10 Luglio 2016 - 1° Parte – 1°
Tappa – Roma – Rignano Flaminio - 50KM
Siamo appena tornati dalla Sardegna.
Sull'agenda la domenica non è quasi
segnata: infatti che si fa di domenica di importante da non
dimenticare? Niente. Si parte.
Come solito una partenza forzata,
perchè altrimenti non sarebbe stata. Una preparazione improvvisata e
senza programmazione perchè ogni volta che ci siaccingeva c'era
sempre qualcosa di più urgente da fare.
Perciò viaggio delineato solo a grandi
linee, la meta mitica e possibile solo come provocazione, tappe
appena abbozzate, nessuna prenotazione, pochi soldi da
spenderci.....ma una consapevolezza:
che sarebbe potuto essere l'ultimo del
genere, e quindi l'impresa doveva essere epica, memorabile!
E così il viaggio di quest'anno è
piuttosto ambizioso:
una volta a Berlino vorrei arrivare a
Copenhagen e poi ad Oslo. Da lì in qualche modo – treno, rent a
car, oppure il postale dei fiordi, bello e impossibile – arrivare a
Tromsoe e Capo Nord!...
Ho deciso di partire subito per avere
tempo sufficiente per fare tutto il percorso che mi sono prefisso e
raggiungere la meta alla fine di Agosto per tentare la fortuna di
vedere le aurore boreali.
Preparativi non frenetici ma
affrettati: medicine, pagamenti, tendina da recuperare da Eva – la
mia
rubata in Spagna – da ultimo ci si
era messa anche la spedizione di quel materiale così prezioso dato
via per una miseria!
Fra mi avrebbe raggiunto lungo il
percorso. Forse. I suoi molteplici impegni necessitavano di
selezione. Anche Dino si sarebbe voluto aggregare, almeno per una
parte del percorso: l'eco dell'impresa!
E' una giornata accaldata.
Con l'aiuto “prezioso” della mia
figliolina monto la bici: ho la sensazione che sia troppo carica.
Arriva Eva che saluto al volo: Fra vorrebbe sottrargli la catena
antifurto, perchè la mia è effimera!
Voglio sottrarmi al teatrino, saluto
Fortuna che vorrebbe farmi una foto ricordo - ma non riesce – una
pedalata e via!!! Sudore stanchezza e irritazione spariscono come per
incanto.
La strada è ormai collaudata: Tor di
Quinto Labaro e PrimaPorta.
Dopo aver fatto un pezzo di salita,
sbuco sulla Flaminia che non lascerò più fino a Fano.
Approfitto della fontanella che usano i
fiorai del cimitero.
E' una lunga sosta ristoratrice che ci
voleva perchè è mezzogiorno ed il caldo si fa sentire; d'altra
parte ho già percorso 20 Km.
Riprendo la marcia. In questo tratto la
Flaminia costeggia la linea ferroviaria.
Supero il bivio per Sacrofano e
l'elenco dei paesini della cinta a nord di Roma che conosco a
malapena: Riano, Castelnuovo di Porto, Morlupo, Rignano Flaminio.
La meta di oggi, la prima tappa, è
Civita Castellana. Non c'è molto traffico e se non fosse per il
caldo ma soprattutto per le salite, inaspettate, che per quanto non
impossibili mi stanno sfiancando,
sarebbe una ….bella giornata.
Infatti superato alla bella il bivio
per Sacrofano mi ritrovo ad affrontare la salitella d'ingresso a
Castelnuovo e, come una tentazione, c'è un bel supermarket che mi
sta aspettando. Non ho nessuno che mi rincorre, fa caldo, è ora di
pranzo----mi fermo! La gentile signorina mi consente di parcheggiare
la bici ed il suo carico all'interno, così posso fare un po' di
provvista di acqua succo e dolci. Mi siedo al tavolino del bar chiuso
e consumo il mio....riposo, allietato dalle chiacchiere di tre
operatori del market in pausa pranzo
che, come solito, disquisiscono di manager e mansioni.
Il posto è ventilato e non può che
far piacere, ma sono costretto a riprendere: la meta odierna, un po'
ambiziosa per la verità, è ancora lontan.
Riprendo la marcia, ma forse il caldo
e la fatica inaspettata del percorso mi rallentano fino a dovermi
fermare sulla corsia opposta alla ricerca di un po' di refrigerio
all'ombra di una pianta.
Le previsioni davano 40° all'ombra!
Figurati al sole : li sto sentendo tutti.
Sono costretto a spingere la bici in
salita a piedi, e da una delle poche macchine che passano mi gridano
“sei matto. Fa troppo caldo....”! Forse.
Supero Morlupo ed una serie di
agglomerati urbani che paiono tutti puliti e ben ordinati, ma
soprattutto disabitati. Il tempo sta cambiando. Anche questo era
previsto.
In fondo, intorno alla sagoma del Monte
Soratte si stanno accumulando nuvoloni neri, si è alzato un leggero
venticello ed ha rinfrescato; ho appena superato Rignano Flaminio e
sono stanco, sono
quasi le cinque e decido che per oggi
basta. Un ragazzo di un bar mi dice che proprio sotto alla curva c'è
un B&B. E' la mia meta odierna.
E' una villetta senza pretese. Entro e
invado l'intimità di una scena di casa con madre e figlio che sta
facendo i compiti al tavolo di una grande cucina. La signora
Antonella, una ragazza cicciotta di poco più di trent'anni, è
sorpresa come di chi è colto con le mani nella...farina, ma alla
mia richiesta di un pernotto si rivitalizza subito ed assume
l'aspetto....ufficiale. Le racconto le mie esigenze pecuniarie e ci
accordiamo subito, mentre mi mostra l'appartamento, con giardinetto
un bell'atrio una bella e ampia camera ed il bagno. Un po' umido,
arredato con gusto un po' grossolano, ma va benissimo! Da lei si
fermano molti cicloturisti come me, perlopiù stranieri.
Mi spiega che la zona è di passaggio
per le escursioni a S.Oreste, paese in cui sono stati ritrovati
resti di età preistorica relativi al culto del dio venerato sul
Soratte, monte che tra le tante curiosità custodisce i “bunker
ipogei”, rifugi antiatomici fatti costruire durante la Guerra
Fredda tra Usa e Urss per preservare i componenti del governo. Oggi
sono diventati un museo.
Molte ancora le leggende storiche del
paesino abbarbicato sul monte, come quella dei “camminatori sui
carboni ardenti” durante le celebrazioni del culto del dio Soranus;
la signora mi invita ad andare ad
esplorare. Certo c'è una bella salita ….. Ringrazio, non è il
caso, forse domani, e mi rifuggo in bagno a fare una caldissima lunga
doccia.
Ho ancora qualche taralluccio e riserve
per cenare, mi guardo la televisione e mi addormento.
11 Luglio – Prima
parte – 2° tappa - Capannacce ( S.Oreste ) - Narni Scalo
- 48KM
Una notte un po' disturbata, ma un
mattino luminoso fresco, basta affacciarsi al giardinetto.
Ha piovuto, sia nel pomeriggio che
nella notte ed ha “lavato tutto” : il cielo è terso e l'aria è
pervasa dal tipico odore di terra
bagnata.
