Cos'è che li fa MUoverE ?

Chi avrebbe detto che una attività così semplice e spontanea - si cammina prima ancora di connettere verbo- poteva determinare una occasione di aggregazione, il ricostituirsi di antiche frequentazioni,risvegliare la voglia di stare insieme e condividere le emozioni di piccole avventure.Eppure guardateli con gli zaini in spalla ripieni di sorprese, attrezzature più o meno consone alla bisogna - animati da spirito di conoscenza, inerpicarsi per boschi e pendii alla scoperta del mondo che li circonda.

Ed allora ci si chiede cos'è che li spinge ad andare ed andare ed andare, cosa cercano, quali le motivazioni.Come al solito è meglio non porsi mai troppe domande:le risposte potrebbero essere deludenti banali scontate.....volgari! Lasciamoli camminare....Non ci interessa dove e perché.

Ci preme che vadano, che vadano ma che vadano pure a...Ecco, appunto!

Brahamana V sec. a.c - Indra esorta Rohita

Non c'è felicità per chi non viaggia, Rohita!
A forza di stare nella società degli uomini,
Anche il migliore di loro si perde.
Mettiti in viaggio.

I piedi del viandante diventano fiori,
la sua anima cresce e dà frutti,
ed i suoi vizi son lavati via dalla fatica del viaggiare.
La sorte di chi sta fermo non si muove.
Allora vai, viaggia, Rohita!
Indra esorta Rohita - (dai Brahamana V Sec. a.c.)

martedì 22 marzo 2016

Il nostro viaggio in Africa - 2°

31 Maggio 2014 - Valigie chiuse ed un salto al market  per l’ultimo regalino : troviamo un set di matite colorate per i bambini, All’uscita un temporale – proprio da dire Tropicale! – ci investe con palline di grandine pesanti; strade allegate. Non sembra un buon auspicio.
Ma presto come è arrivata la perturbazione se ne va e siamo pronti, dopo le ultime raccomandazioni , a dirigerci verso l’aereoporto. E’ sabato,la strada è piuttosto libera e  non impieghiamo molto ad arrivare. l check in è veloce: in fila siamo dietro ad una signora araba piuttosto elegante in un sahri setoso lungo e brillante e, dal tipo di valigie, facoltosa.

Ultime formalità, baci e abbracci , via al gate e quindi sull’aereo un 747.
Forse non a caso la signora della fila occupa il terzo sedile della nostra fila: Fortuna si prende il finestrino e quindi io sono incastratao tra queste due signore!  Scambio qualche parola con la signora che va proprio a  Dar es Salam: un contatto prezioso per il cambio al Cairo.

E’ una persona molto cordiale a dispetto dell’abbigliamento ortodosso, e mi racconta di vivere a Roma, sulla Cassia, con la madre da più di 25 anni; sta andando dal marito che lavora nell’edilizia,
attualmente stanno costruendo una cisterna per l’acqua. Lei è originaria del Mozambico ma ha studiato a Firenze ed è laureata in agraria, ha lavorato per una agenzia della Fao al World Food Program , ma ora è retired. Non ha figli in compenso ha più cittadinanze – oltre a quella italiana e africana – ha vissuto per qualche tempo a Vancouver che giudica regione migliore di quella di Montreal.
Certo io non posso competere con i miei spostamenti da Meda ad Astura a Collatina.....
 La sua compagnia è piacevole e sembra avere una lunga esperienza con la Egypt Air.

Ci portano la cena in un pocket efficace e compatto: pollo insalata biscotti, acqua e caffe’: ho mangiato tutto e non era male.

Il transfer al Cairo è più semplice dei miei timori anche grazie alla discreta assistenza della Sig.ra Sofia – ora conosciamo il nome – che si offre anche per darci una mano a Dar es Salam: il nostro appuntamento era a  a Bagamojo, perchè saremmo arrivati troppo presto, e quindi ci saremmo dovuti arrangiare con un taxi, ed io manifestavo le mie preoccupazioni non solo per la lingua ma, e soprattutto, per le tasche. 
Sofia infatti mi aveva messo in guardia sui tassisti abusivi e i faccendieri che come in tutto il mondo cercano di aprrofittare del turistra sprovveduto.

Il volo per Dar è stato meno piacevole: abbiamo sofferto il freddo della notte. 
Ancora buio siamo arrivati in vista della città : dall’alto immensa con lunghi viali
trafficati già a quell’ora da striscie gialle e rosse. Il mare nero.

Scesi abbiamo perso di vista  Sofia e la sua assistenza – ci aveva anticipato che le formalità di ingresso per gli...extra africani si sarebbero protratte per più di un’ora – ma poi si ripresenta  e con
estrema normalità mi chiede il numero di Francesca per mettermi in contatto con lei. e ci fornisce il suo a Dar per qualsiasi evenienza: Veramente gentile, chissà in quanti l’avrebbero fatto. .

