Cos'è che li fa MUoverE ?

Chi avrebbe detto che una attività così semplice e spontanea - si cammina prima ancora di connettere verbo- poteva determinare una occasione di aggregazione, il ricostituirsi di antiche frequentazioni,risvegliare la voglia di stare insieme e condividere le emozioni di piccole avventure.Eppure guardateli con gli zaini in spalla ripieni di sorprese, attrezzature più o meno consone alla bisogna - animati da spirito di conoscenza, inerpicarsi per boschi e pendii alla scoperta del mondo che li circonda.

Ed allora ci si chiede cos'è che li spinge ad andare ed andare ed andare, cosa cercano, quali le motivazioni.Come al solito è meglio non porsi mai troppe domande:le risposte potrebbero essere deludenti banali scontate.....volgari! Lasciamoli camminare....Non ci interessa dove e perché.

Ci preme che vadano, che vadano ma che vadano pure a...Ecco, appunto!

Brahamana V sec. a.c - Indra esorta Rohita

Non c'è felicità per chi non viaggia, Rohita!
A forza di stare nella società degli uomini,
Anche il migliore di loro si perde.
Mettiti in viaggio.

I piedi del viandante diventano fiori,
la sua anima cresce e dà frutti,
ed i suoi vizi son lavati via dalla fatica del viaggiare.
La sorte di chi sta fermo non si muove.
Allora vai, viaggia, Rohita!
Indra esorta Rohita - (dai Brahamana V Sec. a.c.)

martedì 31 ottobre 2017

L'Augustea - Seconda Parte - 18 - 29 Agosto 2014 - Verona - Munchen

18 Agosto 2014 - Seconda parte  1° - Verona - Bivio per Falcade.

Franceschina è partita e sono rimasto solo. Pensavo che la convivenza sarebbe stata più traumatica
ed invece, a parte qualche piccola scaramuccia, siamo stati molto bene insieme. Almeno io.
Sono contento per lei che abbia apprezzato il Lago di Garda in tutta la sua lunghezza: dopo le sofferenze di qualche mese fa, spero che questa passeggiata l'abbia rimessa in sesto.

Sono solo e la mattina devo svegliarmi presto, l'ostello deve essere liberato alle nove.
Non ho dormito male: la grande camerata era divisa in piccole stanze, singole e doppie, da una struttura in legno leggero che seppur consentiva un minimo di privacy, non risparmiava dai....rumori notturni. Il bagno ed il lavabo, una fontana ovale in acciaio con 6 bocche, ricordava più una colonia penale, impressione confermata da una colazione a dir poco spartana: caffellatte - da tirar su con mestolo enorme da una buatta da 30 litri - in ciotola di latta e un pezzo di pane, con cucchiaio da minestra! Peccato. Eppure l'ostello è ospitato in un palazzo d'epoca con un grande parco.

Chiamo Fra al telefono per sapere come è arrivata: è a casa sana e salva. Preparo la bici e parto.

E' proprio vero: l'aria frizzantina della mattina mette sempre di buonumore. E' una bellissima giornata
e la discesa ripida dall'ostello e la vista dell'Adige così tumultuoso mi danno subito la carica.
Sono fortunato perchè dopo qualche centinaio di metri trovo una officina per ciclista già aperto.
Ne approfitto per farmi stringere i freni ed acquistare una camera d'aria di scorta.

Attraverso i viali alberati in direzione della pista ciclabile che partendo da lì mi dovrebbe portare a Trento e poi Merano: è il tratto Italiano di Eurovelo7.
Non è difficile da trovare e dopo poco mi trovo sulla sponda di un canale. Speravo di percorrere l'argine del fiume ma mi devo accontentare percè quella è la pista, ingombra di ciclisti e maratoneti.
La pista si interrompe all'improvviso alla periferia di Bussolengo e perdo le indicazioni.
Un ciclista, anziano come me ma più in gamba letteralmente e con cui condividerò una parte del cammino superandoci a vicenda, mi da la dritta giusta e riprendo il canale.

Anche se il panorama è noioso - coltivazioni di mele e qualche vigneto - mi diverto ad ingaggiare
gare di velocità e resistenza con gli altri ciclisti, tra cui una signora tenace e abilissima, ed un'altra troppo veloce per me a cui cerco di stare dietro.
Il ciclista dell'indicazione mi ammonisce sul "muro" che troverò alla fine della ciclabile, ed infatti dopo qualche chilometro vedo che tutti si fermano e tornano indietro: siamo a Rivoli Veronese
in piena Valpolicella e la strada continua con una salita del 10% per superare un promontorio che domina tutta la valle. Salgo con un bel piglio, forte della mia Bottecchia e dei corti rapporti che posso inserire e dopo un pò.......mi auguro di arrivare almeno alla prima curva che mi nasconda dagli altri ciclisti per non fare una troppo brutta figura.

Ci riesco a malapena ma poi devo scendere: è troppo per me, non ho fatto neanche duecento metri e per arrivare in cima ce ne vogliono . Padre e figlio piccolino mi superano
ed io sono costretto a spingere. Finalmente arrivo in cima - dislivello 220 mt per due chilometri almeno- alternando tratti in bici ad altri a piedi attraversando un bosco che perlomeno dà un pò di frescura . Cè un belvedere da cui si può ammirare la valle sottostante, le anse sinuose del fiume ed in lontananza il forte Wohlgemuth (è tutto scritto su un cartellone!)
Due ciclisti tedeschi - moglie e marito - raggiungono affranti il punto panoramico: il versante da cui sono saliti, e che mi appresto a scendere,  è molto più duro.
Infatti con una ripida e lunga discesa sono a valle, sulla statale per Rovereto.

In occasione del bimillenario dell' Augustea anche i nostri amministratori si sono cimentati nel segnare un percorso ciclabile che si collega con quelli oltr'Alpe. Peccato che hanno pensato di far passare la pista attraverso i vigneti che si sviluppano a destra e sinistra della statale, quindi con stradine bianche strette e bitorzolute con continui inutili faticosissimi saliscendi e pericolosi attraversamenti della statale per andare da una parte all'altra e con un incremento della percorrenza
di almeno tre volte. Non ho visto ciclisti percorrerla ed io, dopo il primo tratto, ho proseguito sulla statale piuttosto ampia e non molto trafficata da non risultare pericolosa.