La signora è subito lì, davanti al
cancelletto bella pittata, che aspetta le mie preferenze
per......... la colazione e si presenta subito dopo con il
caffellatte in tazza grande d'altri tempi. Ottimo per me.
Ho bisogno di una chiavetta a brucola
per montare la borraccia e la signora si presenta con un set mezzo
arruginito. E' la cifra del B&B : funzionale ma mal tenuto.
Basterebbe poco.
Devo però riconoscere la simpatia e la
familiarità di trattamento.
Conosco anche la madre, una signora
avanti con l'età, che si meraviglia della mia meta!
Parto che sono quasi le 10,30, un
orario che si ripeterà quasi con costanza lungo tutto il viaggio.
Alla volta di Civita Castellana. Mi
aspetta una piacevolisima sorpresa: non solo l'aria fresca e pulita,
ma il percorso è in lieve pendenza e
per lo più ombreggiato, così arrivo in vista di Civita in
brevissimo tempo e senza alcuna fatica. Al contrario godendomi questi
12 chilometri : sono partito infatti dal Km 44 della via Flaminia.
La rocca di Civita si erge in alto
sopra i contrafforti dei tornanti che non mi sogno neanche di
scalare. E' curioso: è la terza volta che scrivo un itinerario che
include Civita ma poi non ci sono mai passato. Ora sono proprio ai
piedi e non mi azzardo a salire. Dovrò venirci in macchina!
Prendo la strada sulla sinistra, una
discesa ingannevole perchè subito dopo la curva anche questa si
inerpica e sono costretto a fermarmi. Poco male, mi rinfresco e
riprendo.
Quasi in cima incrocio una bella
brigata in bici, l'ultimo pedala senza mani e senza fatica, beato
lui.
Traverso il ponte sul Tevere e mi
fermo di nuovo ad una cascinale: nascosta c'è una piccola fontanella
di acqua freschissima. Qui le traverse si chiamano “vocabolo” e
richiamano alla mente il monastero medievale con contrade e
contadini: qui la Flaminia attraversa una piana di campi coltivati.
Di nuovo una salita ma poi la strada
spiana e vado tranquillo, anche se il calore comincia a farsi
sentire, fino al ponte sull'autostrada. Quasi mi sconforto a pensare
che lì sotto c'è l'uscita per Magliano Sabino: sono ancora qui !
Tra bevute e soste circumnavigo
Otricoli, anche qui per entrare in paese bisogna salire, ma poi
proseguo senza grosse difficoltà alternando brevi salite a
benvenute discese, come quella che mi porta al bivio per la “Madonna
Scoperta”. Siamo in piena Valnerina e la strada si incunea
sfiorando i rilievi. Anche Narni è lassù in alto, dopo una salita
breve ma impegnativa di nuovo una lunga e piuttosto ripida discesa mi
introduce …..sulla superstrada per Amelia.!
Non voglio lasciare la statale, non
voglio immettermi in una superstrada, non posso tornare indietro
perchè la salita mi ucciderebbe, ho il terrore che se prendo la
ripida discesa che porta a Narni Scalo, poi la dovrò rifare per
riuscirne domani e proseguire.
Sto li' fermo. C'è l'indicazione del
Ponte di Augusto che mi piacerebbe vedere ma non oso muovermi.
Fortunatamente passa un aitante e muscoloso giovinotto in bici da
corsa che si appresta a salire bellamente da dove sono sceso. Lo
fermo e mi faccio istruire: scendendo a Narni Scalo non c'è bisogno
di risalire, si può arrivare a Terni per la piana e da li
proseguire.
Ringrazio, tiro un sospiro di sollievo,
e via giù per la rapida ripida a freni tirati.
Sono le tre del pomeriggio e sono
piuttosto stravolto, disidratato. La prima cosa che vedo è un Lidl.
Mi abbevero che quasi svengo, e cerco
di riprendermi. Sono vicino alla stazione ed anche se presto non ho
intenzione di proseguire oltre. Ho fatto più di cinquanta chilometri
e non sono in condizione di continuare. Un alberghetto senza pretese
è invece pretenzioso, e questo già mi disturba.
Ancora un altro, a cui non posso
avvicinarmi, mi faccio tutto lo stradone fino all'albergo Augusto.
Mi accordo con la ragazza che prima di
darmi conferma deve sentire la proprietaria del locale:
50 con cena. Benissimo. Salgo in camera
mi doccio e con l'aria condizionata accesa mi addormento
per un paio d'ore, esausto.
Bello cambiato e riposato mi
appropinquo alla sala pranzo per la cena: è questo un albergo per
operai ed impiegati itineranti, e quelli in sala hanno una buona
confidenza con la cameriera.
Pasto senza infamia e senza lode, da
mensa, ma per me più che sufficiente.
Provo ad esplorare il paesino ma alle
9,30 l'unica insegna accesa è proprio quella dell'albergo!
Non un anima in giro e siamo in piena
estate! In compenso un cielo stellato ed una luminosa luna.
Sono forzato ad accontentarmi della TV.
12 Luglio - Prima
Parte – 3° Tappa – Narni Scalo – Campello sul Clitumno
- 51Km
Caffè e cornetto non incluso! Preparo
la bici e prima di partire passo per un market per acqua e dolci. Non
conosco bene la direzione da prendere: la più facile è quella di
proseguire per lo stradone, ma non è giusta! Devo tornare indietro e
salire sulla bretella che raccorda Narni a Terni.
E' un po' trafficata ma la corsia
d'emergenza, seppur sporca di brecciolino e polvere di gomme, è
abbastanza ampia da farmi andare in sicurezza. La bretella è tutta
dritta ed in fondo ad occupare per intero la vista la propaggine
umbra degli Appennini ed il valico della Somma a 680 mt.
Mi informo speranzoso in una area di
sosta se c'è un modo per evitare quella ascesa che tutti mi
segnalano come ardua. Dopo vari confabuli decidiamo che la devo fare,
l'alternativa porterebbe comunque ad una salita analoga, e mi danno
indicazioni per arrivare al bivio di San Carlo, ai piedi della Somma.
L'area di Terni è tutto uno svincolo
tra raccordi interne, la E45 - Orte Ravenna, e varie superstrade.
Dopo una rotonda salgo su uno svincolo
e sono ......in superstrada! con le macchine che sfrecciano a 100
all'ora ed io che non sono certo della direzione. Mi fermo nella
speranza di poter chiedere a qualcuno. Vana. Il fatto è che temo di
essere sulla E45. Dopo una decina di minuti mi decido a partire e
fortunatamente la direzione è quella giusta e dopo breve mi ritrovo
al bivio per il paesino di San Carlo che si trova più sotto.
La Somma è una salita di 13 chilometri
con una pendenza media del 4% ma con tratti più duri.
Il valico è a 680mt .E' piuttosto
trafficata e con i Tir che arrancano raggruppati.
Inizia una specie di calvario di su e
giù dalla bici. Fa molto caldo, è poco più di mezzogiorno,
e per lunghi tratti sono costretto a
scendere e portare la bici a mano. Il paesaggio è piuttosto brullo.
Arrivo ad un distributore dopo aver
fatto meno di 4 Km. Mi fermo. L'aria condizionata a tutta callara del
baretto mi impedisce di stare dentro, mi siedo fuori con la mia
bottiglia d'acqua.
