a non finire per andare a studiarmela meglio su Internet. L'esterno non ha niente di particolare se non un ampio giardino ghiaiato.
Avevo letto che l'Augustea passava per il bosco che ho costeggiato nell'entrare in città: mi dirigo lì per cercarne le indicazioni. C'è si un cartello ma niente di più, Notevole invece il bosco che si estende per almeno 15 Km in lunghezza, con sentieri sterrati ben delineati in cui corrono runners e bikers. Il bosco è attraversato da un torrente nervosetto e poco più avanti è stato costruito uno stadio
con il percorso agonistico per kajak e canoe: qui si sono svolte le gare olimpiche del.....
Tutto è ordinato e ben tenuto, con le panchine e punti di ristoro e di aggregazione (club).

Percorro il bosco in lungo e in largo e rientro città. Mi concedo una pizza e birra, dopo aver vagato per ore alla ricerca del posto giusto, e per terminare un bel gelato che mi confeziona un ragazzo....italiano. Chissà perchè tutte le gelaterie in germania sono gestite da italiani!

25 Agosto 2014 – 7° Seconda parte – Augsburg – Dachau

Da qualche tempo sto cercando di acquistare una copertura per il trasporto della bici. In Italia è molto costosa, spero non lo sia qui. Mi indicano infatti un centro commerciale appena all'uscita della città in cui c'è un enorme rivendita di bici e accessori. E' fuori itinerario ma mi faccio tentare.
La rivendita è infatti molto grande, c'è tutto, ma i prezzi non sono quelli che cercavo.
Riprendo la mia strada.

Per completare l'Augustea dovrei arrivare a ….....40 Km a nord. Decido invece di dirigermi verso Munchen con sosta a Dachau.

L'uscita dalle città è sempre problematico. L'intrico di autostrade e strade di servizio ai poli industriali delle periferie, con cartelli che indicano la stessa destinazione in tutte le direzioni , sono ogni volta un rebus da risolvere. Per fortuna dopo poco imbocco la statale giusta con la sua ciclabile a lato ed un bel cartello giallo che mi dice che Dackau è appena a 27 Km.

La strada è un susseguirsi di su e giu' ma mai troppo impegnativi. Alterna ampie distese di campagna senza alberi, ai soliti paesotti – ognuno che brandisce il suo alto gonfalone a strisce bianche e azzurre contornato dalle figure scolpite a testimoniare le attività e le abilità locali.
Contrariamente al solito, qui si vede un po' di movimento di gente e di macchine.

Mi colpisce un cartello, scritto in tedesco e perciò a me incomprensibile, che riporta un qualche
riferimento all'acqua: non capisco se sono colonnine antincendio oppure il terminale per il paese le di qualche centrale idroelettrica.

Arrivo all'ostello di Dachau, prenotatomi dalla ragazza di Augsburg, nell'orario di chiusura di metà giornata. Devo aspettare una mezz'ora. Con me aspetta anche un signore sulla cinquantina in vacanza in solitaria in macchina. E' un po' ambiguo; sparso nel portabagagli il suo bagaglio che
raccoglie in una sacca. Scambiamo qualche parola, ma poi la ragazza ci assegna la stessa stanza.

La camera a due letti ampia con i soffici piumini leggeri e caldi. Doccia come si deve.
L'ostello è ultramoderno e ultrapulito. Si articola su due piani con ampie scalinate opposte
C'è una ampia sala breakfast, una sala conferenze, quella per le proiezioni, una biblioteca. Depliant sul campo.
Il turismo della “rimembranza” crea ricchezza, per le stesse persone, e/o i loro figli, che non si erano accorti di niente.
E noi? Ci saremmo accorti? E se pure, avremmo denunciato? Che cosa? A chi? Quanta falsa ipocrisia.

L'ostello sembra vuoto. La pipinara è attesa per i prossimi giorni. Il tizio è andato in lavanderia, ma poi consumiamo insieme la cena. Ha un problema di respirazione e per la notte si deve attaccare ad un tubo per l'ossigeno.


26 Agosto 2014 – 8° Seconda parte – Dachau – Munchen

Il percorso che dalla città approccia il campo è lo stesso che percorrevano i deportati sia in arrivo alla stazione, che al ritorno dal lavoro. Un ampio giardino con diversi vialetti riporta su pale segnaletiche foto e descrizioni dell'odissea di questi poveracci.

Ci si poteva accorgere? Ci si poteva chiedere che fine facevano quelle centinaia di migliaia di persone che arrivavano con il treno?
E se fossimo stati noi? Ce ne saremmo accorti? Avremmo denunciato? Che cosa? A chi?
False ipocrisie.

Il campo dista un paio di chilometri e costeggia le mura di alcune fabbriche.
Il cancello, non l'originale, riporta la frase “ Arbright.........” (il lavoro nobilita) che per quello che
succedeva là dentro era un ignobile insulto a chi di lavoro sopravvive.

Ero già stato a Dachau . La lunga distesa spoglia con le fondamenta delle baracche in legno ben
allineate ed ordinate e giù in fondo i due prototipi, ricostruiti. Percorrere quell'interminabile viale sotto il sole sulla ghiaia grossa , lascia un senso di angoscia e sgomento. Alle spalle il monumento dell'olocausto con nomi di deportati inceneriti. C'è anche il monumento della chiesa cattolica e quello degli zingari.

Sulla sinistra i forni crematori con le stanze per le “docce” da cui usciva il gas.
“Ad Auschwitz c'era la neve e il fumo saliva lento, nel cielo tante persone che ora sono nel vento”

Il museo non è più come lo ricordavo. Sono stati rimossi gli oggetti che appartenevano ai deportati:
le divise a strisce così sinistramente famose, le pile ammassate di valigie di cartone, gli oggetti personali sequestrati, i capelli......
Ora è tutto più asettico più impersonale: ampi pannelli con fotografie, cineforum ad orario, ancora pannelli descrittivi, per stanze e stanze. Ho chiesto ragione, mi hanno risposto per l'igiene e mi hanno assicurato che è tutto correttamente conservato......in anonimi magazzini!
Quando si dice l'efficienza tedesca.
A me il sospetto che forse l'impatto con quei residuati poteva sconvolgere ancora oggi di più le coscienze.

Alle spalle del museo le prigioni! Non le avevo viste prima e sono rimasto impressionato:
celle due per due dove il malcapitato non aveva la possibilità di sdraiarsi e doveva rimanere in piedi! L'orrore non finisce mai e l'abiezione dell'uomo, la miseria e la viltà nemmeno........

Quindici chilometri mi separano da Monaco. La mente al campo, facile il percorso.

In breve sono nella periferia industriale di Monaco con le enormi e modernissime fabbriche della BMW e della Audi una appresso all'altra, nell'orario di uscita con gli operai liberati a frotte.. .

Il cielo si è rannuvolato e cade qualche goccia, mi aspetto di essere arrivato ma il percorso è ancora lungo. La ciclabile si inoltra nel bosco ed incrocia altri percorsi .Non so più dove andare e temo di fracicarmi. Un ciclista mi rassicura, seguire il sentiero. Esco all' Olimpya Stadion: un'altra perla
dell'architettura. Questo l'ho vissuto in prima persona nel 1970, e ci sono tornato varie altre volte.
E' così familiare che mi sento a casa. Ma devo arrivare dall'amica di Ele, la cuoca Valentina.

Le indicazioni sono precise ed in una stradina interna al …..., trovo il bar dove lavora e dove abbiamo l'appuntamento. La ragazza al bancone è molto carina ma non è Valentina. Arriva poco dopo prorompente. Forse mi vede sciupato e mi offre un ottimo strudel fatto con le sue mani!
Il motivo dell'incontro è che le mie carte non sborsano più soldi, ed ho chiesto un prestito di 100€ da ripagare con bonifico. Arriva anche il fidanzato di Valentina – un bel ragazzo con barba che fa l'attore e regista per teatro. Mi sorprende il coraggio di questi due ragazzi di rinnovarsi in una
situazione estranea. Mi danno anche le indicazioni per un ostello a poco, la strada dietro la stazione.

Ringrazio commosso e mi congedo.

L'ostello che mi hanno segnalato lo trovo subito è enorme su cinque o sei piani: c'è un caos indescrievibile di ragazzi e ragazzine che corrono si rincorrono strillano e si chiamano. Il posto per me c'è. Dovro' restare tre notti poiché ho il treno prenotato da Roma – per evitare di non trovare posto.

La camera ha sei letti a castello. Una confusione di zaini valigie scarpe e vestiti a terra e sui letti.
E' mista, quindi dormono anche delle ragazze. Tutti i posti occupati ed igiene......
Per fortuna c'è un ampio balcone ed il mio posto libero è proprio lì accanto.


27-29 Agosto 2014 – 9° Seconda parte – Munchen Roma

La permanenza a Monaco è stata tutt'altro che esaltante.
Girare in bici ha sicuramente agevolato gli spostamenti, ma la decisione di non fare il turista e visitare chiese e musei ha determinato una noia mortale in attesa della partenza.

Ricorderò perciò solo alcuni degli spostamenti di quei giorni.

La stazione ferroviaria. Grande moderna pannellata. Un viavai continuo di gente dalle entrate laterali e da quella principale. Negozi , per lo più per mangiare e di abbigliamento.
Il mio biglietto non poteva essere cambiato (per anticipare la partenza)
All'interno ed all'uscita principale, posta in una piazza trafficata da auto e tram, poveri cristi ubriachi e sporchi si aggirano, alcuni barcollanti, in cerca di espedienti ed avvenimenti: la guardia infagottata nella sua divisa iperaccessoriata vigila impotente.
Non un bel posto dove passare il tempo.