C'è un bar che sembra chiamarmi per uno spuntino con dolce e per smaltire al tavolino una stanchezza che mi assale improvvisa.Dormirò per un'ora!
E' pomeriggio quando riprendo la marcia. All'ingresso di Rovereto un grande supermercato mi consente di rifornirmi di beveraggi e tarallucci. Decido di continuare fino al prossimo paese perchè penso che a Rovereto, turistica, i prezzi possano essere troppo alti. Intanto il tempo sta cambiando
e grossi nuvoloni neri incombono minacciosi. E' stata una giornata lunga e faticosa e mi fermo
ad un complesso alberghiero al bivio per Falcade, la località sciistica.
Mi accordo con la signora. L'albergo è vuoto ma la camera confortevole e ne ho proprio bisogno.
Al risveglio piove! Cerco una pizzeria.


19 Agosto 2014 - 2° Seconda Parte – Bivio per Falcade


Piove a dirotto. Mi sono vestito come per partire e prendo la bici dal garage degli attrezzi.
Mi fermo sulla porta. Ho pagato il conto e aspetto che spiova.
Non lo fa. A mezzogiorno torno in camera a cambiarmi. Non posso proseguire.

Una giornata persa.
La pioggia non scema di intensità e sono relegato nell'albergo che in questa stagione è deserto.
La antica hall, la nuova è in un altro fabbricato, è molto ampia con comode poltrone rivestite di velluto rossiccio, il bancone della concierge in legno massiccio ha ancora alle spalle la cassettiera vuota delle chiavi delle camere;alle pareti, rivestite anch'esse in listelle di legno, appesi quadri e fotografie della valle di genere sciistico e montanaro, sui tavolinetti riviste datate, un grande lampadario centrale in vetro; sul pavimento immensi tappeti fiorati.
Nonostante la penombra in cui è immersa, la hall, illuminata solo dalla grigia luce esterna che traversa le porte d'ingresso e che sfuma i particolari, rende tuttavia l'idea di una sobria agiatezza.
Provo a rilassarmi leggendo un giornale su una poltrona ma l'atmosfera uggiosa mi crea sonnolenza.

Non c'è niente da fare e me ne torno in camera. Accendo la televisione e steso sul letto alterno sonno alla veglia. Ogni tanto do un'occhiata alla finestra : la pioggia insistente sta innaffiando in abbondanza il rigoglioso giardinetto fiorito, con vialetti per passeggiare.
In inverno con la neve e l'alta montagna di fronte imbiancata , ora quasi completamente coperta da nuvole nere e gonfie, il panorama sarà completamente diverso.

Verso il tardo pomeriggio smette di piovere. E' troppo tardi per ripartire. Avviso la signora che sosterò per la seconda notte. Esco finalmente per un giro del paesino: quattro case di numero
Niente di particolarmente interessante se non una casa in pietra del '700. esseri umani: tre!
Torno sulla statale alla ricerca di una pizzeria di cui avevo letto l'insegna, oltre un chilometro indietro, ma è chiusa; poco male mi è servito per camminare.
Consumo la mia pizza e birra in un bar del paesino: incrocio altre tre persone e leggo il giornale!


20 Agosto 2014 – 3° Seconda parte – Bivio per Falcade – Merano

Il cielo è ancora scuro ma perlomeno non piove. Non posso attardarmi ancora anche perchè ho l'ostello prenotato a Merano, che ho provveduto ad allertare di un eventuale ritardo.
Sebbene l'asfalto sia ancora bagnato decido di avventurarmi.
Ringrazio la signora per il caffè e rimontati i miei onerosi bagagli, riparto.

Trento è distante meno di quaranta chilometri: sono le dieci posso arrivare il primo pomeriggio.
La statale non è molto trafficata ma è piuttosto bagnata e questo mi crea apprensione specie lungo le discese. Ma non piove ed anche se mi bagno per gli schizzi della ruota posteriore, procedo con lena su una strada quasi completamente piatta, che scorre a lato dell'autostrada invece trafficata.

L'asfalto è ora asciutto ed anche se vento e nuvolaglie incombono la mia Bottecchia vola.
A pochi chilometri da Trento la statale si allarga consentendo alle auto velocità oltre i 100 e più di una volta vengo richiamato perchè non dovrei trovarmi lì. Mi viene l'ansia di arrivare e togliermi da una situazione di pericolo.
Ecco la zona industriale, dall'altra parte la città. Un paio di giri a vuoto e poi la dritta per la ciclabile
dell'Adige che mi porterà fino a Bolzano. Il cielo è ancora uggioso ma le nuvole sono più alte e appare qualche sprazzo di azzurro. Una bellissima ciclabile attrezzata risale sull'argine il fiume maestoso che comincia a mostrare le sue turbolenze correndo veloce e denso.

Filari infiniti di coltivazioni delle famose mele del trentino costituiscono il muro che quasi senza soluzione di continuità mi accompagnerà per i prossimi quaranta chilometri.
La ciclabile è trafficata di famiglie in bici che trascorrono il pomeriggio estivo percorrendola per brevi tratte. Qualche professionista testa la velocità della propria bici da corsa. Io procedo placido quasi senza sforzo. Sono contento dell'efficienza di questa terra.

Una deviazione improvvisa mi fa perdere l'orientamento: ho l'impressione che sto tornando indietro,
ma non è possibile perchè non sono mai uscito dalla ciclabile; tuttavia sto allontanandomi dal fiume. Attraverso una zona boscosa che non fa vedere molto, forse nasconde una area industriale,
una centrale idroelettrica, forse c'è una diga.
Vado avanti con un po' di apprensione ma ecco che la boscaglia si dirada e improvvisa la ciclabile riprende, ma forse non è più il fiume ma un canale laterale.
Le nuvole si sono finalmente diradate e la giornata è adesso più luminosa.

I cartelli segnano la distanza da Bolzano e sono una consolazione. Ma non si arriva mai.
Quando il traffico delle bici si intensifica capisco che siamo ormai vicini alla meta. Non è vero.
Mancano ancora dieci più cinque chilometri: interminabili.
La ciclabile si restringe in un lunghissimo vialetto, che ora costeggia una strada, immerso tra gli alberi. Una salitina, si attraversa la strada, un sottoponte, un viale: sono a Bolzano.