Sentire la figliolina così vicino mi emoziona; sarebbe arrivata entro un’ora quindi tutto a posto.
Salutiamo Sofia che oltrepassa la dogana mentre noi insieme a pochi altri non africani siamo in attesa del visto di ingresso in una sala d’attesa spartana con sportelli vetrati dietro cui funzionari di polizia dai volti simpatici con estrema calma e lentezza visionano seriosi carte e timbri. Viene il nostro turno, paghiamo i 50$ cadauno e ci prendono le “impronte digitali” : ma anche noi facciamo così?
Dopo dieci minuti ci rilasciano il visto...entriamo in AFRICA!

Carichiamo le valigie sul carrello ed usciamo e proprio li di fronte Fra 
 si sta sbellicando dalle risate – ed in effetti dobbiamo essere un po’ comici:  è lì da un bel poì e, come aveva supposto Fortuna, ci ha fatto lo scherzetto.
E’ bellissima con una camicetta rossa,è lì pronta ad accoglierci con un cartello improvvisato su un pezzo di cartone: la commozione è tanta e ci scappa la lacrimuccia.

E’ partita stamattina alle quattro e mezzo da Bagamojo con il taxi che ha preso tramite Barnaba e che gli costa a/r  80.000 tzs: è una vecchia opel sporca ed ammaccata , più sporca dentro.
Il tassista di poche parole, la guida è a destra..

La luce livida della mattina si adegua ad uno spettacolo per niente attraente in queste prime ore africane. 
La strada è molto larga con poco traffico – è domenica – ma si vede di tutto: i famosi
“dalla dalla”  le corriere locali, carretti con polli, matti in bicicletta con enormi sacchi bianchi pieni di carbone caricati sul didietro – e non si capisce come riescano a mantenere l’equilibrio – passaggi con il rosso senza problemi, attraversamenti e motorini, manovre a rischio.
Il cielo è plumbeo, la strada seppur asfaltata è polverosa, ai lati la terra rossa;  palazzi e costruzioni di cemento decorose ma comunque datate, si alternano ad altre fatiscenti. La prima impressione è di sporcizia e degrado, piuttosto deludente: sembra una periferia napoletana solo più grande. Niente fa pensare che stiamo in Africa!

1 Giugno – Domenica

Anche l’autista sembra sporco : non è nero è marrone. Piano piano usciamo dalla città e la strada
si restringe a due corsie e ai lati una sequenza senza soluzione di baracche fatiscenti con tetti di lamiera e muri di terra rossastra interrotti di quando in quando da tratti di vegetazione, ma  rada lontana , quasi non volesse far parte di quel degrado.
Fuori della baracche in apparenza mucchi di  cianfrusaglie di ogni genere accatastate insieme a pile di frutta e patate e gente accucciata con le braccia allungate sulle ginocchia, appoggiata,  seduta a terra  o su minuscoli panchetti e su e giu’ queste biciclette montate in disequilibrio o tirate a mano con enormi
carichi caricati. Una umanità che scorre veloce insieme alla vegetazione e che diventa insopportabile in prossimità di agglomerati pù grandi dove l’accatastamento delle baraccopoli, i cattivi odori che provengono da banchetti che affumicano cibo, frammisti alla sporcizia accumulata indifferentemente nei pressi , la moltitudine di gente in movimento, rende il panorama brutto

Dobbiamo aspettare qualche decina di chilometri perchè la vegetazione, seppur non lussureggiante come ci si sarebbe aspettato, prende il sopravvento sugli insediamenti umani e si comincia ad apprezzarne la vastità.  Non c’è più traffico, ogni tanto un ridosso per limitare la velocità.
L’asfalto è liscio e si procede bene. Il driver non parla mentre Fran ci anticipa il programma.
La distanza a Bagamojo è circa 60 km e mi trovo a pensare che questa strada dritta, ben fatta......
dai cinesi! con tanto di miliari ai lati,  è proprio inaspettata!.ma necessaria. 
I cinesi infatti stanno costruendo quello che dovrebbe diventare il porto mercantile più grande di tutta l'Africa orientale proprio tra la capitale e Bagamojo 

Una deviazione su strada non asfaltata piena di buche, dossi e crateri ci indica che siamo in prossimità della nostra meta: ecco adesso mi pare di riconoscere quello che mi aspettavo.
Un cartello indica il Millennium Resort & Restaurant e dopo un pò di traballo un Masai!
ci apre il cancello del resort del nostro soggiorno il Beach Resort.
Ci accoglie una ragazza bella e gentile Arlette schierata insieme ad Eddie un  bel ragazzo
possente che si occupa subito delle nostre valigie. Siamo frastornati dall’accoglienza quasi
da turisti inglesi. Francesca ci aveva raccontato di questo resort  e come aveva sollecitato
i proprietari alla pulizia ed alla preparazione al nostro arrivo: alle presentazioni non capiamo bene i nomi ma scambiamo i sorrisi ed i saluti che ci vengono rivolti  con una deferenza che ci mette quasi in imbarazzo.

Ci accompagnano alla nostra magione: una stanza molto ampia un po' spoglia ma con quello che serve:
il letto con la zanzariera, un armadio un grande bagno con water e doccia , una maschera in legno.
Fortuna si accomoda immediatamente...... sul letto....., consegnamo a Fran la valigia con le "meraviglie" che
abbiamo portato per lei; ci salutiamo lei andrà a riposare perchè è stanca e per la prima volta ci comunica di 
essere un po' ...febbricitante.!