MarienPlatz. Eravamo tutti accalcati al lato della chiesa eccitati in attesa del passaggio della maratona. Sembravamo tutti fratelli, ma evidentemente non lo eravamo : ce lo hanno ricordato gli attentatori. Oggi sono tutti radunati sotto il campanile per assistere, ma soprattutto fotografare, lo spettacolo del ricco “Carillon”.
Nel mio vagabondare, subito sotto, scopro la via condotti di Monaco..... gioiellerie e firme di abbigliamento, per lo più italiane. Mi soffermo a fotografare alcune creazioni orodiamantate: le farò vedere a Fortuna. Un commesso attempato ed elegante si insospettisce, il mio aspetto? , e mi chiede ragione delle foto. La mia versione, amante dell'arte orafa, sembra convincerlo. Non una bellissima figura in quella strada elegante con limousine in sosta in attesa dello shopping di velate, o truccatissime, acquirenti arabe.

Il Market. Uscendo da MarienPlatza si incrocia questa bella piazza che fa mostra di banchi e bancarelle di ortofrutta e spezie e confetture. Numerosi bistrot ristoranti offrono ristoro con wurstel crauti e soprattutto birra. I loro menu' strillati su variopinti cartelloni sono accattivanti.
A sedere sul posto o a portar via. Sono tentato ma la mia penuria mi trattiene. Mi farò una birra.

Ma non di quelle sfuse lì offerte, troverò una Peroni da 66.
Inizia una peregrinazione tra supermarket e negozi alimentari: decine e decine di tipi diversi di birra, analcolica, al limone, sprite, e bibite di ogni genere, ma nessuna birra normale.
Trovo finalmente in un bar una lattina di Heineken da 50, Costa un botto, ma non posso rinunciare.
Non sono soddisfatto. Nel paese della birra non sono stato capace di trovarne!!!

Situazione analoga alla Birreria Augustiner.
In atmosfera da Octoberfest, un vasto giardino pieno di tavolini e panche all'aperto, banconi di legno massiccio all'interno, tavolacci e tavolini, intrico di sale e di avventori , odori diffusi di cavoli e kartoffen, aria fumosa e appiccicaticcia, fraulein in costume alle spine a riempire boccali di bionda e di bruna, camerieri in calzoncini corti con pattina ricamata alla bavarese si aggirano frenetici tra i tavoli pieni di tedesconi e tedescone chiassosi e rubicondi. Spezialitat del giorno segnata, prezzo
incluso, con gesso su lavagnette nere. Sarebbe bellissimo partecipare a quella festa colorata.
La birreria è sulla strada che dall'ostello porta alla stazione e poi al centro. L'ho percorsa avanti e indietro, tutte le sere. Tentato sono entrato ben due volte: la prima volta sono stato letteralmente ignorato e sono rimasto divertito a godermi quell'umanità. Un'altra volta non c'era un predellino libero, ne' fuori ne' dentro, gente prenotata in piedi ad aspettare il proprio turno. Niente birra!!!!

Il bosco di....... E' esteso per qualche decina di ckilometri ed all'interno scorre l'Isaar: anche questo già visto con gli ampi prati verdi alla Blow up, ed i ragazzi appesi al sottoponte a contrastare la corrente dell'impetuoso, in quei tratti, fiume.
Con la bici ho però la possibilità di percorrerlo per esteso ed è quello che faccio. Perdo presto l'orientamento perchè vorrei arrivare alla Casina Cinese, segnata da tutte le parti.
Ci arrivo dopo vari giri: questa parte del parco è molto più mondana e frequentata. La casina è una costruzione in legno molto grande che raccoglie intorno a se caffè, giochi e rent-bike.

Arrivo al Centro Commerciale di …... perchè sto pensando a come impacchettare la bici.
Dovrò comprare un telo ed inserire le ruote smontate in capaci borse di plastica. Rinunciato a comprare il carrier della bici, sono quest'ultime che cerco, ed approfitto della mia tenuta per chiedere e spiegare ad allibite commesse la mia necessità. Il centro ovviamente ospita tutti i brand popolari più famosi e così alla fine, riesco nel mio intento: ho le buste capienti per le ruote!!!!

All'ostello faccio conoscenza con un ragazzo tedesco ma di origini mediorientali. E' a Monaco per cercare lavoro: è molto sicuro di se è laureato ed i suoi interessi sono in ambito finanziario.
“Offre” le sue competenze a banche e agenzie di investimento, e deve attendere ad un paio di colloqui di lavoro. E' cicciotto e simpatico, mi sembra un po' montato.
Seduto al balcone della stanza noto a terra una specie di sigaretta avvoltolata: è di sicuro una “canna” . Non la raccolgo. Sento gli ospiti, ragazzini, del piano di sopra che la stanno cercando
freneticamente. La faccio notare al mio coinquilino che si china subito a raccorgliela, guardandosi bene dal restituirla a quelli di sopra. E' per se!! Disapprovo per la canna e per l'appropriazione.

Oggi vorrei fare un giro per il parco dell'Olimpia Stadion. Già da subito è stato un punto di aggregazione per turisti e tedeschi: ricordo gli spettacoli serali nell'anfiteatro nei giorni precedenti
l'inizio dei giochi. Ma anche, in occasioni successive, la massa enorme di tifosi del Bayern per una partita di campionato, oppure i picnic consumati sulle panche apposite. C'è un lago con anatre e cigni, lievi colline e chilometri di piste percorsi ad ogni ora del giorno da runners e ciclisti o semplici passeggiatori. C'è anche il museo …...
Le mamme e le tate ci portano i bambini a giocare.
Ci sono le panchine. Come un vecchietto imbarbonito ho preso dalla sacca il panino che mi ero fatto a colazione e la birretta bella fresca che mi ero presa al centro commerciale.Forse mi sono pure un po' appisolato......Non una conclusione degna.
E' arrivato alla fine il giorno, anzi la sera della partenza.
Mi sono avviato per tempo con tutto il mio carico per il binario: il treno originava da Monaco e quindi hanno aperto con oltre mezz'ora di anticipo. Ho avuto perciò tutto il tempo di smontare le ruote delle mia Bottecchia, e metterle nelle buste, ho girato il manubrio, non i pedali che creavano ingombro, e ho tutto avvolto nel telo chiudendo con il cordino verde. Non un gran lavoro ma la assistente di carrozza è stata così gentile da mettere la bici in uno scompartimento chiuso.
Ho potuto viaggiare, e dormire, tranquillo fino a Roma! All'arrivo c'era Fabrizio ad aspettarmi.









           

mercoledì 27 settembre 2017

L'Augustea - 17° - 17 Agosto 2014, Domenica - Pai di sotto - Verona

17°   Pai di Sotto - Verona.

L'albergo si è praticamente svuotato dopo la colazione: un fuggi fuggi generale che ci ha lasciati ultimi ,
con i nostri tempi. Non c'è più una nuvola in cielo: l'azzurro colora perfino le montagne all'orizzonte sull'altra sponda, dove la nebbia è sparita.
Lasciare questo bel posto in una così bella giornata è proprio un peccato! ma non rimarremo delusi.

Riattrezzate le bici, che per tre giorni non abbiamo toccato, riprendiamo la marcia.
Pedalare con quel panorama e senza l'ansia di dover arrivare in tempo è proprio piacevole, non c'è molto traffico e procediamo di buona  lena. Superato Garda evitiamo la ciclabile invasa di bagnanti e restiamo sulla provinciale, peraltro percorsa da altri ciclisti della "domenica"!
La nostra meta di oggi è Verona che possiamo raggiungere salendo da Garda, ma passando per Lazise
avremo meno asperità.: non abbiamo fretta, la giornata è bella e decidiamo di non soffrire troppo.
Tuttavia l'uscita da Lazise prevede una lunga salita inaspettata, anche se non molto dura.

Fra si sente in grande forma, il sole è per lei la migliore terapia, e pedala con energia, io arranco dietro.
Incrociamo numerosi ciclisti, superiamo una rotonda che porta alla superstrada ed in discesa arriviamo a Bussolengo. L'indicazione per Verona è facile, prenotiamo l'ostello, ed ingaggiamo una gara di corsa con il vento in poppa. intonando canzoni. Fra vola.
E' tutta pianura ed in un attimo siamo alla periferia: strade larghe intervallate da semafori, superiamo e siamo superati da un'altra coppia, percorriamo una lunga circonvallazione alberata, le strade sono deserte.
Arriviamo ad un ponte sull'Adige e non troppo lontano individuiamo il castello dove dovrebbe essere il nostro ostello: Villa Francesca. E' come solito situato in cma ad una salita che percorriamo a piedi.

Alla reception un gentilissimo ragazzo di colore, che consentirà a Fra di usare i bagni per una doccia,
e dopo esserci ristorati, lasciamo le bici alla scoperta della città.
Anni prima, con i bambini piccoli, eravamo passati per Verona ma avevamo visto solo l'Arena ed il balcone di Giulietta:  è invece una città che mi ha sorpreso!.

Oggi è domenica. Attraversiamo l'Adige, che da solo vale la visita, sul ponte della Pietra di epoca romana
che introduce alla città vecchia. Sullo sfondo il colle di San Pietro con il teatro romano e l'acropoli contornati da cipressi: tutta l'area è zona archeologica.
La città è piena di turisti l'aria è festosa, noi pure. Ci aggiriamo con il naso all'insù per le vie che dopo un pò sfociano nella grandiosa Piazza dei Signori. I palazzi rinascimentali del Comune, del Governo e del Capitano
testimoniano la grandezza degli Scaligeri.