Tutte le volte che siamo venuti in trentino per sciare non abbiamo mai visitato questo capoluogo.
Ed anche questa volta non lo faccio.
Sono poco più delle cinque e Merano dista solo una ventina di chilometri: se riesco ad arrivare
recupero la giornata persa a Falcade di sotto. Anche se il tempo è ancora incerto, ogni tanto schizzetta, il cielo però si è aperto e tra un po' il sole spaccherà di nuovo.
Mi fermo in un bruttissimo centro commerciale in vetro e cemento, squallido e desolato per recuperare e consumare il mio panino.

Riparto per Merano. La ciclabile costeggia la ferrovia: piatta e dritta, e perciò volo.
Sono arrivato! Oggi ho fatto 112 chilometri e non sono stanco!

Di Merano, anche se solo sfiorato, non avevo un ricordo positivo. Decenni prima, nel favoloso viaggio in autostop con Franco, Roma-Londra, in una locanda in cui chiedevamo ristoro hanno simulato di non conoscere l'italiano e alle nostre richieste rispondevano in tedesco! Brutti crucchi.
Non si sono mai meritati di essere Italiani.

Dalla ciclabile l'ingresso nella cittadina è stato naturale, ed il centro non troppo lontano. L'indicazione dell'ostello mi ha guidato, evitando inutili domande. Traversato il ponticello in ferro sul tumultuoso Pfeiffer, curva a sinistra a costeggiare il torrente per un breve tratto, quindi a destra sul viale alberato e subito l'edificio moderno e ordinato dove ha sede l'ostello.
Una accoglienza degna, la ragazza ricordava la mail del possibile ritardo, efficiente e in dieci minuti
sono in camera, a due letti con balconcino, a farmi la doccia. Sono poco più delle 19.

Il mio commate è un tedescone grosso con cui scambio qualche parola in inglese: è gentile e mi offre di condividere la sua cena: formaggio e salame e vino rosso! Lo ringrazio ma preferisco una cena come si deve e la faccio nella trattoria indicatami. Ottima: spaghetti al pomodoro e spitzer.

Mi concedo perfino un gelato nella passeggiata tra i vialetti dedicati alla principessa Sissy, di cui
c'è una statua, che qui sugli argini del fiume amava trascorrere il suo tempo.
Atmosfera fin de siecle, ordinata, pulita, silenziosa.


21 Agosto 2014 – 3° Seconda parte – Merano Rutten

L'attraversamento della Val Venosta era stata oggetto di una attenta analisi pre partenza.
Le difficoltà altimetriche che avrei dovuto affrontare, la lunghezza del percorso, il superamento del passo Resia e l'incognita dei monti …..., mi avevano consigliato di non avventurarmi in quel tratto.
C'era addirittura una compagnia che trasportava ciclisti con le bici in pullman da Venezia, passando per Bolzano fino a Fussen ed oltre. Tuttavia al di la del costo e delle difficoltà di orario e logistiche, mi dispiaceva rinunciare all'impresa di attraversare in bici i 70 chilometri della Val Venosta ed i suoi caratteristici paesotti alpini.

Ma da Merano c'è un comodissimo e modernissimo trenino – il trenino del Val Venosta – che sosta in ognuno dei sette paesi della valle, per terminare a …...ai piedi del Passo Resia: da lì un comodissimo autobus di linea attrezzato per il trasporto delle bici, porta su fino al valico!
E' fatto apposta per i ciclisti che salgono e scendono a tappe o salgono in bici e tornano in treno:
consigliato da tutti. Non me lo posso far scappare.

Alle 10,30 colazionato e riposato lascio l'ostello e percorro il lungo viale alberato che porta alla stazione, che sembra quella dei giocattoli con il grosso orologio in alto. Arrivo un po trafelato perchè sono in ritardo ed il prossimo treno sarebbe tra un'ora. Acquisto il biglietto e consegno la bici che sarà trasportata con un pulmino alla stazione di destinazione: la mia è il capolinea....... Devo prendere l'acqua, manca qualche minuto e vado alla ricerca di un market che non può mancare intorno alla stazione: in breve rischio di perdere il mio treno. E invece no.

Seduto accanto ai chiacchiericci, in un misto di lingue e di argomenti, di decine e decine di turisti con cartine e commentari, in una carrozza nuova di zecca mi godo il panorama per la verità meno attraente delle aspettative: colline più che montagne. L'andatura del treno è fatta per ammirare il paesaggio.
All'arrivo ritiro concitato la mia bici dal van: il bus è già pronto e gli stralli per le bici sono limitati.
Questi bus hanno infatti a corredo posteriore un intelligente sistema di aggancio verticale delle bici.

L'autista si rende conto della mia neofità e mi da una mano ad agganciare la bici ( ho paura che mi si rovini, ma il sistema è super collaudato), devo però prima smontare i bagagli.
Questa volta il panorama della salita, impervia per quanto la strada sia ampia, è quello che supponevo: la vegetazione piano piano si dirada e rimane il grigio delle rocce dei monti tutt'intorno.
Alcuni ciclisti a gruppi o solitari stanno salendo con fatica, almeno in alcuni tratti.
Attraversiamo........con il caratteristico campanile che spunta dal lago che si è formato per ….....
: il paese come era è sommerso!

Al valico il bus ha il capolinea. L'autista mi allerta sui confini: siamo in Austria ed in Svizzera, e mi ragguaglia, se capisco bene, sulla necessità di pedaggi per percorrere le strade austriache: anche in bici! Mi indica perciò la strada che dovrò fare.
Scendo e sono solo. Un frequentatissimo autogrill lì in cima mi consente di prendere una gustosissima ciambella e succo di frutta: la fatica fatta in treno e bus va recuperata.

C'è una leggerissima salita e poi tutta discesa, aveva detto l'autista, ma io sono già al limite.
Incrocio un ciclista anziano come me che sembra enormemente soddisfatto di essere salito fin li'
e ci salutiamo. Subito dopo, fatto qualche decina di metri... oddio il precipizio!!!
Per sette interminabili chilometri affronto una discesa con 12 tornanti che si perde in una gola paurosa: dall'altro lato della strada ciclisti con rapportini al limite
si arrampicano pedalata dopo pedalata per questa erta credo io al 40%! Quando incrocio i loro sguardi il sorriso è un ghigno deformato dalla fatica. Il mio invece è deformato dalla …..paura.
Stringo fortissimo i freni col pensiero se si dovessero rompere: sono in verticale come su una pista nera da sci. Corpo a valleeeee.....L'ultima curva si lascia a sinistra la casetta di Martina, il confine
svizzero con l'Italia. Ma io sono già in Svizzera.