Dopo un po' arriva tutto bello un
ciclista attempato, sui generis, con il carrello posteriore.
E' un personaggio conosciuto da quelli
del bar e poco dopo attacca bottone:
“ quanti anni mi dai? Settanta. No
87! ” e comincia a raccontarmi che è francese di Lione , è più
di vent'anni che gira per tutta Europa con quella bici con carrello
annesso, è un ex corridore e lo conoscono tutti nella zona perchè
passa ciclicamente; ristoranti e monasteri lo ospitano a sbafo , ecc
ecc.
Mi sembra un millantatore, ma il
barista sembra prenderlo sul serio.
Vuole vedere la mia bici e quando gli
dico della mia difficoltà a salire, comincia a chiedere agli autisti
dei Tir di prendermi su. Mi pare un pazzo! L'avverto che non ho
alcuna intenzione di trovare scorciatoie, e che la sua sceneggiata è
irritante. Lo tratto un po' male, d'altra parte è francese e se lo
merita comunque, e alla fine si calma.
Aspetto che se ne vada prima di
ripartire. Traverso la strada per sfruttare le poche zone d'ombra che
incontro, e salgo quindi contromano. Purtroppo devo continuare ad
alternare tratti in sella a quelli a piedi, sempre più prolungati, e
cerco ogni scusa per fermarmi: una foto, una zona d'ombra, un
casolare con chiesa annessa, un panorama. Fa caldo.
Incrocio un ragazzo in bici a torso
nudo che mi rassicura che la cima non è troppo distante.
Viene da Bergamo e vuole arrivare fino
giù in Calabria e Sicilia. Ci scambiamo note sulle reciproche
imprese – quello in Calabria è stato il mio primo tour in bici –
e gli auguri.
E' vero. Non manca tanto e comincio a
vedere il casolare in cima a cui devo arrivare assolutamente in
sella. Sono un po' affaticato e vorrei rifocillarmi ma il bar li' non
offre niente,
perlomeno niente che io reputi
“valuable”.
Rimonto in sella e attraverso la
galleria del valico che porta al versante di Spoleto.
Inizia una lunga discesa di oltre 5 km
verso la cittadina del “Festival dei due Mondi”: cartelli ai
lati della strada informano che quello è l'ulimo week end della
stagione, e comincio a pensare che dovrò proseguire perchè
diffcilmente troverei un posto per dormire alle mie condizioni.
Mi piacerebbe fermarmi per visitare la
cittadina medioevale tutta imbandierata e le installazioni del
Festival appena finito, ma le considerazioni già fatte e ….la
strada che sto percorrendo a tutta velocità non mi danno alternative
che proseguire. Mi ritrovo sulla superstrada per Foligno e so che non
dovrei: quando sono passato ad una biforcazione mi è sembrato di
vedere il cartello del divieto per bici e motorini, ho fatto lo
gnorri. Ora sono 15 Km di superstrada che sto facendo agevolmente ma
mi rendo conto di non poter percorrere.
Mi fermo ad un distributore e poco
dopo arriva una pattuglia della stradale. Mi sono salvato! Ma come
fare per uscirne? Semplice, lo chiedo agli agenti che.....decidono di
“scortarmi” fino alla prossima uscita! Pazzesco io a cercare di
fare velocità - piuttosto stanco – e loro dietro a 20 all'ora. Per
4 Km, la distanza per l'uscita di Campello sul Clitunno. Ringrazio
saluto e mi lasciano sulla rampa.
Sono quasi le quattro e anche per oggi
basta. Sono fortunato perchè a pochi metri dall'uscita c'è un
casolare: una vendita di prodotti
tipici dell Umbria, piuttosto ricercati ma ben mostrati, ed una
locanda per la notte. I proprietari sono gli stessi. Concordo con un
bella signora per la cena più alloggio. Parcheggio la bici nel
cortile e prendo possesso della camera ampia con l'affaccio di un bel
balconcino sul cortile interno.
Non sento i rumori del traffico - il
casolare è lungo la strada – ma sento e seguo il vociare degli
avventori della locanda: una doppia famiglia, forse stranieri, con
figli rumorosi annessi, una coppia di camminatori che, scoprirò
dopo, ospiti come me, svizzeri , stanno camminando da Berna e
vogliono raggiungere Assisi: bellissimo!
La cena – poco più di un assaggio –
è frugale: pane bruscato e “olio” per gustare la loro
produzione, una zuppa d'orzo in tazza, che bastava per l'assaggio
della cottura, ed un bel bicchiere di vino con gusto di formaggi
locali, anche questi fatti da loro.
L'oste – un omone marito della dolce
signora – non consente lamentele e repliche.
A fine cena, dopo aver salutato i
camminatori, ci siamo intrattenuti piacevolmente su argomenti tipo il
deserto del Marocco, ed i loro guai di post-terremotati.
13 Luglio – Prima parte - 4°
tappa – Campello sul Clitunno – Nocera Umbra - 43 Km
Anche qui niente
colazione, ma del complesso fa parte un baretto sulla strada, ottimo
alla bisogna.
La giornata è un
po' grigia di nuvole, tanto per aumentare la calura. L'ingresso della
Fonte è a poche centinaia di metri dalla locanda ed ho intenzione di
visitarle: avrei voluto farlo la sera prima ma a piedi era distante e
non aveva senso prendere la bici.
Avevo già visto
anni prima il laghetto ed il tempio romano: il Clitunno è un fiume
che si versa più avanti nel Topino, e che qui forma una ampia area
naturalistica di piante, alberi e animali acquatici
molto suggestiva,
cantata fin dai tempi dei romani: da Plinio al Carducci.
Mi piaceva
fermarmi per rinverdire il ...ricordo, ma purtroppo viviamo una
stagione diversa dove giustamente – sia per la manutenzione dei
luoghi, sia per trarre il giusto profitto – l'accesso è a
pagamento e a me, per quanto minimo, questa cosa non piace.
Quindi soprassiedo
e proseguo contrariato.
La strada è
trafficata e malmessa, sembra quella di una periferia. Procedo a
rilento quasi di malavoglia; non c'è niente di particolarmente
attraente se non il paese arroccato lassu in alto:
deve essere Trevi.
Dopo una decina di chilometri si arriva ad uno slargo con la
rotatoria per Foligno
ed un centro
commerciale: mi fermo e l'aria condizionata mi rimette a nuovo.
La malavoglia
forse era un malessere, un abbassamento della pressione dovuta al
caldo.
Chiamo Fortuna e
la informo di questo senza allarmarla perchè mi sono ripreso.
Tuttavia, dopo la
solita provvista di acqua e succhi, indugio ancora seduto a godermi
il fresco.
Riprendo con nuova
lena e le indicazioni ricevute mi indirizzano verso la frazione di
Sant' Eraclio.
La mia direttrice
è ovviamente la Flaminia che però qui si dipana in mezzo a
stradine comunali,
e non è facile
ritrovarla. Attraverso il paesino e mi fermo ad una bella fontana
monumentale a più
bocche dove sta
abbeverandosi un bel signore Nazareno – nomen omen , con folti
capelli bianchi e baffoni : a “Ponte Centesimo” posso riprendere
la statale, e mi dice come fare. Condividiamo il gusto della bevuta
dell'acqua fresca.