In una strada laterale ci imbattiamo nell'urna funeraria detta le Arche Scaligere in stile gotico che raccoglie e celebra le spoglie dei suoi Campioni, tra gli altri il famoso CanGrande della Scala.
Continuando nella passeggiata l'agitazione e l'affollamento davanti ad un portoncino non lasciano dubbi:
è la casa di Giulietta. Entriamo. Fra, sotto il balcone,sembra ricordare qualcosa della visita precedente, e non manca di farsi fotografare, con grande difficoltà, davanti alla statua della Capuleti..
Aumentano vetrine commerciali e passanti, ed entriamo in Piazza delle Erbe, l'antico foro romano, oggi
mercato ortofrutticolo elegante. Dei romani hanno mantenuto oltre alla struttura rettangolare della piazza, anche il culto delle fontane, a cui non manchiamo di ristorarci.

Stasera Francy torna a Roma con il treno. Dobbiamo impacchettare la bici: "compriamo" due beste per le ruote e torniamo in ostello per prepararci.Fra monta la bici e riesce perfino a docciarsi , ed in bici risalendo l'Adige torniamo verso l'Arena, l'anfiteatro simbolo della città, sede di tante manifestazioni canore, classiche e leggere. Sono sorpreso dalla eleganza e pulizia della città che ne fanno anche , per le numerose opere storiche ed artistiche, una delle più belle visitate finora.
P.za Bra è un salotto con bar pasticcerie  e ristoranti affollati, così come il giardino all'esterno dell'Arena pieno di famiglie con bambini che giocano, corrono, mangiano il gelato.....Sembra un'altra epoca.

Leghiamo le bici, con un po' di apprensione per la presenza di extracomunitari che vendono e lanciano in aria girandole luminose, ma riusciamo a passeggiare, ma poi anche se la stazione non è lontana ci avviciniamo
Sul binario, smontiamo e impacchettiamo la bici di Fra, facendo attenzione ai soliti perditempo, magari
malintenzionati.Il treno arriva puntuale e con calma saliamo il nostro ingombrante bagaglio.
Fra va' . Ciao! E' stata una bella avventura.
Torno, non senza difficoltà perchè perdo continuamente la strada, e riesco ad arrivare in ostello poco prima di mezzanotte, poco prima di rimanere fuori.    






domenica 24 settembre 2017

Soggiorno sul Garda - L'Augustea - 14/15/16 Agosto 2014

Pai di Sotto - L'arrivo

 L'Hotel Giannini è una palazzina anni '50, alta sul lago, dotato di un bel giardino con brecciolino, sdraie sul prato verde e, nel mattonato che contorna la facciata dell'edificio, sono disposti sedie e tavolini bianchi in ferro battuto.

Siamo accolti da un signore mite che sembra aspettasse solo noi: l'albergo in effetti sembra vuoto.
Meglio così. Espongo la mia contrarietà per il vento ma il nostro oste ci informa che è notorio che, dopo la cittadina di Garda, il libeccio che viene dai monti è costante sul lago. E' questo che consente la navigazione a vela e la pratica del windsurf che le tante scuole promuovono. Fra sembra essere molto informata e soprattutto interessata. Per fortuna, ci dice, ha smesso di piovere cosa che ha fatto
nei tre giorni precedenti.
La camera è ampia, bagno in corridoio, con un bel balconcino con vista sul lago ed i monti, ma
purtroppo non possiamo stare fuori per via del troppo vento freddo.

Dopo il rifocillo vado in esplorazione sul lago: dal prato dell'hotel si arriva ad un sottopasso e sono sulla riva: alcuni temerari in costume sfidano il freddo e sembra incredibile che pochi chilometri prima sembrava di essere a Rimini. Ma si sa il Garda inizia a Torri del Benaco....!!!
C'è una navetta per raggiungere la cittadina e ne approfittiamo subito.

Bardata a festa per il ferragosto il paesino è carino, tipico della zona, con stradine strette e gli immancabili innummerabili negozietti di chincaglierie e souvenir pizzerie e ristoranti.
Per l'appunto troppi! Dopo aver girato fin quasi allo sfinimento, e all'orario di chiusura, come nostra abitudine, e per colpa esclusivamente mia, troviamo la trattoria adatta a noi, alla nostra tasca ed al nostro comodo....troppo umido quello scelto prima, da cui ci siamo alzati.
Da Carlo, è il nome del posto, meridionale - come il cameriere - ma noi scegliamo il piatto tipico - la trota - mediocre.
Torniamo alla navetta che, caricati altri clienti, ci porta in albergo per la nanna.

- Pai di Sotto - Oggi è Ferragosto!

L'albergo contrariamente a quel che sembrava è strapieno.
Coppie e famiglie occupano tutti i tavoli per la colazione, dentro e fuori.
La mattina è fresca e soleggiata. La colazione ottima. Il nostro oste è coadiuvato dalla moglie che ha preparato delle torte squisite, una signora dolce e brava che la sera prima ci aveva messo la lavatrice a disposizione. Il giardino è accogliente, la vista dal balcone una favola. Decidiamo di andare a vedere
Pai di Sopra, e con un piccolo sforzo ulteriore salire sul monte che ci sovrasta.

La salita è ripida, siamo a piedi, ma riusciamo a farla senza fatica.
Arriviamo alla piazza principale, forse l'unica, dove due bar/ristorante uno di faccia all'altro stanno preparando le loro leccornie per gli ospiti del ferragosto.
Più in alto c'è una chiesetta, un grande poster del Cristo, a cui si accede passando sotto un arco.
E' chiusa. C'è un belvedere con un panorama bellisimo. Il vento è padrone. Scattiamo alcune foto che
come solito alla miss non vanno bene.
Proviamo a salire per il sentiero che va al monte. Ad ogni curva la pendenza aumenta ed il fiatone pure. Invece di addentrarsi nel bosco, come pensavamo, lungo la strada si affacciano ville e villette.

Da una di queste ville esce una folta masnada di ragazzi e ragazze in mountain bike che vogliono precipitarsi per la discesa! pericolosissimo, ma Fra vorrebbe subito aggregarsi.
Decidiamo di tornare indietro e prendiamo una scorciatoia a lato di uno dei ristoranti, ancora più ripida che in un attimo ci riporta a bordo lago e ci risparmia da una fracicata clamorosa perchè improvvisamente goccioloni grossi si abbattono nella zona costringendoci a ripararci in un parcheggio. E' ora di pranzo e stiamo per infilarci in una accogliente trattoria proprio di fronte a noi, ma pian piano spiove e per caso siamo proprio alla curva dove ferma la navetta per Benaco, che passa in quel momento! Saliamo.

Arriviamo in pieno sole, tra frotte di turisti e decidiamo di approfittare del bancone degli organizzatori
la festa per prenderci due belle fette di strudel con bicchier di vino incluso: 5€ .Altro che trattoria!
Seguiamo per qualche tempo i bambini della scuola di surf che si stanno preparando, poi decidiamo di fare una passeggiata verso Garda, poco distante.
Non possiamo seguire la riva del lago perchè in quel punto le rocce e la scarpata ci si buttano dentro.
Impieghiamo un bel po' per arrivare al culmine della salita, risalendo una isteria di automobili in fila,
Da sopra si vedono spiagge e spiaggette ricoperte di verde ed insenature degne della migliore costiera Amalfitana, gente al bagno e ombrelloni.

C'è un passaggio, forse privato nel Parco Baia delle Sirene, e decidiamo di scendere - a piedi si può. Fra- vincendo i suoi timorati pudori - si immerge nelle acque freddine del lago, una cosa che avrebbe voluto fare da un bel pò: è come solito bellissima e bello è il pomeriggio.
Si riveste e risaliamo, ma prima di lasciare quel bel posto, facciamo un salto alla Punta San Vigilio........ dove solo i ricchi possono stare: porsche e mercedes parcheggiate lì intorno, motoscafi attraccati in banchina. E' l'ora dell'aperitivo e si pasteggia a champagne. Che ci vuoi fare, a noi è sempre piaciuto il lusso......degli altri!
L' hotel si chiama "Locanda San Vigilio" ma è una locanda a 12 stelle !! d'altra parte il panorama ed il posto sono da favola.

Torniamo contenti verso Benaco, in discesa. Le auto sono sempre lì in fila per entrare a Garda.
Il nostro paesino è isola pedonale, animato per le orchestre ed i complessi che si esibiscono.
Scegliamo il nostro ristorante, questa volta sul lungolago, ma pur spendendo poco non mangiamo un granchè. La gente canta e balla: canta Bobby Solo, che tenerezza.
Sta intonando "Love me Tender" alla moda del mitico Elvis, ma fa quasi ridere. Si riprende con la sua "Lacrima sul viso" .
Torniamo alla piazzetta dove ci aspetta il nostro amico con la navetta già piena.E' passata mezzanotte

- Torbole   -  Windsurf!

Oggi è il 16 Agosto e come suggerito dal nostro oste e convenuto , prendiamo l'autobus che ci porterà a Riva del Garda e soprattutto a Torbole, patria del windsurf gardesano, meta agognata da Fra fin  dall'inizio.
Il Tempo è incerto ma non frena il nostro desiderio di stare all'aria aperta.
Lungo tutto il tragitto bagnanti, ciclisti surfisti e velisti condividono il nostro stesso desiderio ed è un continuo susseguirsi a movimentare e colorare lo sfondo del lago e dei monti, già superbo di per se.