Su non posso tornare, in Italia neanche l'unica strada che posso percorrere è una statale che corre lungo il fianco della montagna. Mi rendo conto presto che lì non posso stare, le macchine anche se rade sfrecciano e passano anche camion e Tir: devo superare un lungo tunnel che per fortuna è finestrato ma è tutto in curva e non sarei visibile. Per fortuna non passa nessuno.

C'è qualche lunga salita ma con pendenze alla mia portata, qualche discesa; dopo una quindicina di chilometri la strada si raccorda con quella austriaca che scende dal valico di Resia. Questa è chiaramente una superstrada e nonostante la mia spacconata di voler raggiungere.......in bici, una coppia di tedeschi mi fa notare che sarebbe vietato e che la ciclabile è più a monte. Non do retta ma dopo meno un Km sono costretto ad uscire e tornare indietro al paesino.
Mi rassegno a prendere anche qui il bus e alla fermata ritrovo …..i due tedeschi (o austriaci?) di prima. L'autista, un giovane, non ha la stessa pazienza dell'italiano e mi sollecita a montare la bici: è il tedesco ( o austriaco) ad aiutarmi.

Scendo al capolinea con i crucchi e lì aspettiamo un nuovo bus in coincidenza. Persone salgono e scendono come su un bus locale; scendono anche i miei accompagnatori involontari che segnalano
all'autista la mia destinazione e dove farmi scendere per prendere dopo due ore l'autobus che mi porterà finalmente a Rutten, meta della giornata. Mi lascia in mezzo al deserto, se non fossi in mezzo alle montagne, e l'attesa oltre che noiosa è anche apprensiva: passerà l'autobus? Passa e si addentra in circoli ripetuti tra le montagne......bellissime: attraversa alcuni villaggi disegnati e arrivo finalmente a destinazione.

Mi preoccupo subito di trovare l'alloggio. Come solito il discrimine è il prezzo. Trovo una locanda un po' cadente ma con le mura esterne dipinte con le scene di caccia e di prati verdi tipiche.
Non vado troppo per il sottile, la camera è un po' squallida ed il bagno esterno, ma fuori è freddo e brumoso e sono ormai le sei, le strade sono vuote e come dice la canzone di Paolo Conte”....qui c'è un bagno caldo....”.

22 Agosto 2014 – 4° Seconda parte Rutten - Peiting

La colazione è inclusa e devo dire soddisfacente, anche se posso portare via solo un panetto di marmellata. Come solito accettano solo cash quindi giro e rigiro in cerca del Pos.
Pago, ringrazio e saluto. Risalgo la via principale e proprio sullo spiazzo dei bus c'è l'imbocco della ciclabile che mi porterà a Fussen: solo 15 Km.

Queste ciclabili in Germania sono il prototipo di come dovrebbero essere tutte le ciclabile d'Europa.
Ben segnate : qualora includano più itinerari questi sono tutti riportati ed ai bivi e alle biforcazioni
ci sono segnaletiche per guidarti. La segnaletica è importante perchè oltre la destinazione a breve e a lungo, riporta il codice della pista – per l'Augustea il codice è R4 – ed il chilometraggio; è separata dalla strada carrabile, che è vietata alle bici, e quindi è supersicura; l'asfalto è curato e segnato con mezzerie, separando dove incluso il percorso pedonale.
Per i lunghi percorsi, le ciclabili corrono a fianco alle statali, alternando la pista sul lato destro e sul lato sinistro. A volte, come mi è successo, la pista finisce al margine della......campagna!

In realtà l'Augustea – dal Po ad oltre Augsburg e di cui quest'anno ricorre il 2000esimo dalla costruzione, tanto celebrato in Internet – non è proprio ben segnata e per larghi tratti segue la storica
“Romantik rutte”.

La ciclabile di questa mattina segue un piccolo corso d'acqua e si insinua, tra piccoli villaggi e case isolate, in una boscaglia per poi sfociare in una ampia radura verde, vasta a vista d'occhio.
Sulla destra su una altura tra i monti, con mia sorpresa, il castello del principe Ludwijg di Neuchaiten: il castello di Disneyworld che avevamo visitato qualche anno prima. Solo non ricordavo che la cittadina fosse Fussen.

La pista taglia il prato a zigzag ortogonali, è domenica ed oltre a numerose bici e runners, dal cielo scendono paracudisti che centrano con precisione un bersaglio.
La giornata è assolata ma non fa caldo.
Soprattutto il percorso è piatto e procedo piacevolmente. Al termine della radura una svolta a destra
e la strada riprende il bosco ed il ruscello più sotto. Un movimento numeroso di macchine che tutte si dirigono ad un parcheggio desta la mia curiosità ed un ragazzo con due figli mi informa che quello è un posto per vacanze: il ruscello forma una cascata caratteristica, si mangia e si balla, si fa trecking nel bosco. Ideale per bimbi e ragazzi, che sono infatti numerosi.

Mi fermo per scattare qualche foto ma il mio intento è di proseguire.

Arrivo nel primo pomeriggio ad un incrocio plurimo, isolato nella campagna. Nonostante le indicazioni non riesco a trovare la direzione. Faccio un paio di giri e poi desisto. La cittadina che dovrei raggiungere è Pfeitning, e senza il soccorso di una valente ciclista non ne sarei uscito.
La ragazza mi guida fino all'ingresso della cittadina.
Ingordo mi faccio allettare da un segnale che indica la distanza in 5 Km a …......., la famosa cittadella medievale. Perdipiù è tutto in discesa ed in un lampo sono arrivato.
A piedi spingo la bici sulla salita che attraversa il fossato e la porta del castello, ed inizio la ricerca dell'albergo.

Niente da fare.
Anche volendo pagare 80€, sembra proprio che non ci sia posto. Non ho alcun aiuto dall'Ufficio Turistico per solito efficiente. Devo tornare a Pfeitning, ma questa volta il tratto è in salita ed è più tardi e mi sono innervosito. Fortunatamente proprio all'ingresso del paese un ristorante- albergo
che non mi lascio sfuggire. Il proprietario, un ometto di mezza età d'altri tempi rubicondo e cordiale, mi prende in simpatia e mi concede la camera. Si chiama Johan, Giovanni, come me
e su questo abbiamo di che complimentarci. Conosce Roma, parola magica che apre tutte le porte,
e l'Italia ed, anche se io vedo tutti i tedeschi di una certa età con la divisa della Vermacht,
a me dimostra simpatia.