Si chiama così
perchè era un ponte sul fiume Topino all'altezza del centesimo
miglio di distanza da Roma della antica Via Flaminia: e' una emozione
ripercorrere quei tratti ma non c'è nemmeno una targa! solo
l'indicazione del paesino omonimo. Alcuni manufatti di epoca romana
permangono ma sono visibili su sentieri. Peccato.
Superato Ponte
Centesimo si prosegue verso nord, un'altra sosta nella piazzetta di
un piccolo aggregato di case prossimo ad un quadrivio pieno di una
parata di targhe direttrici:
Fabriano 16,
Scheggia 16, Matelica 37, Fossombrone 72, Urbino 74 Fano 87, Ancona
89 da una parte , dall'altra Perugia 51, ValFabbrica 25, Gubbio 19,
Arezzo 115.
E' l'incrocio tra
via Osteria del gatto e …? Molto divertente!
Superato una
specie di cava, mi immetto in una strada sterrata che mi porta in
piena ValTopina :
finalmente un po'
di frescura perchè la vegetazione alberata che segna il percorso del
fiume si estende ai due lati della strada che è di nuovo asfaltata .
E' già pomeriggio, il sole ha ripreso il sopravvento ma non fa
caldo. L'intermezzo campagnolo è stato divertenete.
La zona è
turistica: incrocio una macchina di una famigliola olandese alla
ricerca di un agriturismo.
La strada prosegue
piacevolmente in mezzo al bosco e sbuca in uno slargo con un bel
prato ed una chiesetta. Mi fermo per visitarla ed ho la sorpresa di
essere accompagnato dal giovane Padre Maurizio – della congrega di
Madre Teresa, in divisa semiborghese - che la conduce insieme ad
altri tre confratelli. La chiesa è la Parrocchia di Maria SS in
Pieve Fanonica, antica del primo millennio e dotata di un patrimonio
importante fino al xix secolo. Il recente terremoto che ha colpito la
zona se da una parte ha consentito delle ristrutturazioni dall'altra
ha lesionato alcune reliquie importanti come un Cristo in Croce che
il frate mi mostra.
“Il
numero delle anime è di 596, non vi ha quasi nessuno che faccia
professione d’incredulità. Vi è però qualche isolato tentativo
di propaganda socialista importato dall’elemento forastiero addetto
ai lavori della stazione ferroviaria. Trovandosi la popolazione quasi
tutta dispersa per i campi e per i boschi è …...”
E' un report del
parroco anteguerra. Ancora oggi è parrocchia per una decina di
chiesette sparse per la valle e i boschi.
Finisce anche la
porta boschiva e la strada arriva ad uno svincolo. Prima di
inerpicarmi mi fermo al baretto che lo costeggia. E' pieno di gente.
Scambio due parole con uno di loro che mi ammonisce sul meteo che
prevede temporali, ed un po' alla volta si avvicinano altri cinque
sei avventori: sono quasi le cinque e la gente ha staccato dal lavoro
e viene a prendersi la meritata birra.
Proseguo quasi
subito e salito di nuovo sulla rampa la strada è di nuovo piana fino
alla stazione di Nocera Scalo. Altra sosta per un bel gelato servito
da una biondina tutta pepe. Seduto al tavolinetto fuori a godermi il
venticello, ascolto le confidenze della bella giovanotta ad un
conoscente su serate danzanti e balli preferiti. Varia umanità.
Nocera è ormai a
poco più di 2 Km, ma in salita anche se non durissima. Arrivo sulla
piazza principale ampia e sampietrata. Su un lato della piazza c'è
l'unico albergo della città! Entro pregustando il giusto riposo a
secondi, ma la signora mi gela perchè tutto l'albergo è occupato da
una orchestra giovanile che presneterà un concerto l'indomani. Sono
sconfortato ma la signora mi rassicura che a pochi km c'è una
pizzeria che ha le camere. E' in salita? Assolutamente no!
Giro l'angolo e la
strada si inerpica tanto che sono costretto a scendere e spingere! Mi
viene da piangere. La strada continua in salita. Sono tentato di
passare la notte all'interno di una edicola con Madonna. Ma non si
può. Mi trascino con le forze residue. Ripida la discesa ripida la
salita, ma finalmente giù in fondo il casale della pizzeria!
La signora sta già
preparando le vivande per gli avventori della sera, ma trova il tempo
per ascoltare le mie lagne ed accordarmi per cena e alloggio!
Finalmente.
Le camere sono
tipo motel americano: una costruzione ad un piano allungata a monte
del ristorante, una decina di appartamentini monocamera a spina
fronte e retro, ognuna con il proprio piccolo patio ed all'interno
letto bagno e cucinino. Ottimo per un week end per due!
Comoda e moderna e
con una bella doccia che non tardo ad usare.
Il tempo di
rinfrescarmi e vado al ristorante per una bella margherita e birra.
Ci scappa anche un antipasto italiano; il ristorante è piuttosto
frequentato ma la sorpresa che allieta la serata è costituita da
una cinquantina e più di bambini vocianti in maglietta bianca –
probabilmente di una colonia o campeggio nei pressi – con le loro
accompagnatrici, ragazze giovanissime, che sono lì per la pizza e
patatine fritte. Un casino! Ma che bello.
Alla fine della
serata mi intrattengo con il figlio della signora, è la famiglia che
gestisce il resort, al quale chiedo come poter evitare i saliscendi
che mi aspettano l'indomani. Non si può.
Me ne torno al mio
patio a.....rimirar le stelle!
14 Luglio – Prima parte – 5°
tappa – Nocera Umbra (loc.tà ) - Acqualagna 50 Km
Anche se la notte
ha piovuto, non me ne sono accorto: dopo la fatica il sonno è
profondo.
C'è il sole, ma
l'azzurro intenso del cielo è inframmezzato da corpose formazioni
vaporose di bianche nuvolaglie, e tutt'intorno e dalla parte opposta
il verde degli ordinati campi coltivati.....: una atmosfera bucolica
e pastorale, arcadica come suggerisce qualcuno, in cui il suono di
una specie di fabbro, o maniscalco, si inserisce ad hoc! Non posso
non fermare questo momento di allegrezza.
Scendo dalla
signora che mi offre pure il caffè e che saluto con riconoscenza: le
chiedo il nome,
che non ricorderò
più ma che, inusuale, testimania la tradizione contadina dei luoghi.
La strada, che
riprendo quasi malvolientieri, riparte con una salita che faccio a
piedi, sia per non affaticarmi subito ma anche per indugiare ancora e
godere dello spettacolo della natura.
Non c'è nessuno,
ogni tanto incrocio qualche macchina, ma sparisce subito.
Risalgo
e cerco di sfruttare l'abbrivio delle discese per spingermi in
salita: è un po' rischioso ma sembra funzionare! mi lancio e
riprendo a pedalare a metà salita. E' un sistema che ho imparato qui
ma che ho poi affinato con l'esperienza.
Supero
qualche frazione e sono emozionato perchè uno dei prossimi paesetti
è Gualdo Tadino, meta delle vacanze estive di zio Alfredo e famiglia
che accompagnavo con l' Appia III serie di papà! Che ricordi. Entro
nel paese che è ormai una città, infatti la parte che conoscevo io
è diventato centro storico ed è più in alto e non mi va di
raggiungere. Ma non posso esimermi dal mandare un segno
del mio
passaggio ad Alberto, e quindi mi fermo ad un distributore sia per
chiedere l'itinerario migliore che per acquistare una cartolina.