Il bus procede a rilento specie n prossimità dei centri più grandi, in cui si formano code lunghe più di un chilometro, d'altra parte il periodo lo richiede. Finalmente Torbole! alla periferia di Riva
E' qui che ci sono le scuole di surf più prestigiose ed il desiderio segreto della miss è di farne parte.
Il lago è punteggiato di decine e decine di vele e surf dai molteplici colori, è increspato per un vento di libeccio non proprio debole, ma soprattutto è illuminato da un sole che per l'ennesima volta ha avuto la meglio sulle nuvolaglie.

Una puntata al Carrefour per il meritato ristoro che consumiamo, come molti altri, sui sassi del bordolago.
Prima però una visita alle scuole di surf, i cui nomi sono noti a Fra, a cui si propone invano per la stagione ( avrebbe dovuto conoscere il tedesco.) Ci soffermiamo a scattare foto al "parcheggio" delle vele:
immagini suggestive delle rastrelliere su cui sono posate in ordine e per classi vele e surf coloratissimi.
In un vasto capannone, che deve servire anche da officina, attrezzatura di livello professionale.

Fra non resiste alla tentazione di bagnarsi, e questo lo sapevo; ma l'acqua deve essere molto fredda perchè
tutti i surfisti hanno la muta e i pochi bagnanti temerari riescono dopo un minuto.Si prepara con il suo costume azzurro ma l'acqua deve essere proprio fredda se perfino lei dovrà impiegare più di dieci minuti con l'acqua a metà coscia per acclimatarsi ed immergersi. Una rapida sbracciata ed altrettanto rapidamente esce.
L'adrenalina raccolta nell'acqua fredda la sprigiona attraverso la pelle, i cui pori si sono chiusi a difesa, ora rabbrividita ed increspata ma manifesta tutta la sua gioia per la sensazione di benessere che quel bagno le ha trasmesso: una frustata di energia.
Inascoltato ammonitore, non posso fare a meno di inorgoglirmi per la bellezza di questa figlia: l'azzurro gli dona proprio, e tutti la guardano, non solo per l'impresa ! Che bella ragazza.

Fortunatamente si asciuga e si riveste in fretta consentendo al sangue di riaprire le arterie e riprendere la sua corsa rianimando tutti gli organi per qualche momento traumatizzati.
E' ancora primo pomeriggio ma il costone di montagna che sovrasta Riva e la separa da Torbole impedisce al sole di resistere a lungo, e piano piano le ombre si allungano sulla spiaggia ed anche la temperatura è meno piacevole. La gente comincia a raccogliere le proprie cose ed anche noi decidiamo per una passeggiata verso Riva.

Inutilmente cerco di ricordare a Fra che su quelle rive era già stata in una precedente vacanza da bambina.
Non ricorda. Ci fermiamo in un giardino per consumare il nostro snack.
Passiamo sotto l'arco che introduce alla zona storica di Riva, ma senza addentrarci troppo.
Chiediamo ad un negozio di bici il costo della borsa da trasporto, troppo cara.
Ci avviamo verso la fermata del bus: l'ultimo della sera!, che aspettiamo con una certa trepidazione.
Quando scendiamo davanti l'hotel è ormai buio.La serata la passiamo lì : domani si riprendono le bici!!!

 
      








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mercoledì 20 settembre 2017

L'Augustea - 15/16 - 13 & 14 Agosto 2014 - Ostiglia - Roverbella - Pai di Sotto (Torri del Benaco)

13 Agosto 2014 - Osiglia - Roverbella

La colazione la mattina è al bar, frugale ed ordinaria, rallegrata dal buonumore e dalla parlata chiassosa della signora. Siamo un pò rammaricati per non aver incontrato alcun segno della
Via Augusta che partiva da questi luoghi, ma la signora ci rassicura che nel mezzo della piazza di Cornelio avrei potuto ammirare le vestigia della città antica e che il percorso in duemila anni si è modificato: ad esempio l'albergo stesso è costruito su un area che prima della guerra era paludosa e ci passava un canale; inoltre i bombardamenti della seconda guerra mondiale ed il recente terremoto, e quelli precedenti, hanno stravolto la topografia del territorio.

Non abbiamo tempo per visitare il museo Archeologico che sicuramente ci avrebbe dato ulteriori informazioni: sono già le undici ed abbiamo fretta di partire prima che il tempo cambi.
Si prosegue sulla riva sinistra del Po da qui in poi e proprio all'imbocco della ciclabile ecco per la prima volta la targa della Via:un segnale che ritroverò in molti altri tratti del cammino e che mi sarà da guida.

Il cielo piano piano si sta ingrigendo e rende l'atmosfera malinconica: la maestosità del Fiume, il suo andare apparentemente lento, denso, gli scorci e la fauna che lo rincorre, danno l'impressione rassicurante di un vecchio saggio.
Pioviggina ma non disturba. La ciclabile è frequentata e ben messa. Lasciamo la riva all'altezza di una chiusa e per qualche decina di metri aggiriamo il Mincio: lo scavalliamo traversando due ponti in ferro. Tevere, Reno, Po Mincio.....una lezione sui fiumi d'Italia!

Improvvisamente ci troviamo in una distesa desolata, in un tratto sterrato, con il cielo ora plumbeo.
Stiamo seguendo le indicazioni per Mantova che però non sono molto chiare. Io proseguo dritto verso la campagna...sbagliando. Chissà dove mi sarei ritrovato senza Fra che ogni volta mi riporta sulla
retta via. Perciò giriamo a sinistra, il sentiero taglia la campagna.....siamo immersi nell'acqua:
canali, canaletti, erba bagnata, cielo gonfio. Ci ritroviamo in una cittadina con basse case rosse e viali alberati, forse Governolo, in fondo al canale più largo una residenza maestosa.  

Chiediamo conferme ad una gazzella dei carabinieri. All'uscita dalla cittadina a destra riprende la ciclabile ed entriamo in un bosco, il parco del Mincio, con postazioni per il birdwatching.
Questa zona farebbe felice un idrografo con chiuse e canali che si susseguona lungo il fiume.
Superiamo una numerosa famiglia francese in bici, ed usciamo alla periferia di un altro paesino: nel parco giochi c'è una fontana che fa al caso nostro.
Le indicazioni anche qui sono dubbie ma imparerò che dritto significa a destra! Almeno qui.

Riprende a piovigginare proprio all'ingresso della periferia di Mantova: le indicazioni ci fanno fare un giro vizioso, allungando dentro e attorno alle case, forse per evitare la provinciale più pericolosa.
Al passaggio a livello comincia un acquazzone di quelli buoni: tutta l'acqua trattenuta si sta rovesciando ora: non resta che ripararci sotto una pensilina del bus. Sulla destra la paletta che indica la direzione per Palazzo Te', uno dei vanti di Mantova
Bloccati per oltre mezz'ora decidiamo di andare, schizzati dagli schizzi che alziamo passando sulle numerose pozzanghere....arriviamo ad  una piazza porticata, dove ripararci, ma ormai non piove più.

Turisti e viandanti affollano intruppati i portici ed i negozi lì sotto. Leghiamo le bici per andare a vedere il castello dei Gonzaga.
Rispetto al castello di Ferrara questo è rinascimentale ed è tutto raccolto in una grande piazza.
Mantova ha la forma di un grande quadrato circondata dal Mincio che qui si allarga per formare
tre grandi laghi :il Superiore, Medio, Inferiore. La zona storica si trova all'angolo superiore del quadrato.
Mantova è la città di Virgilio, del Mantegna, di Matilde di Canossa, ma soprattutto dei Gonzaga: la piazza della residenza dei duchi, piazza Sordello  piu' che un castello raggruppa una serie di edifici storici, costruiti in epoche diverse, il Palazzo del CAPITANO, il Palazzo Ducale che conserva al suo interno, oltre agli altri, uno dei capolavori del Mantegna - nativo di qui, "La Stanza Degli Sposi" commissionata da Ludovico Gonzaga.

Sarebbe opportuno spendere dei soldini per visitare il palazzo ed i meravigliosi affreschi e le sculture di autori fondamentali per la storia dell'arte, ma il tempo ridotto e la nostra ritrosia legata al budget,
ci devono far contentare di ammirare l'esterno e dare una sbirciatina ai giardini.
Nell'androne della toilette su un maxischermo scorrono foto e descrizione delle bellezze interne ed esterne del  palazzo ducale e degli altri edifici di piazza Sordello ma l'acustica è pessima e desistiamo.
Fuori intanto è tornato il sole e la passeggiata è più piacevole. Anche il palazzo del Capitano è a pagamento, ci rifuggiamo nel Duomo, niente di particolare tranne il corpo intatto del Santo Biagio
patrono della città; il palazzo Vescovile è adiacente al Duomo e di fronte al palazzo Ducale.

Poco prima, intrufolandoci in un cortiletto scopriamo la statua del Rigoletto. La vicenda della famosa
opera verdiana, anche se di fantasia, si svolge a Mantova ed il duca protagonista è proprio il duca di Mantova. E allora giù con le foto.
Lasciamo P.za Sordello e riattraversiamo l'arco del palazzo medievale, e siamo di nuovo sotto i portici che portano a P.za delle Erbe, un'altra zona importante con il palazzo della Ragione.