Un ottimo gelato per concludere la serata. I proprietari della gelateria sono dei ragazzi italiani!

23 Agosto 2014 – 5° Seconda Parte – Pfeitning - Augsburg

La mia camera è in una ala un po' dismessa del caseggiato, sopra il ristorante, ma è ampia e luminosa con tutte le cose al proprio posto, e perciò mi consente una buona dormita.

La colazione è nella sala breakfast, che raggiungo dall'esterno: è una sala grande ma non troppo ed arredata in modo accogliente. Ampie finestre fanno entrare la luce di un'altra bella giornata ;
gli altri avventori , per lo più coppie anziane, sono già al loro tavolo. Il mio è già pronto ed una solerte cameriera mora in divisa e crinolina mi chiede l'ordinazione.
Ovviamente la colazione è di stile anglosassone con salsicce e formaggio: c'è un uovo alla coque
nel suo contenitore. Non l'ho mai mangiato così e chiedo lumi su come farlo. Per evitare una figuraccia rinuncio. Peccato. Come solito, data l'abbondanza, faccio provviste per il viaggio.....

Saluto John, pago e preparo la bici, ma prima di lasciare faccio un giro della cittadina e scopro con grande sorpresa e soddisfazione la traccia dell'Augustea con tanto di monumento e targa dedicata:
è il primo segno dopo oltre mille chilometri! Quindi sono sul percorso giusto.
Riesco a fermare una ragazza per immortalare il momento.

La strada per i primi chilometri è tutta in discesa e vado con il sole in faccia.
La ciclabile fiancheggia la statale a sua volta immersa nel bosco.
Supero …...., e dopo poco si apre una ampia radura. La strada corre rettilinea fino al limitare del bosco successivo. Il cielo si è coperto ma non in maniera minacciosa. Raggiungo e vengo superato da gruppi di ciclisti, che non sembrano avere l'aria di vacanzieri: forse usano la bici per spostarsi da un villaggio all'altro. Questi infatti si susseguono distanziati e quasi identici. Silenziosi campagnoli ma ricchi, i campi intorno sono tutti coltivati, si sale per la chiesa di stile ortodosso con il tetto nero a spiovere molto accentuato, nevicherà'? , la facciata a listoni di legno bianco/grigio il portale anch'esso scuro centrale: il solito giardino ben messo e fiorito a contornare. Poi la strada ridiscende.

Non c'è anima viva in giro: ogni tanto qualche trattore enorme.

La bici va col vento. Le indicazioni mi guidano senza bisogno di cartine. Ancora un bosco e l'asfalto lascia il posto allo sterrato che mi crea un po' di apprensione: una striscia tra gli alberi.
Comincio ad incrociare persone e bici. Il sole è di nuovo alto. Il numero di humanbeen si incrementa, ritorna l'asfalto, alcune case, sto fiancheggiando un river importante. Esco su un ponte romanico! Sono a ….... il fiume è il …..
Scatto un paio di foto e consumo uno spuntino. Non mi va di fermarmi a visitare anche perchè
prenderebbe troppo tempo. Riprendo perciò la marcia, ma dopo poco mi fermo perchè non c'è più alcuna indicazione della pista ciclabile, la strada si inoltra in mezzo a caseggiati e villette a schiera. Non c'è anima viva, anche perchè sono le due, e non so a chi chiedere la direzione giusta. Faccio avanti e indietro nella via delle villette e vedo un signore che si è appena affacciato a prendere un oggetto nel suo giardinetto.

Incredibile, ma vero, il signore che è uscito in giardino è lo stesso a cui avevo chiesto notizie a Fussen sull'assembramento!!!! Come sia stato possibile a oltre 50 km di distanza, in una stradina
semiprivata, vuota di esseri umani, che la persona, che avevo già incrociato un giorno prima per caso, fosse la stessa che casualmente uscisse in giardino mentre io disperso passavo cercando lumi, è un fatto che attiene al mistero! Dopo un attimo di reciproco spavento per esserci riconosciuti, increduli alla fortuità del caso, avrà pensato che l'avevo seguito con male intenzioni, mi fornisce le informazioni corrette: dal ponte è sull'argine sinistro che prosegue la ciclabile.

Ancora incredulo, torno indietro e prendo la via giusta con tanto di indicazione per Augsburg: non posso più sbagliare. La pista che si avvicina e si allontana dal fiume, prosegue sterrata nello stesso bosco da cui ero arrivato. Poi ne esce e si trasforma in un lungo rettilineo asfaltato che attraversa paesetti silenziosi. E' primo pomeriggio e la bici va da sola. Ogni tanto incrocio il segnale della “Romantik rutte”. Arrivo ad una rotatoria che immette in una autobhan: c'è una sola via per me ma
è contromano: nessuna indicazione della pista ciclabile.

Dopo aver fato un paio di giri prendo l'unica strada possibile e mi ritrovo su una strada molto ampia
con il cartello di 4 km ad Augsburg! Sono contento per l'ardire e per la buona sorte: mi sarei potuto ritrovare in autostrada! Poco più avanti le rotaie del tram segnalano l'avvicinamento alla città.
La pista costeggia sulla sinistra un folto bosco ma il rettilineo non finisce mai. Non ho l'indirizzo dell'ostello che avevo prenotato ma per strada non c'è nessuno e si sta rannuvolando. Vado verso il centro, supero un paio di rotonde, mi fermo al semaforo. Chiedo per lo “jugendeberge” ma senza successo. A sinistra c'è l'indicazione di un ostello per la gioventù: credo di essere arrivato.
E' al primo piano, sono costretto malvolentieri a lasciare la bici incustodita. Chiedo della prenotazione ma non è il posto giusto né sanno indicarmelo. Chiedo per una camera, ma vedo che la frequentazione è losca....non mi fido, riprendo la carta di identità e torno a prendere la bici.
Piove a dirotto. Sono bloccato. Per fortuna dura poco e per ulteriore maggior fortuna allo stesso incrocio di prima, ma in direzione diversa, leggo il cartello dello Jugendeberge!
E' un attimo e sono sotto la doccia. Una bella camera a quattro letti: sosterò due notti.