Non faccio in tempo ad accostare la bici al muro che vengo investito
dall'entusiasmo del gestore che si complimenta per la mia avventura
che incoraggia e racconta di altri ciclisti che hanno sostato nel suo
piazzale, si rammarica di non poter seguire le nostre gesta come
vorrebbe, è prodigo di suggerimenti per la strada migliore da
prendere …...quella che porta a Fabriano è la più impervia (sarei
voluto passare per andare a salutare i parenti di Germano) e da
evitare, ma soprattutto mi offre il ristoro di una bibita alla mente,
ghiacciata, che mi fa servire da una bella ragazza al banco del bar.
Incontri
del “terzo tipo” con una umanità sempre disponibile e con un
sacco di cose da dire che rendono questi viaggi speciali.
Non ha
però la cartolina che posso trovare dal tabaccaio più avanti: la
troverò in una bella cartoleria
ben
fornita. La buca della posta è poco più avanti. Tutto fatto.
Continuo
lungo la Flaminia che adesso si allarga in più corsie. Al bivio per
Fabriano non mi faccio tentare e proseguo: la strada spiana e dopo un
paio di chilometri con abitazioni, il panorama si riapre a campi e
prati in tutte le direzioni, sulla destra i primi contrafforti di
quello che, scopriro' poi, è la riserva del Monte Cucco. In fondo
un'altro piccolo centro abitato che però non arriva mai: non sembra
ma la strada sale impercettibilmente e mi sto affaticando. Finalmente
entro nel paesino -
e mi
fermo ad un bel giardino rialzato rispetto al piano stradale, curato
con panchine e fontana.
E'
mezzogiorno, la pace regna serena: una mamma con carrozzina si perde
dietro l'angolo che sale,
un
signore parla al cellulare con lo sportello della macchina aperto, se
passa qualche macchina non si sente e non si vede.
Mi
soffermo ad ascoltare la conversazione del tizio al cell: parla di
mappe e costruzioni. Deve essere un geometra del comune, oppure un
architetto.
Il suo
lavoro è libero, la sua casa o il comune o lo studio è lì a due
passi, i clienti li raggiunge con un giro in macchina senza stress,
senza fumi, senza traffico. Il tempo è rallentato i rapporti sono
diretti. Quando si dice la qualità della vita!
Riprendo
con in mente questi pensieri e quello che mi circonda mi conferma su
quanto diversa possa essere l'esperienza di vita. Salgo, salgo ma
senza grossi patemi ed anche il caldo non è così impossibile.
Arrivo a Pian delle Macinare, dove un paio di cartelloni pubblicitari
invitano alla pratica del parapendio ed ad escursioni ed
esercitazioni montanare. Dovrò segnalarlo a Fra.
Per
leggere bene....ho divuto fermare la bici, manco a dirlo, di fronte
ad una bella fontana.
L'ombra
è di un caseggiato padronale, ma in giro non c'è anima viva.
Risalgo
in bici discesa svolta a destra al lato di un muraglione di un altro
paesino e...comincia la salita per il Passo della Scheggia! Ne faccio
un po' e mi fermo per consumare il mio panino.
Tutto
silenzio, ma poi sento delle voci: mi avvicino, li saluto, sono
marito e moglie. Abitano a Roma da cui scappano per venire in queste
valli ogni volta che possono; mi rincuorano sulla salita.
Infatti
la faccio tutta fino al valico dei 632 slm: invano cerco un selfie!
E' uno
dei passi più facili degli Appennini che collegano le valli umbre al
mare.
La
strada si ributta nella vallata. Si chiama Scheggia per via di una
formazione rocciosa di argilla rossa stratificata che ricorda la
scheggia di legno oppure un taglio di capelli a zazzera.
Si
ripresenta ad ogni tornante ed è proprio impressionante, appesa
esposta sopra il profondo fossato.
Ad ogni
curva scatto una foto!
Alla
fine della lunga discesa la flaminia diventa ...una superstrada con
gallerie. Ne faccio una ma è troppo pericoloso e sono costretto ad
uscire. Come faccio ora?
Mi
indicano la Flaminia Vecchia, dismessa e vietata al transito di auto,
infatti eccone una che arriva!
Sotto
un costone, con apprensione mi avventuro, incoraggiato dalla signora
della dritta.
E' una
gola segnata dal corso di un fiume il Metauro che si puo vedere
dall'alto e che mi accompagnerà fino a Fano. L'asfalto è rovinato
ma il panorama e la frescura meritano.
Ad un'
ansa mi fermo perchè ci sono diverse auto parcheggiate: che fanno
lì? chiedo, il bagno!
Ed
infatti affacciandomi frotte di giovani e meno giovani si bagnano e
si tuffano in un'acqua verde smeraldo che non deve essere proprio
caldissima.
E'
un'area turistica con gazebo e punti ristoro che si susseguono fino
alla perferia di Cagli, che si staglia un po' sopra.
C'è un
grande distributore Agip e chiedo ad una tizia notizie per un
albergo: mi chiede “ per dormire?” Mi pare ottusa, mi dice che a
Cagli non ce ne sono. Il più vicino è a cinque km.!
Sono
idrofobo perchè non c'è niente di peggio che deludere una
aspettativa che si sta per pregustare! Non posso credere che lì non
ci siano hotel. Ma mi devo rassegnare perchè l'informazione me la
conferma un giovane ciclista.
Per
fortuna la strada è una specie di ciclabile, anche se percorsa da
auto; arrivo ad Acqualagna
dove ci
sono due alberghi: scarto il primo scelgo il Leon D'oro.
Stanza
appena dignitosa, ma con ristorante per una pizza al forno elettrico.
15 Luglio – Prima parte
– Acqualagna
Piove!
Non me la sento di andare. Dopo la colazione mi vesto di tutto punto
ed aspetto che spiova.
Non
accade. Decido di restare per un'altra notte. Nel pomeriggio
l'intensità della pioggia scema e decido di prendere il bus per
Cagli a 2 €. Visito il borgo medievale e le sue chiesette. Notevole
la Torre del Bastione, una costruzione fortificata rinascimentale.
Approfitto
di un market per la cena che consumerò in camera.
16 Luglio – Prima parte
– 6° Tappa – Acqualagna – Misano Adriatico - 50Km
E'
ancora tempo variabile ma non piove e l'asfalto si sta asciugando.
Mi sono
stancato di aspettare ed anche se il cielo è grigio e minaccioso
decido di andare.
Pochi
chilometri per arrivare al famoso Passo del Furlo: una gola che il
fiume che scorre più sotto, il Candigliano, ha tagliato grazie alla
forza corrosiva delle sue acque tra le pareti calcaree dei monti
Pietralata e Paganuccio. E' qui che i romani, ma ancheda molto
prima, avevano individuato il passaggio più semplice per “l'altro
mare”. E' qui che passava la Via Flaminia ed ora il tratto della
gola è diventato un parco protetto dove passeggiano turisti e
cicloturisti.
