Cos'è che li fa MUoverE ?

Chi avrebbe detto che una attività così semplice e spontanea - si cammina prima ancora di connettere verbo- poteva determinare una occasione di aggregazione, il ricostituirsi di antiche frequentazioni,risvegliare la voglia di stare insieme e condividere le emozioni di piccole avventure.Eppure guardateli con gli zaini in spalla ripieni di sorprese, attrezzature più o meno consone alla bisogna - animati da spirito di conoscenza, inerpicarsi per boschi e pendii alla scoperta del mondo che li circonda.

Ed allora ci si chiede cos'è che li spinge ad andare ed andare ed andare, cosa cercano, quali le motivazioni.Come al solito è meglio non porsi mai troppe domande:le risposte potrebbero essere deludenti banali scontate.....volgari! Lasciamoli camminare....Non ci interessa dove e perché.

Ci preme che vadano, che vadano ma che vadano pure a...Ecco, appunto!

Brahamana V sec. a.c - Indra esorta Rohita

Non c'è felicità per chi non viaggia, Rohita!
A forza di stare nella società degli uomini,
Anche il migliore di loro si perde.
Mettiti in viaggio.

I piedi del viandante diventano fiori,
la sua anima cresce e dà frutti,
ed i suoi vizi son lavati via dalla fatica del viaggiare.
La sorte di chi sta fermo non si muove.
Allora vai, viaggia, Rohita!
Indra esorta Rohita - (dai Brahamana V Sec. a.c.)

domenica 20 ottobre 2013

I POETI

L'abilità che hanno alcuni poeti di rendere la realtà ed i sentimenti ha qualcosa di soprannaturale.
Ti inchiodano con le loro allocuzioni, e fanno venire i brividi o ti fanno piangere.
Mi chiedo da dove scaturisca questa perizia, quali esperienze di bellezza o di tragedia la sottenda,
e mi provo ad imitarli con i risultati più banali.
Non  resta che riprodurli, con la speranza di fissare le sensazioni che regalano.


.........Presto
anche noi,dolce superstite, saremo

perduti in fondo a questo fresco
pezzo di terra: ma non sarà una quiete 
la nostra, chè si mescola in essa

troppo una vita che non ha avuto meta.
Avremo un silenzio stento e povero,
un sonno doloroso, che non reca

dolcezza e pace, ma nostalgia e rimprovero,
la tristezza di chi è morto senza vita:
se qualcosa di puro, e sempre giovane,

vi resterà, sarà il tuo mondo mite,
la tua fiducia, il tuo eroismo:
nella dolcezza del gelso e della vite
 
o del sambuco, in ogni alto o misero
segno di vita, in ogni primavera, sarai
tu; in ogni luogo dove un giorno risero,

e di nuovo ridono, impuri, i vivi, tu darai 
la purezza, l'unico giudizio che ci avanza,
ed è tremendo, e dolce: chè non c'è mai

disperazione senza un po' di speranza.

Da "una luce" Appendice a La Religione del mio Tempo --- P.P. Pasolini  - 1959