Ho perso la carta di identità!!! Ho il passaporto ma questa è una disdetta.
Torno di corsa all'ostello sbagliato ma non è lì. Incolpo tra di me i brutti ceffi che avevo incontrato all'androne e che mi avevano fatto temere per la bici, ma non ci sono più. Risalgo la strada in su e in giu',se mi è caduta il forte vento potrebbe averla sospinta, ma è ancora bagnato e sotto il marciapiede è tutto un rivolo. Mi rassegno anche perchè sta facendo buio.
Ora dovrò fare maggiore attenzione

Sto finendo i soldi e quindi ceno con i panini della colazione. Poi esco e faccio un giro per il quartiere della residua zona anteguerra.


24 Agosto 2014 – 6° Seconda parte – Augsburg

Il programma prevede un giorno di sosta per visitare questa importante città storica.
Augsburg infatti, non solo è uno dei transiti più importanti della Augustea, ma era uno degli avamposti romani della ….....: mi aspetto perciò di trovare importanti testimonianze e vestigia dell'epoca romana.

Purtroppo Augsburg, come tante città tedesche, è stata rasa al suolo letteralmente durante la seconda guerra mondiale. E' stata ricostruita sulle rovine: una parte del Duomo e la
via dei Signorotti si sono parzialmente salvate dalla distruzione e lì intorno hanno cercato di ricreare il centro storico. Le vestigia romane sono perciò racchiuse in un museo e solo una grande statua di Augusto è visibile dall'esterno. Anche il Dom non è visitabile (forse è tardi).

Alle spalle del duomo è intatto il vecchio quartiere ebraico: affacciate ad un canale case strette e lunghe come in Olanda, con le mura imbrunite e il selciato per le vie. Tutto il quartiere sembra essere un centro culturale intorno alla casa natale di Bertold Brecht di cui troneggia una statua in bronzo, anch'essa scurita.

La via principale che conserva caseggiati del '700, oggi adibiti a ristoranti e centri benessere, è una strada ampia con i negozi dello shopping attraversata dalle rotaie del tram. Corre dal duomo ad un convento di …... . Entro nella chiesa enorme e resto stupito. Tutte le pareti e l'abside sono affrescate con figure in tonalità pastello molto accese, contornate da fregi e stucchi dorati e bianchi.
L' altare ha un trionfo enorme dorato con grossi candelabri e sfoggio di marmi ed un grande Cristo
in croce appeso al centro che scende dal soffitto.

Alle spalle un grande organo con tre file di alte canne metalliche suona una musica da chiesa ininterrottamente, creando una atmosfera mistica e suggestiva. E' tutto pulito e pochi sono i turisti.
Tutta la coreografia è ovviamente moderna e potrebbe sfiorare il kitsch, se non fosse per l'aurea cristallina e di nettezza che inspira. Faccio foto a non finire per andare a studiarmela meglio su Internet. L'esterno non ha niente di particolare se non un ampio giardino ghiaiato.
Avevo letto che l'Augustea passava per il bosco che ho costeggiato nell'entrare in città: mi dirigo lì per cercarne le indicazioni. C'è si un cartello ma niente di più, Notevole invece il bosco che si estende per almeno 15 Km in lunghezza, con sentieri sterrati ben delineati in cui corrono runners e bikers. Il bosco è attraversato da un torrente nervosetto e poco più avanti è stato costruito uno stadio
con il percorso agonistico per kajak e canoe: qui si sono svolte le gare olimpiche del.....
Tutto è ordinato e ben tenuto, con le panchine e punti di ristoro e di aggregazione (club).

Percorro il bosco in lungo e in largo e rientro città. Mi concedo una pizza e birra, dopo aver vagato per ore alla ricerca del posto giusto, e per terminare un bel gelato che mi confeziona un ragazzo....italiano. Chissà perchè tutte le gelaterie in germania sono gestite da italiani!

25 Agosto 2014 – 7° Seconda parte – Augsburg – Dachau

Da qualche tempo sto cercando di acquistare una copertura per il trasporto della bici. In Italia è molto costosa, spero non lo sia qui. Mi indicano infatti un centro commerciale appena all'uscita della città in cui c'è un enorme rivendita di bici e accessori. E' fuori itinerario ma mi faccio tentare.
La rivendita è infatti molto grande, c'è tutto, ma i prezzi non sono quelli che cercavo.
Riprendo la mia strada.

Per completare l'Augustea dovrei arrivare a ….....40 Km a nord. Decido invece di dirigermi verso Munchen con sosta a Dachau.

L'uscita dalle città è sempre problematico. L'intrico di autostrade e strade di servizio ai poli industriali delle periferie, con cartelli che indicano la stessa destinazione in tutte le direzioni , sono ogni volta un rebus da risolvere. Per fortuna dopo poco imbocco la statale giusta con la sua ciclabile a lato ed un bel cartello giallo che mi dice che Dackau è appena a 27 Km.

La strada è un susseguirsi di su e giu' ma mai troppo impegnativi. Alterna ampie distese di campagna senza alberi, ai soliti paesotti – ognuno che brandisce il suo alto gonfalone a strisce bianche e azzurre contornato dalle figure scolpite a testimoniare le attività e le abilità locali.
Contrariamente al solito, qui si vede un po' di movimento di gente e di macchine.

Mi colpisce un cartello, scritto in tedesco e perciò a me incomprensibile, che riporta un qualche
riferimento all'acqua: non capisco se sono colonnine antincendio oppure il terminale per il paese le di qualche centrale idroelettrica.

Arrivo all'ostello di Dachau, prenotatomi dalla ragazza di Augsburg, nell'orario di chiusura di metà giornata. Devo aspettare una mezz'ora. Con me aspetta anche un signore sulla cinquantina in vacanza in solitaria in macchina. E' un po' ambiguo; sparso nel portabagagli il suo bagaglio che
raccoglie in una sacca. Scambiamo qualche parola, ma poi la ragazza ci assegna la stessa stanza.

La camera a due letti ampia con i soffici piumini leggeri e caldi. Doccia come si deve.
L'ostello è ultramoderno e ultrapulito. Si articola su due piani con ampie scalinate opposte
C'è una ampia sala breakfast, una sala conferenze, quella per le proiezioni, una biblioteca. Depliant sul campo.
Il turismo della “rimembranza” crea ricchezza, per le stesse persone, e/o i loro figli, che non si erano accorti di niente.
E noi? Ci saremmo accorti? E se pure, avremmo denunciato? Che cosa? A chi? Quanta falsa ipocrisia.