Sono quasi le sei del pomeriggio, facciamo la spesa e ci avviamo verso il B&B prenotato che si trova
ad una 15Km. L'uscita è attraversando il lago superiore, ma sbaglio e per un po' giriamo a vuoto.
Ci affidiamo a due signore, madre e figlia calabre! , ma al primo bivio ci sembra di tornare indietro.
Dopo un pò incrociamo un runner che si sta infilando in un parco: ci dice di seguirlo per la gioia di Fra. All'uscita siamo sulla strada giusta per Roverbella.
Superiamo Goito, reminiscenze risorgimentali del famoso sistema di difesa austriaco che costituiva il quadrilatero di fortezze con Mantova e Peschiera e Legnago e Verona, dove cominciammo a suonargliele, e dopo un lungo rettilineo arriviamo all'albergo.

La signora ci aspetta all'ingresso perche'.....la struttura è chiusa, ma le camere sopra il ristorante no.
Siamo praticamente gli unici ospiti ed approfittiamo della disponibilità di vettovaglie per cenare come si deve.
Usciamo il dopocena per il solito gelato. Non c'è molta vita, anzi in giro alle nove d'estate non si vede un' anima. Risolviamo dopo una lunga camminata con un bar in chiusura: ottimo.


14 Agosto 2014 .  Roverbella -Pai di sotto.

Il cielo è gonfio. Le signore che ci preparano la colazione non ci rassicurano: pioverà.
Ma in fondo al viale nella nostra direzione il cielo sembra aprirsi, e decidiamo di partire.
Dopo un paio di chilometri in cui ci si rallegrava per la buona sorte, il cielo davanti e a lato è sgombro di nuvole ma non sopra di noi e  all'improvviso goccioloni pesanti ci investono in mezzo
alla campagna e non possiamo fare niente per evitare la peggiore fracicata mai presa!

Fortunatamente ad una curva ci siamo potuti riparare dentro un cascinale accolti dalla sorpresa di  una signora che stava spazzando all'interno di un capannone.L'aia era piuttosto ampia e noi e le bici abbiamo trovato riparo in un capanno delle ....uova, cercando di asciugarci in qualche modo, in attesa che spiovesse. L'acquazzone è durato una decina di minuti e sgocciolando la pioggia cessò del tutto.
Dopo aver scambiato con la signora commenti sulle colture locali ed i danni che questi scrosci recano, ci siamo rimessi in viaggio.

La strada proseguiva asfaltata fino ad una nuova chiusa sul Mincio, fiume storico, poi improvvisamente ancora campagna. Siamo entrati in un paesino rurale con case basse rosse e strade vuote. Forse Borgetto di Valeggio
L'ambientazione ricordava il film Novecento dei fratelli Taviani con i canali ed i filari di lecci.

Ci siamo ritrovati all'uscita del paese lungo una superstrada, una circonvallazione, con una lunghissima salita che, seppure la pendenza non fosse troppo dura, ci ha sfiancato.
Il tempo s'è messo al bello asciugando quella sensazione di umidità che ci si era appiccicata addosso.
Dopo la salita una bella e lunga discesa verso Peschiera tra le case che man mano che ci avvicinavamo al lago di Garda si facevano sempre più ricche e piene di vegetazione.

L'ingresso e l'uscita da Peschiera è stata traumatica. Ci siamo infatti trovati ad attraversare una ampia rotonda con strade che si dipanavano per ogni dove, Bergamo, Brescia Milano , e salivano verso l'autostrada. Dopo aver percorso due volte la rotonda abbiamo preso l'unica via che non sbucava in autostrada .
La nostra direzione era Lazise, confermata da un ristoratore in un grande spiazzo per Tir, un'altra piccola salita, una rotonda una discesa e finalmente il lungolago, dove la ciclabile si snoda proprio
sulla riva. Ma siamo in prossimità del Ferragosto e la riva è gremita come fossimo su una spiaggia
del Tirreno....

Ombrelloni, sdraio, palloni e tamburelli creano, complice la splendida giornata che è uscita, una atmosfera di allegria, che però ci rallenta non poco, anche perchè siamo costretti ad entrare ed uscire
sulla statale che corre parallela e su cui incrociamo gruppi di ciclisti in tute sgargianti.
l'aria è tiepida e c'è il sole. Superato Garda, dopo una breve salita ed una curva, siamo investiti da un vento contrario e costante. L'acqua del lago, prima piatta, qui si increspa con onde ampie e lunghe.
Il panorama è grandioso: in fondo alla valle le nubi scure e minacciose si confondono con i rilievi dei monti che contornano il lago lungo tutto il suo perimetro, bruni sulla sponda opposta, confusi tra nebbia e foschie. Dal nostro lato il sole ci accompagna caldo così come il vento, fastidioso.

Arriviamo a Torri del Benaco, località prossima alla nostra meta, e ci fermiamo per un giro.
Nel giardino del Castello Sforzesco tavolate e baracchini approntati per la festa di metà agosto.
Fra è attirata dal porticciolo dove alcuni surfisti provano le loro abilità.
Riprendiamo la pedalata ostacolati dal vento e dalla salita ma alla fine arriviamo all'albergo prenotato da tempo: Hotel Giannini dove ci ristoreremo per tre giorni.

sabato 9 settembre 2017

L'Augustea - 12/13/14/ - 10/11/12 Agosto 2014 -- Ravenna Argenta Ferrara Ostiglia

12) 10 Agosto  --  Ravenna Argenta

Ci siamo lasciati questa mattinata per vedere i famosi mosaici bizantini e gotici. E' la terza volta che vengo e mi sembra ora.
Ravenna è stata la capitale dell'Impero Romano d'Occidente, con Onorio e la sorella Galla Placidia , madre reggente dell'imperatore bambino Costanzo, e poi sotto la dominazione di Teodorico re dei goti.
A queste vicende storiche è dovuto il ricco patrimonio artistico culturale di Ravenna.

La colazione in ostello è appena sufficiente, senza niente di particolare, ma perlomeno i panini riusciamo a farli - e Fra me li affida da portare fuori ...fischiettando!.Rinunciamo alla lavanderia, che avremmo dovuto e potuto fare: troppo tempo, troppo complicato, troppi soldi! Lasciamo i bagagli e andiamo liberi con le bici.
Prima tappa a comprare i biglietti con solita polemica sull'organizzazione - i biglietti non si acquistano in situ ma la vendita è centralizzata all'ufficio del turismo - 9,50 euro a testa per la visita di cinque siti.

Il primo è la Basilica di San Vitale, fatta costruire da Giustiniano nel 550 dopo aver sconfitto gli ostrogoti e recuperato al culto cattolico la città, La cosa notevole di questi mosaici è il loro effetto d'insieme di ricchezza e prestigio realizzato dagli autori, non solo dal punto di vista artistico ma anche e soprattutto tecnico, con la scelta dei colori delle tessere e la loro disposizione. Le raffigurazioni non servivano solo ad omaggiare e narrare le prodezze del potente di turno, ma erano dei veri e propri racconti divulgativi per il popolo e monito per i nemici. Da qui la magnificenza degli ori e dei lapislazzuli - questi ultimi rari e pregiati -
In un lato della basilica un pannello mostra le minuscole tessere ed illustra come erano lavorate a formare le straordinarie raffigurazioni.Sebbene avessi già visto i mosaici della Basilica di Monreale a Palermo, lo spettacolo ogni volta lascia senza parole.
La Basilica a pianta ottagonale è un esempio illustre dell'arte orientale bizantina:le figure sono poste quasi esclusivamente nell'abside centrale intorno ed a fianco della figura del Cristo Pantocratore:, Giustiniano e Teodora, il vescovo Massimiano - uno dei due generali che avevano sconfitto i goti - titolare della basilica, ed ai lati scene del vangelo, e dignitari che omaggiano l'imperatore.

Le altre volte della basilica riportano anch'esse raffigurazioni a mosaico, ma meno significative e brillanti, mentre mi interrogo sul perchè i mosaici a pavimento non sono protetti da intemperie e calpestio.
Un po' spoglia ma degna introduzione a quello che è talmente spettacolare da lasciare senza fiato: il Mausoleo di Galla Placidia, fatto erigere dall'imperatrice per se per il figlio Costanzo e per il fratello Onorio.
Mori' a Roma e non è mai stata tumulata. li, anche se i sarcofagi sono tre.
L'ingresso è fortunatamente contingentato: l'ambiente ristretto, la luminosità delle figure rappresentate esaltate dall'oro delle tessere, ma soprattutto il blu del cielo stellato della bassa volta trasmettono un senso di estrema intimità e raccoglimento, di serenità e suggestione, un luogo dove sarebbe piacevole trascorrere il tempo dopo la vita!  Giotto, nella riproduzione del presepio nella Cappella degli Scrovegni, non può che essersi
ispirato alla magnificenza di questi antichi e anonimi artisti, e dopo di lui tutti quelli che hanno voluto nel medioevo rappresentare la spiritualità del cielo stellato.( Padova non dista molto da Ravenna).

Tra le figure rappresentate quella celeberrima del Buon Pastore. L'affluenza è minima e così abbiamo qualche minuto in più per godere di quella bellezza. All'uscita la luce del sole del primo pomeriggio è abbagliante.
Siamo molto contenti, io di certo, e  ci dirigiamo verso l'Arcivescovado dove ci attendono altre sorprese.