La struttura è sul mare, un paio di caseggiati in muratura, uno per le camere l'altro per la cucina, ed una costruzione in legno enorme a mo' di semi capanna circolare  con pali di varia lunghezza e spessore  incrociati e incastrati legati con corde vegetali a formare un reticolo la cui ingegneria è sorprendente sia per l'effetto estetico che per la resa strutturale: non smetto di ammirrarne  l'abilità costruttiva e cerco di prendere delle foto che diano almeno parzialmente l'idea della complessità e della funzionalità della costruzione che non ha niente da invidiare ai più arditi grattacieli in vetro e cemento, anzi da un punto di vista ecologico ritengo questa molto meno invasiva e quasi più avanzata. Questa costruzione che occupa quasi la metà dell'intero resort è la zona dell'aggregazione , dove si cena - ci sono delle tavolate in legno - si balla e si ascolta la musica e - concessione alla occidentalità - si bevono drink serviti  nell'area bar delineata da muretti bassi 
e sinuosi intonacati, gli stessi che circondano l'intera zona. L'altra metà è occupata da un giardino con aiuole 
faticosamente fiorite e con vialetti sabbiosi che un paziente inserviente alto e smunto dai capelli bianchi pulisce in continuazione con una lunga scopa, vialetti che culminano con enormi panche in legno e fibre disposte di fronte all'oceano che sospira placido al di là dell'ampia e selvatica spiaggia.

L'oceano non è proprio blu anzi la colorazione è quasi....melmosa e non è per niente invitante per un tuffo.
Anzi. Sembra quasi un mare povero che serva solo ad essere solcato da singolari barconi a bilanciere di pescatori: eccone lì  uno che fila silenzioso carico di uomini ad un centinaio di metri da riva con l'unica randa spiegata ed a poppa spinta dal movimento di una lunga asta manovrata dal timoniere. Anche questa è una immagine che la mia scarsa abilità di fotografo non riesce a rendere nella sua 
duplice essenza di desolazione e maestosità!
Franc ci raggiunge ed insieme facciamo una passeggiata sulla spiaggia: non ci si possono togliere le scarpe perchè la sabbia è ingombra di residui di mareggiate precedenti, sporcizia e tronchi antichi e sbiancati;
Gli alberi e la vegetazione costeggiano 
 la spiaggia senza soluzione, Fran ce ne indica qualcuno; a riva barconi incavati in tronchi enormi, con remi laterali legati in maniera apparentemente contorta,  tirati in secco e distanziati quasi a misura, ma poi più ravvicinate e raccolte intorno ad un barcone più grosso attorniato da persone vocianti: è il cosiddetto mercato del pesce che viene esposto poggiato direttamente sulla sabbia. Qualche fuoco è acceso. Il fumo è nero: non ha niente di pittoresco, piuttosto offre una sensazione di squallore e di povertà.
Non mi va di avvicinarmi. Svicoliamo e torniamo sulla strada. 

Siamo ora in quello che è rimasto del quartiere tedesco: costruzioni ormai quasi diroccate ma ormai abitate da persone del posto. Anche qui non è un bel vedere e pian piano ritorniamo sull'arteria principale, polverosa
e confusionaria. A sinistra vengo attirato dal suono di alcuni xilofoni: è una scuola di musica. 
Bambini e ragazzi suonano degli strumenti quasi primitivi, intonando un coro: sono raccolti di fronte all'insegnante sotto un enorme BaoBab, intorno un prato raso naturale.Provano, sbagliano e riprovano: una semplicità ed una letizia che riconcilia con il mondo. Mi metto ad un angolo seduto ad ascoltare per qualche minuto.

Rientriamo nel resort e i prepariamo per  la cena. Incontriamo le colleghe di Fra. Valentina con cui è partita da Roma a Gennaio, ed altre tre del servizio civile. Tutte ragazze in gamba aperte e competenti.

Per la cena dobbiamo aspettare un po' perchè è andata via la luce - come capita molto spesso dice Fra -
e l'attesa sotto la grande struttura in legno, a lume di candela, è quasi comica. Fra ha ancora la febbre.
E' Eddie che ci serve al tavolo pesce e gamberoni cucinati dal proprietario del resort: un tedesco un po' scorbutico e di poche parole che avevamo incontrato poco prima. Il cibo è buono anche se sotto le aspettative. Un ultimo sguardo al mare e salutiamo Fra a cui raccomandiamo di riguardarsi.

Anche la notte è comica sotto la zanzariera. Io come solito mi devo alzare e accesa la luce lo spettacolo delle innumerevoli zanzare nere tutte poggiate sul velo bianco danno un po' di timore. In realtà ne schiaccio qualcuna che ha già succhiato e quindi la probabilità della malaria è alta. Fortuna non sembra preoccuparsi più di tanto e continua il suo sonno apparente. Tra l'altro l'apertura e la  chiusura delle tenda provoca inevitabilmente l'ingresso delle zanzare all'interno. Speriamo bene!.   .
     



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