L'ostello sembra vuoto. La pipinara è attesa per i prossimi giorni. Il tizio è andato in lavanderia, ma poi consumiamo insieme la cena. Ha un problema di respirazione e per la notte si deve attaccare ad un tubo per l'ossigeno.


26 Agosto 2014 – 8° Seconda parte – Dachau – Munchen

Il percorso che dalla città approccia il campo è lo stesso che percorrevano i deportati sia in arrivo alla stazione, che al ritorno dal lavoro. Un ampio giardino con diversi vialetti riporta su pale segnaletiche foto e descrizioni dell'odissea di questi poveracci.

Ci si poteva accorgere? Ci si poteva chiedere che fine facevano quelle centinaia di migliaia di persone che arrivavano con il treno?
E se fossimo stati noi? Ce ne saremmo accorti? Avremmo denunciato? Che cosa? A chi?
False ipocrisie.

Il campo dista un paio di chilometri e costeggia le mura di alcune fabbriche.
Il cancello, non l'originale, riporta la frase “ Arbright.........” (il lavoro nobilita) che per quello che
succedeva là dentro era un ignobile insulto a chi di lavoro sopravvive.

Ero già stato a Dachau . La lunga distesa spoglia con le fondamenta delle baracche in legno ben
allineate ed ordinate e giù in fondo i due prototipi, ricostruiti. Percorrere quell'interminabile viale sotto il sole sulla ghiaia grossa , lascia un senso di angoscia e sgomento. Alle spalle il monumento dell'olocausto con nomi di deportati inceneriti. C'è anche il monumento della chiesa cattolica e quello degli zingari.

Sulla sinistra i forni crematori con le stanze per le “docce” da cui usciva il gas.
“Ad Auschwitz c'era la neve e il fumo saliva lento, nel cielo tante persone che ora sono nel vento”

Il museo non è più come lo ricordavo. Sono stati rimossi gli oggetti che appartenevano ai deportati:
le divise a strisce così sinistramente famose, le pile ammassate di valigie di cartone, gli oggetti personali sequestrati, i capelli......
Ora è tutto più asettico più impersonale: ampi pannelli con fotografie, cineforum ad orario, ancora pannelli descrittivi, per stanze e stanze. Ho chiesto ragione, mi hanno risposto per l'igiene e mi hanno assicurato che è tutto correttamente conservato......in anonimi magazzini!
Quando si dice l'efficienza tedesca.
A me il sospetto che forse l'impatto con quei residuati poteva sconvolgere ancora oggi di più le coscienze.

Alle spalle del museo le prigioni! Non le avevo viste prima e sono rimasto impressionato:
celle due per due dove il malcapitato non aveva la possibilità di sdraiarsi e doveva rimanere in piedi! L'orrore non finisce mai e l'abiezione dell'uomo, la miseria e la viltà nemmeno........

Quindici chilometri mi separano da Monaco. La mente al campo, facile il percorso.

In breve sono nella periferia industriale di Monaco con le enormi e modernissime fabbriche della BMW e della Audi una appresso all'altra, nell'orario di uscita con gli operai liberati a frotte.. .

Il cielo si è rannuvolato e cade qualche goccia, mi aspetto di essere arrivato ma il percorso è ancora lungo. La ciclabile si inoltra nel bosco ed incrocia altri percorsi .Non so più dove andare e temo di fracicarmi. Un ciclista mi rassicura, seguire il sentiero. Esco all' Olimpya Stadion: un'altra perla
dell'architettura. Questo l'ho vissuto in prima persona nel 1970, e ci sono tornato varie altre volte.
E' così familiare che mi sento a casa. Ma devo arrivare dall'amica di Ele, la cuoca Valentina.

Le indicazioni sono precise ed in una stradina interna al …..., trovo il bar dove lavora e dove abbiamo l'appuntamento. La ragazza al bancone è molto carina ma non è Valentina. Arriva poco dopo prorompente. Forse mi vede sciupato e mi offre un ottimo strudel fatto con le sue mani!
Il motivo dell'incontro è che le mie carte non sborsano più soldi, ed ho chiesto un prestito di 100€ da ripagare con bonifico. Arriva anche il fidanzato di Valentina – un bel ragazzo con barba che fa l'attore e regista per teatro. Mi sorprende il coraggio di questi due ragazzi di rinnovarsi in una
situazione estranea. Mi danno anche le indicazioni per un ostello a poco, la strada dietro la stazione.

Ringrazio commosso e mi congedo.

L'ostello che mi hanno segnalato lo trovo subito è enorme su cinque o sei piani: c'è un caos indescrievibile di ragazzi e ragazzine che corrono si rincorrono strillano e si chiamano. Il posto per me c'è. Dovro' restare tre notti poiché ho il treno prenotato da Roma – per evitare di non trovare posto.

La camera ha sei letti a castello. Una confusione di zaini valigie scarpe e vestiti a terra e sui letti.
E' mista, quindi dormono anche delle ragazze. Tutti i posti occupati ed igiene......
Per fortuna c'è un ampio balcone ed il mio posto libero è proprio lì accanto.


27-29 Agosto 2014 – 9° Seconda parte – Munchen Roma

La permanenza a Monaco è stata tutt'altro che esaltante.
Girare in bici ha sicuramente agevolato gli spostamenti, ma la decisione di non fare il turista e visitare chiese e musei ha determinato una noia mortale in attesa della partenza.

Ricorderò perciò solo alcuni degli spostamenti di quei giorni.

La stazione ferroviaria. Grande moderna pannellata. Un viavai continuo di gente dalle entrate laterali e da quella principale. Negozi , per lo più per mangiare e di abbigliamento.
Il mio biglietto non poteva essere cambiato (per anticipare la partenza)
All'interno ed all'uscita principale, posta in una piazza trafficata da auto e tram, poveri cristi ubriachi e sporchi si aggirano, alcuni barcollanti, in cerca di espedienti ed avvenimenti: la guardia infagottata nella sua divisa iperaccessoriata vigila impotente.
Non un bel posto dove passare il tempo.