Visitiamo per prima la cappella vescovile di Sant'Andrea: anche qui mosaici e cielo stellato : in fronte il Cristo guerriero che schiaccia  gli animali che rappresentano l'eresia ariana; ai lati i quattro Arcangeli ,Michele Gabriele Uriele e Raffaele, ed i quattro evangelisti a riaffermare che l'unica vera fede è quella cristiana.
Gli ostrogoti erano ariani e Teodorico aveva fatto costruire edifici ariani (la basilica, il battistero), anche se
durante la dominazione gotica i vescovi delle due fedi coesistevano  
Una  cosa notevole è  una iscrizione in latino:
Aut Lux hic nata est, aut capta hic libera regnat! (o la luce è nata qui oppure, catturata, qui libera regna!) a sottolineare la magnificenza e la luminosità dei mosaici.
La Cappella di Sant' Andrea è tutto quello che resta del Palazzo Vescovile che, come ci racconta un custode, durante lavori di restauro nel settecento per errori di calcolo, è sprofondato e gli ambienti antichi,
risalenti cioè al V e VI  secolo si trovano attualmente a livelli inferiori di sei sette metri e sono oggetto di
lavori di recupero. Quello che si è salvato e/o recuperato è custodito oggi nel museo del Palazzo, ai piani superiori. Altre sorprese: La Cattedra di Massimiano in legno rivestita di avorio intarsiato con scene della bibbia e dei vangeli; una lastra in pietra con il calendario pasquale perpetuo; mosaici che raffigurano a grandezza naturale la Madonna Orante e Giustiniano! E' tutto estremamente sorprendente anche perchè
sono radunati qui in questa città appaentemente marginale dell'Impero capolavori storici ed artistici che a Roma possiamo vantare con la stessa magnificenza solo a Santa Maria Maggiore ed in qualche chiesa paleocristiana.!

Non abbiamo tempo, e forse anche le forze, per visitare il Battistero Neoniano oppure quello Ariano, per cui decidiamo di visitare la Basilica di S. Apollinare Nuovo, che è sulla strada per rientrare.
Anche questa edificata da Teodorico, fu successivamente " rifatta" dopo la conquista dei generali di Giustiniano nel 550. I mosaici originali, ariani, furono infatti tutti sostituiti con scene riprese dai Vangeli e dalla Bibbia. Di notevole però che alcuni mosaici - quelli dell'ordine superiore che furono parzialmente modificai - ci mostrano come era il palazzo di Teodorico ed il porto di Classe e costituiscono perciò una prima testimonianza topografica della città. Conserva le reliquie di San' Apollinare trasferite qui dalla basilica in Classe per preservarle dalle incursioni piratesche .
Nel museo attiguo alcuni manoscritti ed incunamboli che documentano dal periodo del papiro e della pergamena alcuni momenti storici della vita della città.  

Torniamo all'ostello che è già pomeriggio. Fra è stanca e nervosetta: mi provo a non irritarla di più anche perchè capisco che la giornata è stata stancante. Si appisola sul divano mentre io comincio a prepararmi.
Sono ormai le cinque quando riusciamo a partire.Le indicazioni della ostellessa per Ferrara ci portano all'incrocio della sera precedente - quello del Pala De Andre' - non il cantante.
Un incrocio enorme con indicazioni per ogni dove. Dopo giri e rigiri - perchè sono tutte superstrade - seguiamo l'insegna per Ferrara, ma arrivati ad una rotonda ci rendiamo conto che da lì dobbiamo uscire!
L'intensità del traffico e la velocità con cui sfrecciando ci sfiorano le macchine, ci inducono a fermarci quasi subito al distributore. Occhio di lince individuo subito la persona sbagliata a cui chiedere lumi: è un camionista ma non spiccica una parola di italiano. E' rumeno.
Va meglio con un imolese che ci informa che Ferrara è dalla parte opposta.

Prendiamo perciò una strada dritta poco trafficata - l'unica possibile - che porta a Sant' Alberto.
Il tomtom di Fra conferma: la meta è a 44Km. Non c'è traffico siamo in campagna, si va tranquilli.
Un check poco dopo con un ragazzo in moto - in mezzo al deserto rotto solo da qualche trattore - ci conferma che la direzione è corretta. A Sant' Alberto ci consigliano di attaversare il fiume Reno con il traghetto.Siamo a Chiesa Nuova di Voltara: il fiume è in fondo alla discesa, una specie di zattera ci attende.
Saliamo e non facciamo in tempo a prendere i soldi che siamo dall'altra parte: anticamente era chiamato il Passo degli Etruschi, oggi Passo Anerina. Uno scambio di battute con i due ragazzi - forse fidanzati o fratelli - che gestiscono il servizio ( poverini deve essere noioso e poco remunerativo), risaliamo la sponda del fiume, erta, ed in cima uno spettacolo creato dall'acqua: Il delta del Po e le saline, ormai abbandonate, di Comacchio. una distesa di acqua inframmezzata da isolotti verdeggianti e vegetazione lacustre, un habitat protetto dove vivono specie ....Dove siamo ce lo dice un passante - pescatore o cacciatore - perchè
non riusciamo a localizzare la nostra posizione geografica.

Proseguiamo su una lingua di terra tra l'acqua delle Valli da una parte ed il fiume dall'altra.  Finisce presto e ci troviamo nella solita campagna piatta e deserta di esseri umani. Lunghi rettilinei ortogonali, grumi di case allineate ma apparentemente disabitate, un paesaggio ed un aria tipica dei documentari di Mario Soldati degli anni 50. Improvvisamente fatico a pedalare, la bici è più pesante. Fra mi annuncia che ho la ruota a terra.

Siamo a Longastrino. Ho gli attrezzi e la camera d'aria in sostituzione, ma preferirei lo facesse un ciclista.
Non c'è nessuno. In effetti da quando abbiamo lasciato casa di ciclo officine zero.
Eppure questa è una zona dove tutti vanno in bici. Propongo di trovare lìun posto per dormire. Non ce n'è!
Poi vediamo un caseggiato con scritto "casavacanza" e davanti un bel prato verde. Così fortunati?
No. E' chiusa e sembra abbandonata. Anzi è la locazione dei vigili urbani, ma non ci sono.
Non ci resta che smontare tutto e provare a sostituire . Mi complimento con me stesso per l'abilità in pochissimo tempo è fatta! Ma la pompa che ho portato, della Graziella! , non pompa.Disperazione!
Come una apparizione Fra mi fa notare nel giardino attiguo un ciclista tutto bel vestito e professionalmente attrezzato. Si chiama Davide, viene da Imola, fa circa  120Km e sta tornando a casa. Ha la pompetta super efficiente ma soprattutto ha i muscoli.
Ringraziamo per l'efficiente aiuto e siamo di nuovo in marcia.

Menate, a 7Km, poi Molino di Filo e poi Filo, il paesotto più grande. Sono quasi le sette ed anche se c'è ancora luce la giornata è stata pesante e cerchiamo un posto per dormire.
Un bar con camere è pieno e ci suggerisce un affittacamere. Due chilometri di deviazione tra campi e canali.
E' una trattoria con un ampio parcheggio, rincuorati entriamo, c'è un bel camino grande con fuoco acceso ed una bella brace..
Pregustiamo il meritato riposo e magari una cena succulenta ma il tizio ci spara 50 euro! Lì in quel posto sperduto?!! E' matto? No, mi chiede se lo voglio regalato, litighiamo, ce ne andiamo. Sono stanco e arrabbiato. Comincia ad imbrunire. Sulla strada ci segnalano un altro Hotel. E' il primo che incontriamo.
E' piuttosto pretenzioso. E' un resort, con piscina. Il ristorante è stracolmo ed anche qui si sentono profumi
invoglianti.. La ragazza si rivolge all'oste che si dispiace ma non ha posto. Non ha neanche tempo per starci a sentire, lo capisco, ma ho il sospetto che nel diniego ci sia lo zampino dell'altro ristoratore.

Sono idrofobo ma non possiamo fare altro che riprendere le bici. Tra pochi chilometri c'è Argenta, una cittadina e lì dovremmo trovare. Fra mi accusa di aver fatto la manfrina perchè incurante della sua stanchezza, era lì che volevo arrivare oggi.Non è vero ma le mie profferte di innocenza non la calmano.
La strada sbuca sull' Adriatica! Una strada stretta a due corsie supertrafficata e con il buio che incombe.
Sono preoccupato. Un altro tentativo in un piccolo hotel lungo la strada è negativo, Manca poco alla deviazione per Argenta. Ci infiliamo in un bosco che non finisce mai, ma per fortuna non ci sono macchine.
Entriamo nella periferia che è ormai completamente notte. Poche luci, bar chiusi nessuno in strada. Ho paura che non troveremo niente anche qui! E invece giriamo sulla piazza e a pochi metri l'insegna di un albergo.

Il portiere di notte, che è anche il gestore, modesto e accomodante ci accorda per 50 euro, con colazione e posteggio bici.Non replico. Ci indica il posto a pochi metri dove cenare. Ci precipitiamo perchè è tardi e non possiamo rischiare di restare anche senza cena. .
E' una grande ristopizzeria con pianobar e arredamento esotico: anche se tardi a questi lidi, è ancora abbastanza pieno. Sono sorpreso. La ragazza molto gentile ci fa subito accomodare. Il cantante è un po' svogliato ma è un bel contorno; anche la pizza e pure Fra è soddisfatta della sua cena. 30 euro, non male.
Come solito la passeggiata dopocena è oggetto di conflitto, per cui lei a destra io a sinistra!
Anche Argenta è una città bombardata e ricostruita totalmente. La grande piazza del comune riporta su un monumento l'elenco delle vittime. C'è un bel viale alberato con chioschetto gelato frequentato. Non ne approfitto. Siedo ad una panchina a rimirar le stelle, torno ed incrocio la miss: non è successo niente. Andiamo a dormire.