Il
panorama col fiume verde e denso che scorre in basso, la vegetazione,
la serenità che induce l'ambiente silenzioso, l'aria frizzantina di
una mattina inoltrata con il cielo che si sta aprendo tra le nuvole,
tutto contribuisce all'allegrezza ed alla pace interiore! La targa
che ricorda l'apertura del “Forunculus” a colpi di scalpello
risale ai tempi di Vespasiano e mi inorgoglisce per l'ascendenza.
Proseguo
la marcia che si è ormai stabilizzata: non ci sono più salite
impervie e attraverso paesini che si susseguono senza soluzione.
Altri ciclisti mi superano in bello stile ma io vado del mio passo.
A
Fano mancano una 20 di Km che ormai sono niente! D'improvviso un
tornante per superare una collinetta: niente paura! Lo supero
agevolmente. Il cielo si è definitivamente aperto ed il sole
splende. Arrivo a Fano che è quasi l'una.
Mi
accoglie l' Arco Trionfale di Augusto a segnare il termine della Via
Flaminia.
Chiedo
ad un ragazzo nero, un po' spaesato e sorpreso, di immortalare il mio
arrivo sotto l' Arco.
Deve
credermi matto. Mi attardo per altre foto e via, attraverso la strada
centrale acciottolata che porta al mare, una piazza e finalmente l'
Adriatico. Brutto!
Un
lungomare quasi industriale, una spiaggia libera desolata – forse
il tempo instabile – un lungo molo isolato. L'acqua quasi melmosa .
Una delusione: scatto qualche foto quasi incredulo e me ne vado. Alla
fine della città una pista ciclabile protetta che costeggia la ss16
– nota per la sua pericolosità – e la ferrovia e che porta fino
a Pesaro. Inaspettata. 15 Km di strada dritta che che in un attimo
arriva alla periferia ed alle spiagge attrezzate della cittadina.
Proseguo.
E' primo pomeriggio, e il sole è alto. Ora si susseguono paesini
marinari noti per le vacanze. Vorrei fermarmi ed inizio a chiedere
prezzo e disponibilità: sono tutti pieni, anche per una sola sera,
ma è comprensibile è sabato! Più avanti c'è un camping super
attrezzato da diecimila posti. Anche i prezzi sono super : 18 la
tenda, 10 la persona, 15 la bici.... Per dormire per terraaa?!!
Mi
pare matta e me ne vado polemizzando. Mi sono scocciato: ogni volta
la ricerca del posto per dormire è una angoscia! Le mie esigenze
quasi mai coincidono.
Sono
arrivato a Misano Adriatico, ci sono innumerevoli alberghi, uno alla
fine lo trovo!
Una
camera singola all'Hotel Hamilton: 35 € senza colazione. La stanza
è un rettangolo
due
per sei con balconcino e bagno: Benissimo!
Per
la passeggiata serale vengo attratto dal rombo delle moto di un
motodromo nelle vicinanze.
Forse
una gara o forse solo centauri che testano le loro abilità in pista.
Seguo il rumore ma non lo
trovo.
Abbandono l'idea e torno sul lungomare alla riccerca di una cenetta
con pesciolini.
Macchè,
stabilimenti tutti chiusi o ristoranti a prezzi inaccessibili.
Ripiego sulla solita pizza? O magari un gelato? Niente, torno in
albergo, digiuno. In compenso ho camminato, camminato, camminato!
17 Luglio 2016 -
Domenica
Misano Adriatico – Lido Adriano
Scambio qualche parola cordiale con il
proprietario.
Mi ha sorpreso, ma non troppo, la
presenza praticamente esclusiva di tedeschi nell'albergo
superpieno: è notorio la predilezione
di questi per la riviera adriatica. Tuttavia deve esserci una
attività di promozione locale, che unita al passaparola garantisce
il pienone.
Ed è così: la famiglia che ha
l'albergo ha vissuto in Germania ed oggi si godono i loro sacrifici
con presenze che ormai si tramandano con ricambi generazionali.
Mi offre il caffè, la colazione era
infatti esclusa, e mi fa piacere che chieda notizie sulla mia impresa
e sul blog dove leggerne. I clienti
intenti a consumare la loro colazione guardano con divertita
curiosità le mie manovre di carico della bici. Sono pronto, saluto e
via!
E' presto, poco più delle 9,30, e
riprendo l'Adriatica, piuttosto trafficata.
Supero Cattolica e quindi il vialone di
Rimini: evito il lungomare.
E' la stessa strada percorsa con
Francesca.
Traversato il canale prima sosta al
market per spuntino e beveraggi.
La Rimini minore, che si stende a nord
del canale con una sequela infinita di stabilimenti,
è altrettanto piena di villeggianti e
sfocia nella più nota Bellaria con la stazione ferroviaria
che richiama reminiscenze felliniane di
vacanze stile anni cinquanta.
L'ingresso nel vialone di Cesenatico è
immediato. La bici va che è una bellezza e non mi sembra di faticare
ma alla pineta che sbucherà poi a Cervia decido di fermarmi e mentre
famigliole più o meno chiassose hanno abbandonato momentaneamente le
spiagge assolate e accaldate per consumare il pranzo al riparo
dell'ombra degli alti pini, mi allungo su una panchina e, manco a
dirlo, schiaccio il mio profondo pisolino.
E' primo pomeriggio quando decido di
ripartire. Tutto facile.
Ho intenzione di non deviare
all'interno e salto Ravenna. Vorrei restare sul litorale
per raggiungere i lidi ravennati. Non è
semplicissimo.
Le lagune ed i canali che raggiungono
il mare infatti costituiscono una ampia area protetta
che riprende il mare al Lido di Classe
: chissà dove è la abbazia di S.Apollinare.
La casina all'ingresso del parco è ben
organizzata, con pannelli esplicativi sulla fauna protetta,
depliant ed un addetto alle
informazioni con cui ho modo di polemizzare sulla scarsa pubblicità
a luoghi ed iniziative, i canali sono
navigabili con canoe, che all'estero sono spesso fonte perfino di
profitto. Come spesso accade sono poco generoso verso queste persone
e soprattutto poco informato. Loro viceversa sono sempre più che
disponibili.
In questo caso il ragazzo, ricercatore
superlaureato, rassicura le mie perplessità sulla capacità
di attraversare il parco, senza una
cartina, ma con le sole indicazioni verbali.
Mi avventuro, e devo ringraziare la
presenza di altri ciclisti che mi insegnano la strada giusta
che, non segnata e innestata in un
sentiero seminascosto, non avrei mai preso.
Attraverso un ponte di legno su un
ampio canale, uno dei riferimenti che mi erano stati indicati,
e rinfrancato anche dalla presenza di
altri ciclisti che mi sfrecciano in andata e ritorno, seguo il
sentiero che costeggia un ampio campo che si apre. Sono ormai
all'uscita del parco che si evidenzia
per la presenza di caseggiati e strada
asfaltata. Sono al Lido di Dante.
Non ci sono però alberghi. Niente
paura: il Lido Adriano è poco distante. Il cavolo!
Devo aver sbagliato strada oppure
ancora una volta la mancanza di indicazioni mi penalizza.
Mi ritrovo infatti su una stretta
strada asfaltata che si prolunga rettilinea per chilometri senza
indicazioni di sorta. E' piuttosto pericolosa perchè trafficata da
auto a velocità sostenuta, non c'è corsia di emergenza e sono
accecato da un sole enorme che sta per tramontarmi davanti.