MarienPlatz. Eravamo tutti accalcati al lato della chiesa eccitati in attesa del passaggio della maratona. Sembravamo tutti fratelli, ma evidentemente non lo eravamo : ce lo hanno ricordato gli attentatori. Oggi sono tutti radunati sotto il campanile per assistere, ma soprattutto fotografare, lo spettacolo del ricco “Carillon”.
Nel mio vagabondare, subito sotto, scopro la via condotti di Monaco..... gioiellerie e firme di abbigliamento, per lo più italiane. Mi soffermo a fotografare alcune creazioni orodiamantate: le farò vedere a Fortuna. Un commesso attempato ed elegante si insospettisce, il mio aspetto? , e mi chiede ragione delle foto. La mia versione, amante dell'arte orafa, sembra convincerlo. Non una bellissima figura in quella strada elegante con limousine in sosta in attesa dello shopping di velate, o truccatissime, acquirenti arabe.

Il Market. Uscendo da MarienPlatza si incrocia questa bella piazza che fa mostra di banchi e bancarelle di ortofrutta e spezie e confetture. Numerosi bistrot ristoranti offrono ristoro con wurstel crauti e soprattutto birra. I loro menu' strillati su variopinti cartelloni sono accattivanti.
A sedere sul posto o a portar via. Sono tentato ma la mia penuria mi trattiene. Mi farò una birra.

Ma non di quelle sfuse lì offerte, troverò una Peroni da 66.
Inizia una peregrinazione tra supermarket e negozi alimentari: decine e decine di tipi diversi di birra, analcolica, al limone, sprite, e bibite di ogni genere, ma nessuna birra normale.
Trovo finalmente in un bar una lattina di Heineken da 50, Costa un botto, ma non posso rinunciare.
Non sono soddisfatto. Nel paese della birra non sono stato capace di trovarne!!!

Situazione analoga alla Birreria Augustiner.
In atmosfera da Octoberfest, un vasto giardino pieno di tavolini e panche all'aperto, banconi di legno massiccio all'interno, tavolacci e tavolini, intrico di sale e di avventori , odori diffusi di cavoli e kartoffen, aria fumosa e appiccicaticcia, fraulein in costume alle spine a riempire boccali di bionda e di bruna, camerieri in calzoncini corti con pattina ricamata alla bavarese si aggirano frenetici tra i tavoli pieni di tedesconi e tedescone chiassosi e rubicondi. Spezialitat del giorno segnata, prezzo
incluso, con gesso su lavagnette nere. Sarebbe bellissimo partecipare a quella festa colorata.
La birreria è sulla strada che dall'ostello porta alla stazione e poi al centro. L'ho percorsa avanti e indietro, tutte le sere. Tentato sono entrato ben due volte: la prima volta sono stato letteralmente ignorato e sono rimasto divertito a godermi quell'umanità. Un'altra volta non c'era un predellino libero, ne' fuori ne' dentro, gente prenotata in piedi ad aspettare il proprio turno. Niente birra!!!!

Il bosco di....... E' esteso per qualche decina di ckilometri ed all'interno scorre l'Isaar: anche questo già visto con gli ampi prati verdi alla Blow up, ed i ragazzi appesi al sottoponte a contrastare la corrente dell'impetuoso, in quei tratti, fiume.
Con la bici ho però la possibilità di percorrerlo per esteso ed è quello che faccio. Perdo presto l'orientamento perchè vorrei arrivare alla Casina Cinese, segnata da tutte le parti.
Ci arrivo dopo vari giri: questa parte del parco è molto più mondana e frequentata. La casina è una costruzione in legno molto grande che raccoglie intorno a se caffè, giochi e rent-bike.

Arrivo al Centro Commerciale di …... perchè sto pensando a come impacchettare la bici.
Dovrò comprare un telo ed inserire le ruote smontate in capaci borse di plastica. Rinunciato a comprare il carrier della bici, sono quest'ultime che cerco, ed approfitto della mia tenuta per chiedere e spiegare ad allibite commesse la mia necessità. Il centro ovviamente ospita tutti i brand popolari più famosi e così alla fine, riesco nel mio intento: ho le buste capienti per le ruote!!!!

All'ostello faccio conoscenza con un ragazzo tedesco ma di origini mediorientali. E' a Monaco per cercare lavoro: è molto sicuro di se è laureato ed i suoi interessi sono in ambito finanziario.
“Offre” le sue competenze a banche e agenzie di investimento, e deve attendere ad un paio di colloqui di lavoro. E' cicciotto e simpatico, mi sembra un po' montato.
Seduto al balcone della stanza noto a terra una specie di sigaretta avvoltolata: è di sicuro una “canna” . Non la raccolgo. Sento gli ospiti, ragazzini, del piano di sopra che la stanno cercando
freneticamente. La faccio notare al mio coinquilino che si china subito a raccorgliela, guardandosi bene dal restituirla a quelli di sopra. E' per se!! Disapprovo per la canna e per l'appropriazione.

Oggi vorrei fare un giro per il parco dell'Olimpia Stadion. Già da subito è stato un punto di aggregazione per turisti e tedeschi: ricordo gli spettacoli serali nell'anfiteatro nei giorni precedenti
l'inizio dei giochi. Ma anche, in occasioni successive, la massa enorme di tifosi del Bayern per una partita di campionato, oppure i picnic consumati sulle panche apposite. C'è un lago con anatre e cigni, lievi colline e chilometri di piste percorsi ad ogni ora del giorno da runners e ciclisti o semplici passeggiatori. C'è anche il museo …...
Le mamme e le tate ci portano i bambini a giocare.
Ci sono le panchine. Come un vecchietto imbarbonito ho preso dalla sacca il panino che mi ero fatto a colazione e la birretta bella fresca che mi ero presa al centro commerciale.Forse mi sono pure un po' appisolato......Non una conclusione degna.
E' arrivato alla fine il giorno, anzi la sera della partenza.
Mi sono avviato per tempo con tutto il mio carico per il binario: il treno originava da Monaco e quindi hanno aperto con oltre mezz'ora di anticipo. Ho avuto perciò tutto il tempo di smontare le ruote delle mia Bottecchia, e metterle nelle buste, ho girato il manubrio, non i pedali che creavano ingombro, e ho tutto avvolto nel telo chiudendo con il cordino verde. Non un gran lavoro ma la assistente di carrozza è stata così gentile da mettere la bici in uno scompartimento chiuso.
Ho potuto viaggiare, e dormire, tranquillo fino a Roma! All'arrivo c'era Fabrizio ad aspettarmi.