13 - 11 Agosto 2014 -  Argenta Ferrara    

Colazione giù al bar dell'hotel con il gentil tizio che, fa notare Fra, deve essere andato al forno lì vicino a comprarci i cornetti, croccanti appena sfornati. Ci racconta delle poche soddisfazioni, siamo gli unici clienti, che ricava dalla gestione dell'albergo, dell'assurdità della doppia Tasi .ed in genere del fisco predatore.
Argenta ha un'oasi ecologica che è visitata da gruppi di studenti e scout, ma in generale non ha attrattive e quindi l'hotel sopravvive con gli operai di passaggio inviati dalle ditte. Veramente poca cosa!
Lui abita in una stanza dell'albergo ma la legge, ed il fisco, gli impongo una residenza disgiunta: doppie tasse!
Salutiamo la madre che è lì a far compagnia all'attempato figliolo. Per il tragitto che dobbiamo fare c'è una bellissima ciclabile nel bosco, ci indicano, che sfocia nella vecchia sede della SS16 ora abbandonata e quindi sicura. Ringraziamo e salutiamo, su per il canale e quindi.....sbagliamo strada. E' un attimo e prendiamo quella giusta.

E' un sentiero nel bosco che costeggia inizialmente il fiume e poi si incunea tra gli alberi per la gioia di Fra che può finalmente sfruttare le sue abilità in mountainbike: la "ciclabile" è infatti uno sterrato con due solchi stretti quanto le ruote della bici, brecciolino e sterpi e radici. Sono preoccupato per la mia bici nuova, ma chi non tiene sono io con i miei problemi di equilibrio, che salto da un binario all'altro. Fra mi distanzia e la raggiungo solo quando si ferma a d aspettarmi. E' una giornata assolata e calda ma camminare nel bosco ci agevola non poco. Riceviamo la telefonata da P. Uggi!.Fra con il suo buon umore contagioso mette sempre allegria.
Superiamo un paio di stradine consortili e sbuchiamo, come ci era stato detto, alla periferia di un paesino
e sulla vecchia statale segnata da una casa cantoniera.

Il fondo è sconnesso ma per me 100 volte meglio della rotaia. La strada attraversa campi coltivati a distesa
d'occhio: per lo più peri e meli, ogni tanto in lontananza qualche cascina isolata tra i campi di mais.
Non c'è nessuno. Solo qualche polverone lontano di trattori al lavoro.Piatto e immoto. Come l'aria!
ogni tanto passa una batteria di camion colmi di balle di paglia. Una vecchia bianchina bianca guidata da una ragazza a 40 all'ora ci avvicina piano.
L'atmosfera è da film americano e ci fermiamo per scattare alcune foto per immortalare la ...solitudine!
Ripartiamo. Finora gli alberi di fichi incrociati avevano frutti acerbi, non questo all'incrocio di una frazione con due case: ne raccogliamo qualcuno, e qui inizia una delle parti belle della giornata.

Più avanti ancora fichi grossi neri e maturi. Ne potremo prendere molti di più ma non sappiamo dove metterli
e bisognerebbe arrampicarsi. I filari di pere e mele a portata di mano sono una tentazione continua, ma c'è il rischio della scoppiettata: mi fermo e ne prendo 4 o 5. Riprendiamo ma poco dopo Fra mi chiama eccitata: more! grosse come prugne. Non smettiamo di prenderne, ed anche se i nostri contenitori sono capienti abbiamo difficoltà a stiparle.Siamo in strada ed è più facile osservare: a pochi metri basta scendere un poco
un filare di pesche enormi colorate: ne possiamo prendere solo un po', grosse quasi come cocomeri....
Papà! Un campo di cocomeri !....ma come facciamo?! Non sapremo come portarli oltre alla difficoltà di prenderli. Desistiamo accontentandoci del raccolto già fatto.

Così dovevano vivere gli uomini all'età dell'oro! Il piacere di aver risvegliato modalità primordiali, anche se approfittato del lavoro altrui, andare così senza orari, senza obblighi, godere di quello che il momento offre
ed afferrarlo ....cos'altro di più?
Con l'anima così rallegrata dall'intermezzo bucolico, abbiamo percorso placidi gli ultimi chilometri fino alla periferia di Ferrara, dove siamo arrivati il primo pomeriggio. Poco movimento di persone e nessuna indicazione per il centro città:: strade e vicoli, lunghi e alti  muri, colorati di un marrone pastello dalla luce del sole,  interrotti di quando in quando da ampi portoni chiusi. Pavimentazione acciottolata e grossi sassi, ambulazione difficoltosa per le bici., svolta a destra, svolta a sinistra, ma sempre in direzione nord, nella speranza di arrivare in centro..

Ero curioso di conoscere Ferrara, la città degli Estensi, una città ricca ed elegante. La prima impressione è stata di una cità addormentata, certo i giorni e l'ora, e l'arrivo in P.za Trento&Trieste,
adiacente la cattedrale non ha dato un impatto positivo: un gruppo di perdigiorno- se non barboni - seduti all'ombra su una bassa balaustra, con bottiglie e bici appoggiate.
Qualche turista stranito che si aggirava stancamente, nel sottoportico più avanti una gelateria con qualche tavolino. Non è stato un bel benvenuto.

Il nostro intento immediato era quello di trovare un posto per dormire, con la app di Francesca le due telefonate non hanno sortito effetto. Ci rivolgiamo all'ufficio turistico all'interno del castello, ed una ragazza carina ed in gamba ci indica più di una opzione: scegliamo un B&B non troppo lontano nel nostro target di prezzo.

Il nome- "Sotto i Vecchi Cioppi" - ci ha aiutato nella scelta: solo una persona con fantasia poteva nominare così un ostello. Siamo nella città di Bassani e questi viali assolati e deserti ci riportano nell'atmosfera dei Finzi Contini. Ci accoglie una radiosa e gentile signora matura, piuttosto ordinata nel portamento e nel vestire, ciarliera ed ossequiosa, che ci invita ad entrare con tutte le bici, guidandoci verso il giardino, tutto bel fiorito,  interno alla casa, dove possiamo stiparle.
Ci complimentiamo per come è curato e rigoglioso il giardino e la signora, che non smette mai di parlare, è lusingata perchè "le piante sono la mia consolazione" insieme al barboncino che ci sta sempre in mezzo ai piedi, vecchio come la padrona.

La casa, ben messa, è a due piani e la nostra abitazione è al piano superiore: una ampia camera da letto con sovracoperte in broccato rosso, imposte socchiuse, un pianoforte nero - lo suonava la figlia.
Di fronte il bagno con una bella doccia, e poi un cucinino - senza gas e lavello ma con il frigo - che da' su un balconcino, anch'esso fiorito, con tavolinetto e sedie in ferro battuto verdi,di cui approfittiamo immediatamente per godere della pace e serenità che quel posticino, ben ventilato e ombrato, infonde.Un vero e proprio appartamentino tutto per noi e mentre la signora va a preparare i letti, Fra stipa il frigo di tutto quel ben di dio che abbiamo raccolto: sarà la nostra cena.

La signora deve evidentemente sentirsi sola, indugia ancora con noi e ci racconta che la sua casa è un  originale "carrugio ferrarese", caseggiati storici tipici dell'area ferrarese; è  la casa paterna caratterizzati da una struttura stretta e lunga a due piani con giardino sotto e terrazzino sopra.
Ci racconta della figlia - ingegnere elettronico - che si è stabilita con la famiglia ed i figli ad Amburgo in Germania, da diversi anni
Io gli racconto della mia figliolina di cui si innamora piano piano.....ma tutti si innamorano di Fra!!!   In questo delizioso relax durante il quale la signora ci ha servito un rinfrescante succo d'arancia, e noi l'abbiamo invitata ad assaggiare le nostre grosse e dolci more, abbiamo trascorso più di mezz'ora conversando come vecchi conoscenti! Il nome, dato dalla figlia, fa riferimento ai cocci di cui è rivestito il tetto.

 Finalmente la signora ci lascia anzi, mentre Fra va in doccia, accompagno la signora che fa fare la passeggiata al cane e mi segnala il forno dove acquisto pane e vino per gustare la nostra prelibata merenda preparata, come solito, in maniera magistrale e succulenta da Fra; la signora declina il nostro invito a condividere. Ci vestiamo ed andiamo finalmente a fare un giro per la città: per via prendiamo un po' di insalata nel market in chiusura.  

La cittadina è piccola e raccolta ed arriviamo in un attimo al centro storico.
Sostiamo davanti la facciata della Cattedrale di San Giorgio - tra stile romanico e gotico - molto ricca di statue e sculture, loggette: la statua della Madonna con bambino a grandezza naturale sporge autorevole da un balcone sopra il portale centrale. A lato imponente il campanile rinascimentale in marmo rosa. Il lato destro della chiesa è costituito da un portico che si prolunga per quasi l'intera
Piazza Trento e Trieste, quella del nostro arrivo,uno spiazzo rettangolare molto ampio , centro di aggregazione e culturale della città.