Sono arrabbiato e stanco, non mi posso
fermare nè tornare indietro e non c'è un cane a cui chiedere
informazioni. Posso solo andare avanti.
Per quasi 18 Km!
Poi improvvisamente un incrocio, la
strada a destra, ed arrivo al lido Adriano.
Per fortuna cartelli pubblicitari
promuovono le pretese di alcuni alberghi.
Una strada più avanti e trovo il mio :
Pensione Regina.
Il proprietario è un cinquantenne
burbero e dinamico. Ci accordiamo subito per 50€ con la cena.
Mi sistema la bici all'interno del
cortile. E' una pensione storica, gestita da oltre cinquant'anni
prima dai genitori, e come tutti sovrapiena di clienti.
Ha una faccia conosciuta e poichè a
fianco alla cassa c'è una gigantografia di una squadra azzardo:
"ciclista?..." No, la squadra
è quella del Parma dello scudetto: forse lui era uno dello
spogliatoio, ma non un calciatore.
Ho appena il tempo di una doccia per
sistemarmi e scendere per la cena. Ottima.
Dopo cena la solita passeggiata. Il
paese non offre niente. Una rotonda pretenziosa ed illuminata
ma non c'è nessuno. Molti preferiscono
il bar con gelati e tavolini in pineta.
Vengo attratto dalla voce di soprano
che intona un aria d'opera: è un karaoke organizzato dal bar
poco più lontano. Mi confondo con gli
astanti all'ascolto di questi dilettanti coraggiosi.
Sto andando via quando si esibisce una
bella ragazza robusta ed in carne: non si rende conto
che la sua voce non è intonata e
strilla suscitando l'ilarità. Torno in albergo. Buonanotte-
18 Luglio - Lido Adriano - Codigoro
Neanche a dirlo, la mattina è assolata
e frizzantina.
Anche oggi il caffè mi viene offerto e
dopo aver recuperato e caricato la bici parto tra l'indifferenza
generale. Il lungo viale che taglia a metà la pineta che fronteggia
il mare è segnato dalla moltitudine
di bagni e accessi al mare e campeggi
che rendono unico questo tratto di riviera romagnola : sono
alla Punta Marina di Ravenna .
La corsa in bici è agevolata dallo
scarso traffico e dai pochi bagnanti che attraversano; anche se è
piena stagione e non è prestissimo, c'è poca gente in giro. Arrivo
in un breve al canale che deve essere attraversato in battello: è
una costante di questi posti e non mi fa più meraviglia.
E' appena partito ed ho quindi tempo di
guardarmi intorno.
Si passa dall'altra parte, dove hanno
inizio i cosiddetti Lidi Estensi: Lido Spina, Lido di Volano...
Ho infatti deciso di risalire lungo la
costa magari fino a Chioggia e poi da li' raggiungere Verona passando
da Vicenza. La cittadina che sto percorrendo verso il mare, Porto
Corsini, è dotata di pista ciclabile piuttosto ingombra di ciclisti,
che costeggia la pineta, ma poi all'altezza di CasalBorsetti fa una
deviazione e sfocia in una specie di superstrada: è la via Romea
che arriva fino a Venezia, famosa per la sua pericolosità.
Anche se ci sono innummerevoli Tir e
camion, la strada è ben asfaltata e dotata per buona parte di corsia
di emergenza: così a parteil timore iniziale, vado avanti
tranquillo.
Decido di uscire all'altezza del Lido
Spina, una cittadina di mare con i suoi caseggiati bassi e le
villette, e dopo un paio di rotonde arrivo ad una piazza pedonale con
panchine.
Anche se non sono particolarmente
stanco decido di fermarmi e prendere una bottiglia di acqua
prima che il market chiuda. E' 1,30 e
mi fermo per un po'.
Risalgo sulla Romea e subito Porto
Garibaldi, l'attraversamento su uno dei rami del Po.
Prossima tappa il Lido di Volano.
Nonostante mi sia dotato di cartine
anche particolareggiate, la zona è un incrocio di passeggiate in
bici, districarsi in quel dedalo di strade acque e canali mi
confonde. Decido di restare sulla sinistra della estesa laguna delle
Valli di Comacchio . Devo però farmi indicare la strada. Una ragazza
mi suggerisce di non passare per la pineta perchè anche se è la
strada più diretta che i ragazzi villeggianti usano percorrere, c'è
il rischio di perdersi e di fare molta più strada.
Seguo il consiglio ma dopo un po' la
strada finisce e sono sulla spiaggia.
Devo tornare indietro e questa volta
imbocco il percorso giusto e mi ritrovo a circumnavigare un enorme
lago, anche questo meta di villeggiatura.
Mi sto discostando dal mare e sono in
aperta campagna, con il sole che picchia e niente e nessuno intorno.
La strada è pianeggiante e per nulla faticosa ma è monotona.
Mi fermo all'ombra di un grosso albero
posto all'ingresso di una grande villa.
Ci sono le indicazioni per l'Abbazia di
Pomposa che decido di visitare.
Mi dicono che non posso sbagliare:
vedrò l'alto campanile da lontano.
Mi avventuro per i campi e per le vie
in mezzo che si intersecano perpendicolarmente. Non ci sono
riferimenti e vado con il sole che mi sbatte in faccia. Un cartello
indica ora la direzione.
E' vro si vede il campanile e
rincuorato arrivo all'abbazia,
Si trova in un' ampia distesa alberata,
ma apparentemente non c'è acqua. C'è l'Abbazia e il monastero ma è
stata ricostruita dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Tuttavia l'interno è ancora notevole
per gli affreschi...ecc.
La ragazza addetta all'ufficio
turistico sta leggendo un libro, forse studia. Risponde con
gentilezza
alle mie note polemiche: c'è una
fontana. Mi riempie di depliant e mi suggerisce di andare a vedere
gli affreschi che si sono conservati.
Passo così una piacevole oretta aggirandomi come turista.
Il paesino a 5 km è Codigoro....ma non
è dove è nata Milva?, no non lo è, e rimuginando arrivo
in centro. Sono ormai le cinque del
pomeriggio e questa è la mia meta odierna ma all'alberghetto
che ho individuato non risponde
nessuno. Alle mie insistenze la persona che si affaccia mi annuncia
che è tutto pieno. Boh?! Una
convenzione con qualche fabbrica.
Ce n'è un altro verso il centro, ma è
gestito da una russa o giu di li e non ci accordiamo sul prezzo. Un
altro ancora è fuori del paese lungo un canale che scoprirò poi è
pieno di zanzare. Anche se è piuttosto dimesso non posso fare troppo
lo schizzinoso. E' gestito da un siciliano Salvatore che in verità
sembra un morto di fame, ma è estremamente cordiale, conviene
con le mie esigenze, mi racconta che
sta cercando di tirar su questo albergo che fino a qualche tempo
prima ospitava prostitute e i loro clienti. E' lì con la sua
famiglia, emigrato da un paesino
in provincia di Ragusa, e sta tentando
la fortuna. Decido di fermarmi anche perchè ci mette anche la cena.
La stanza è quella che si affitta agli
operai, con due letti. A me va bene è pulita ed ha la doccia
grande. Affaccia sul cortile interno,
dove ho messo la bici smontata, anche questo ingombro di
povere suppellettili e dove corrono
libere galline e gatti. E' un po' sporco.
Anche la cena è modesta: più che
familiare! un piatto di pasta ed una fettina. Ma va bene, così.
Goro, Goro di sopra ,Codigoro! Centri
contadini poveri. Dopocena rifaccio a ritroso la strada lungo il
canale verso il centro. Le lampade dei pochi lampioni illuminano i
moscerini e le zanzare.
Non ci sono negozi aperti. Su un lato
della piazza principale una grande tavolata festeggia una squadra di
pallavolo che deve aver vinto qualche trofeo. Ragazzini si rincorrono
davanti alla chiesa.
Non c'è altro. Sul lato opposto del
canale una gelateria è il luogo di riunione dei giovani: sono
tentato ma il problema sono i soliti uno, due tre gusti....Me ne
ritorno in albergo. Qualcuno sul ponte con una lunga lenza cerca i
pesci dall'alto argine. Qualcuno porta i cani a fare pipì.
E' poco piu delle nove: sembra
mezzanotte e sta scendendo la nebbia.
19 Luglio - Codigoro ; Adria;
Rovigo
Salvatore è uscito per la spesa. La
Sig.ra molto gentile mi offre caffè e brioche. Una in più la porto
per la merenda. Rifaccio a ritroso il
canale e quindi la ciclabile verso Pomposa.
Nel tragitto di uscita dal paesino
ritrovo il cappellino che avevo perso, senza rendermene conto, la
sera prima: un'anima gentile l'aveva poggiato visibile su un
cornicione.
La periferia sembra da questo lato meno
povera, anzi la ciclabile funziona anche per i runners e ne incrocio
qualcuno. Me ne vado allegrotto, ma in realtà in paese sul ponte del
canale avevo letto un cartello che indicava la strada per Agri: è
questa che devo prendere!
Ritorno indietro e riercorro questa
ciclabile per la terza volta: devo aggiungere 10 Km al chilometraggio
odierno.
La strada è una statale di campagna:
costeggio interminabili campi di mais e poichè non ci sono
costruzioni ad ostacolare lo sguardo,
tranne qualche fattoria, ho lo sconforto di vedere dipanarsi
ne nulla la strada che devo percorrere.
Non c'è quasi nessuno e questa
situazione comincia a pesare.
Per la strada gli abbondanti residui di
paglia del taglio dei covoni, che quando passa qualche trattore tira
su nell'aria.
In lontananza agglomerati di poche case
con il campanile che svetta.
La strada è piana ma tutta la
situazione è faticosa. Mi fermo all'ombra di un caseggiato di
fattoria
con all'interno persone molto
indaffarate: arriva un Suv e riparto.
Ora la vegetazione sta cambiando: mi
sto avvicinando al Po che supero su un grande ponte.
Mi fermo per una foto: lo spettacolo
ogni volta che ho incrociato questo fiume è di maestosità!
Incredibilmente sull'altro lato una
coppia di cicloturisti mi saluta. Sono carichi se possibile più di
me .
Riprendo con più lena. Ma mi fermo
subito perchè scorgo lungo il ciglio una famigliola di paperotti che
sorvegliati della chioccia cercano di nascondersi dall'intruso tra la
vegetazione del canale.
Devo fare una foto. Ed altre ne farò
più avanti allo spettacolo del Po che in questo tratto si allarga
e al centro mostra alcune dune sabbiose
ingombre di volatili, forse anche fenicotteri.
Siamo in pieno Polesine.
E' ormai ora di pranzo ed arrivo ad una
cittadina ben messa:è Agri.
Dopo un breve giro per il centro
storico - tutto chiuso data l'ora e la stagione, decido di fermarmi
in un giardino da dove sento arrivare
la musica di un pianoforte.
Dopo un breve battibecco con un ragazzo
che sta parlando al cellulare ad alta voce, disturbando
la quiete del posto, finalmente posso
godermi i virtuosismi di studenti del conservatorio.
Quel giardino con la villa è infatti
un conservatorio di musica che avrei la possibilità di visitare
data la gentilezza di alcune signore -
forse insegnanti - all'ingresso, ma che si può limitare solo
ad ascoltare la musica dall'esterno
dell'aula poichè non si deve disturbare .
Passo ancora un po di tempo beandomi, e
lascio il posto malvolentieri.
Ora per arrivare a Rovigo c'è un lungo
rettilineo alberato: una fettuccia su cui le auto sfrecciano
pericolosamente ad alta velocità. Così
per 15 Km.
All'ingresso in città seguo le
indicazioni per il centro. La strada è acciottolata e mi fermo ad
una
chiesa - o istituto pubblico -
circolare e con cupola, contornata da un giardino con panchine.
Alcuni ragazzi e ragazze schiamazzano
sulla scalinata. Mi informo per un albergo ma non sembra una cosa
semplice, soprattutto per i prezzi. Rovigo è capoluogo è c'è un
BestWestern che a meno di 80€ on si può: gli altri suggeriti dalla
receptionist sono della stessa catena e quindi stessi prezzi.
Sono sconfortato. Non è tardissimo ma
continuare non mi va per niente.
C'è un istituto di salesiani che
sembra fare proprio al caso mio: sicuramente lì posso trovare un
riparo per la notte. In realtà mi danno indicazioni per dove
riferirmi. Anzi chiamano l'albergo
e chiedono conferma di disponibilità e
come raggiungerli. E' facile.
L'albergo è ad una stella - sempre per
lavoratori o comitive di passaggio - ma il prezzo è 30€, non mi
devo lamentare! La camera è sufficiente.
Per mangiare ritorno in centro. Su
alcuni cartelli leggo di una festa con distribuzione di cibarie che
potrebbe fare al caso mio, ma stranamente nessuno sa dove si trova la
località della festa:
"Non sono di qui...." E' la
risposta che incredibilmente mi sento dare da più di una persona.
Rovigo deve essere un posto di
immigrati. Passo per il centro piuttosto ricercato con locali alla
moda e presumibilmente cari, dove alcuni giovani attendono al rito
dell' happyhour.
Sono quasi le sette e i negozi stanno
chiudendo. Mi affretto in una pizzeria, anche questa gestita da
gente immigrata da Padova, e che non
conosce la località della festa. Ma il mio è un pur parlè perchè
sono rassegnato all'insipienza dei locali.
Rimedio in extremis una Peroni da 66cl,
e consumo la mia cena in un giardino pretenzioso con fontana: non
sono il solo. Una famigliola ed una specie di barbona, ma poi chissà,
mi fanno compagnia. Ritorno in bici e le strade sono ormai tutte
vuote: ore 8,30.
20 Luglio - Rovigo - Ronco all'
Adige
La colazione non è inclusa! E' la
sorpresa della mattina. Sorpresa perchè la sera la signora si era
raccomandata sull'orario, ma quando scendo è tutto sparecchiato. Che
pretendo?!
Giusto. Mi prendo un caffè al bar
servito dal marito e scambio opinioni su cicli e bicicli con i soliti
perdigiorno sempre presenti in quei posti.
Mi organizzo per la partenza. L'idea è
quella di passare per Vicenza , così da rinverdire soste precedenti.
L'uscita da Rovigo non è semplicissima