L'Università di Ferrara è una delle più antiche d'Italia, 1391, fondata dal marchese Alberto d.Este.
L'iscrizione che ricorda l'istituzione con bolla papale dell'Università si trova nel lato di faccia alla cattedrale: due statue una a cavallo, l'altra in trono introducono ad un passaggio ad arco.
Sulle pareti lastre di marmo commemorative di avvenimenti del ducato, un omaggio a Garibaldi e
il Discorso della Vittoria del 4 Novembre 1918 del Generale Armando Diaz, che stabilì la fine della prima guerra mondiale.

Al di là dell'arco un'altra ampia piazza con il Palazzo Ducale, oggi sede municipale, con lo scalone
d'onore in marmo bianco - che per nostra sconoscenza non abbiamo notato. Prima di trasferirsi nel Castello questo era la residenza dei duchi.
Il castello con il fossato ed il ponte levatoio si trova a destra della Cattedrale ed è un tipica costruzione medievale con una alta torre centrale. La Pro Loco è nel cortile interno ed eravamo già
stati nel pomeriggio. E' sera ed è  "purtroppo"....!!! tutto chiuso.

Medioevali sono invece i vicoli e le strutture commerciali a fianco della Cattedrale, così come il ghetto ebraico di via San Romano e di più la caratteristica Via delle Volte, rimasta praticamente intatta, così chiamata dalle giunture a volta tra le case della via, a costituire un percorso a portici-

Ecco, la parte più interessante di Ferrara sono proprio queste intersecazioni di vicoli stretti e acciottolati, poco frequentati e silenziosi, in cui è facile nascondersi e far perdere le proprie tracce:
proprio come nel film di De Sica, tratto dal romanzo di Bassani, figlio di questa città.
Insomma una città diversa da quello che immaginavo: bianca di marmi e luminosa.
E' di questo che parliamo tornando solitari pigramente a casa illuminati da una luce gialla tonda e lucente.

Non è molto tardi ed invitiamo la signora al balconcino a bere un pò di vino:accetta la compagnia
ma non il vino e chiacchieriamo piacevolmente per un pò: il suo cruccio è che non si collega con internet per registrare i nostri documenti!

Andiamo a dormire stanchi, con un pò di tv.    


12 Agosto 2014 - Ferrara - Ostiglia

Questa mattina, come quasi sempre, Fra si è svegliata presto perchè aprendo gli occhi sento parlare animatamente di là. Vado in balconcino dove è  "servita" la colazione ma la pace di ieri è svanita a causa di un insistente tagliaerba  estremamente rumorosa.
   
La signora con il suo cane è inoltre sempre in mezzo ai piedi per aiutare, suggerire, controllare....
poverina la solitudine è una brutta cosa per molti e lo dimostra commuovendosi nel saluto a Fra,
quando verso le undici, in linea con i nostri tempi, ci apprestiamo a partire.

Ancora una giornata calda e limpida, una foto ai cocci e via verso nord.
Un tempo, fino al medioevo, il Po attraversava la città e Ferrara era un importante porto fluviale.
Oggi c'è solo un canale che costeggiamo fino ad una rotonda che ci riporta verso il centro città e l'altro lato del castello.

Tra le cose notevoli di Ferrara che abbiamo omesso di vedere e per cui la città è oggi patrimonio Unesco, c'è il Palazzo Diamante, così detto per gli 8500 massi a forma di punta di diamante con cui
è costruito il palazzo e che creano effetti particolari di luci ed ombre.
Il Palazzo è posto nel quadrivio della città nova, il cosiddetto Addizione Erculea, uno dei primi esempi di città moderna realizzata nel '500 per estendere la città allora quasi esclusivamente medioevale.

Seguiamo l'indicazione che ci è stata data di proseguire lungo la ciclabile fino a Bondeno: sono circa 8 Km che percorriamo con un certo agio, e con la sorpresa di un pavone che fa la ruota con le sue meravigliose piume colorate, alla faccia di un bambino che lo guarda stupito!
Più avanti c'è un allevamento.
Da Bondeno dovremmo proseguire per Stellata: ci separiamo perchè non concordiamo sulla giusta via, ma poco dopo le due alternative si ricongiungono.
E' una strada di campagna poco frequentata e un pò desolata e anche il tempo si sta ingrigendo.

Fa caldo e dopo aver circumnavigato una diga con un lungo giro, siamo a Stellata di fronte alla
Rocca degli Estensi, detta dell' Ariosto, il poeta che passò lunga parte della sua vita alla corte degli
Estensi. Nessuno in giro: Francy è alla ricerca di una toilette, io mi rifocillo ad una fontana.
Finalmente siamo sulla famosa "ciclabile della destra del Po", ma prima di partire immortaliamo la Rocca ed un cartello che racconta di amori e fantasmi, lì svoltisi e aggirantisi.

Il Po è il Po e ci regala alcuni scorci veramente degni che non manchiamo di fotografare:
il fiume che cammina veloce, appare maestoso ed incute un certo rispetto e ammirazione.
Le acque verdi e dense fanno quasi paura ma poi gli scorci sugli argini o gli isolotti intruppati, e ancora la gente che prende il sole sulle spiagge, o i pescatori con le loro lunghissime lenze, restituiscono un senso generale di serenità.

Anche il sole è di nuovo tornato a picchiare forte.
Che il fiume sia vissuto dalle popolazioni locali è testimoniato dai numerosi circoli che incontriamo
sulle rive, dai percorsi attrezzati per runner e bici, dalle aree picnic che si susseguono con panche ma senza fontane. Approfittiamo per consumare il nostro merenda/pranzo con pesche e more: buonissimo, e con un dolcetto finale che la vivandiera con le sue abilità stregonesche non fa mai mancare.

Sono le tre del pomeriggio ed in questo tratto il Po fa una profonda ansa verso est: fortunatamente la strada sull'argine è interrotta e si deve uscire sulla statale, tagliando l'ansa. In quel tratto mi scateno con la bici che in pianura è una goduria far andare: siamo all'altezza del cosiddetto Cavo Diversivo.

Ci fermiamo nell'area di parcheggio di un ristorante....ovviamente chiuso! un pò di ombra alla pensilina del bus, ed ancora una volta in questa estate accaldata gli esseri umani latitano.
Con la mia riconosciuta abilità rabdomantica, in questa landa desolata affranta da una luminosità impietosa, mi metto alla ricerca di una fontana che scovo non lontano nascosta all'ingresso del giardino della chiesetta. Ci rifocilliamo, riempiamo le borracce e via.

Un lungo rettilineo ci riporta sul fiume: è la nostra direzione e riprendiamo la corsa.
L'asfalto della ciclabile, che evapora calore, è ingombro di paglia secca sia a dx che a sx, non raccolta. Gli unici veicoli che incrociamo sono trattori che trasportano balle.
Siamo in vista di Ostiglia la nostra meta odierna e la tappa iniziale della Claudia Augusta.

Sono un pò emozionato ma il panorama industriale ed un ponte in ferro che attraversa il fiume
smorzano gli entusiasmi. Un tizio sorpreso ci conferma che dobbiamo traversare il ponte per andare sulla sponda sx. Per me è una sofferenza perchè ogni strettoia mi crea problemi di equilibrio, se non proprio vertigini. Francesca è già di là ad aspettarmi.
Pensavo che qui tutti non parlassero d'altro che della Via Claudia: non è così e ciò è deludente.
Nessun cippo, nessuna indicazione!

La cittadina di case basse è piuttosto squallida e anonima.
Cerchiamo subito un albergo e troviamo il "Cioè" , che poi ricorderò essere un punto di sosta per ciclisti. La signora alla reception - una piccoletta giovane con occhietti piccoli e vivaci e, scoprirò poi, una risata chiassosa e coinvolgente, ascolta attonita la nostra proposta di accordarci per uno sconto sul prezzo della camera.
Alla fine cede e in modo cameratesco ci consegna la chiave e ci accompagna in camera, ancora piuttosto stupita di questo duo così assortito: certo Lei è un personaggio un pò particolare, ma anche noi con le nostre pretese dobbiamo apparire altrettanto strani......

Approfittiamo per rinfrescarci e riposare.
Il marito è il cuoco del ristorante annesso, e a giudicare dalle foto nella hall anche di buon livello.
Ci accomodiamo per la cena ed una ragazza, che ci racconta essere in partenza per l'Australia - emigra - ci snocciola il menù. Vorrei avere la carta, per vedere i prezzi, ma la signora interviene
subito esortandoci a prendere il menu a prezzo fisso 11€ ! Tutto buono!
Pennette - volevo fettuccine - vitella arrosto con patate arrosto e verdura cotta, caffè dolce vino rosso in omaggio.....che goduria. Fra acconsente anche se non ricordo cosa ha preso.
Un po soldatesca ma va benissimo.
La cena è allietata  dalla conversazione con due ragazzi al tavolo accanto e la cameriera.

Per il dopo cena passeggiamo verso la grande piazza nei pressi, intitolata a Cornelio Nepote con tanto
di statua: si sta svolgendo uno spettacolo con un gruppo che canta Gaber e Iannacci , presentato da Leonardo Manara, il comico di Zelig. L'accesso però è a pagamento.  
Ma noi intrepidi non ci fermiamo davanti a niente, facciamo il giro e risbuchiamo in piazza da un altro lato! Purtroppo solo posti in piedi.
Le canzoni, ultranote, sono belle e ben cantate ma l'attrazione è Manara che con le sue battute incisive e pungenti fa sbellicare tutta la piazza, specie quando prende di mira il sindaco obeso, che costringe a raccontare una barzelletta. A fine spettacolo ce ne andiamo a nanna.