Cos'è che li fa MUoverE ?

Chi avrebbe detto che una attività così semplice e spontanea - si cammina prima ancora di connettere verbo- poteva determinare una occasione di aggregazione, il ricostituirsi di antiche frequentazioni,risvegliare la voglia di stare insieme e condividere le emozioni di piccole avventure.Eppure guardateli con gli zaini in spalla ripieni di sorprese, attrezzature più o meno consone alla bisogna - animati da spirito di conoscenza, inerpicarsi per boschi e pendii alla scoperta del mondo che li circonda.

Ed allora ci si chiede cos'è che li spinge ad andare ed andare ed andare, cosa cercano, quali le motivazioni.Come al solito è meglio non porsi mai troppe domande:le risposte potrebbero essere deludenti banali scontate.....volgari! Lasciamoli camminare....Non ci interessa dove e perché.

Ci preme che vadano, che vadano ma che vadano pure a...Ecco, appunto!

Brahamana V sec. a.c - Indra esorta Rohita

Non c'è felicità per chi non viaggia, Rohita!
A forza di stare nella società degli uomini,
Anche il migliore di loro si perde.
Mettiti in viaggio.

I piedi del viandante diventano fiori,
la sua anima cresce e dà frutti,
ed i suoi vizi son lavati via dalla fatica del viaggiare.
La sorte di chi sta fermo non si muove.
Allora vai, viaggia, Rohita!
Indra esorta Rohita - (dai Brahamana V Sec. a.c.)

martedì 1 settembre 2015

Il Cammino di Santiago 2 - Aprile 2013

La notte movimentata, le due signore olandesi -o tedesche - che ci hanno dormito accanto hanno intonato il noto concerto notturno per fiato e naso, è stata surclassata dall'attività parossistica della mattina.
Ancor prima delle sei un via vai continuo e frenetico dalle brande verso il bagno e ritorno, - proprio vicino al mio letto -  uno scalpicciar di scarponi,  un rumore fatto di parole prima bisbigliate - fastidiosissime - sfociate in breve in vocio babelico incurante, ad intensità crescente, che alfine occupava tutti gli spazi, rimbalzando e amplificandosi, di chi scambiava esperienze, emozioni proponimenti ed itinerari, mentre si raccoglievano lenzuola e sacchi a pelo, si curavano piaghette ai piedi,  si stringevano i lacci degli scarponi e degli zaini, ci si preparava per il cammino odierno.

Attoniti e frastornati, Francesca nella branda di sopra ed io sotto, tentavamo con tutte le nostre forze di resistere, indugiando sotto il lenzuolo con gli occhi chiusi, fingendo di ignorare tutto quel parapiglia, ma alla fine abbiamo dovuto capitolare anche perchè la regola dell'ostello imponeva l'uscita alle otto! Ed in effetti in brevissimo tempo tutto il caos si era placato: i pellegrini all'improvviso erano scomparsi con tutto il loro carico ed i rumori, lasciando le camerate svuotate e le brande spoglie.
Avremmo imparato presto che quel rito si sarebbe ripetuto identico, in tutti gli ostelli del nostro percorso e presumibilmente in tutti gli innumerevoli ostelli sparsi lungo il "Camino".

Per noi - ancora imborghesiti e non adusi - la mattinata iniziava al bar di fronte all'ostello, guarda caso gestito da un ragazzo ligure o toscano, con una bella colazione - caffellatte succo e cornetto! - che doveva approntarci alle fatiche imminenti.

Il nostro camino infatti iniziava dal Puente della Magdalena, seconda tappa dell' itinerario francese in Navarra e che partiva da Roncisvalle - o ancor prima da Juan Pie de Porc in Francia. Anni prima avevamo fatto,Francesca ed io, un primo tratto di quella tappa che perciò consideravamo già fatta!
Il percorso a ritroso dall'Ostello al Puente, poche centinaia di metri attraversando la porta di Francia, è sufficiente per innescare quel conflitto perenne che cova sotto la cenere del rapporto padre/figlia, che nonostante i buoni propositi reciproci ci accompagnerà ancora per molto tempo ancora.

Scattate le foto di rito, diamo ufficialmente il via al nostro camino seguendo attenti la conchiglia che indica il percorso che, attraversando prima il Casco Antiguo, ci accompagna dai quartieri della moderna Pamplona alla periferia verso l' Alto del Perdon: è questa una altura a circa 7 km che si raggiunge attraversando campi e un paesino dove l'attrazione da vedere e' la Fuente Reniega - ormai disseccata - ma che non vediamo perchè avremmo dovuto deviare dal percorso.


Infatti c'è da notare che nonostante siamo appena partiti, io mi porto da casa una brutta gonalgia che seppur non mi impedisce di camminare, mi provoca però un bel po' di dolore. La stessa Francesca ha problemi con i suoi scarponi, comprati nuovi per la bisogna (....te l'avevo detto che mi avrebbero fatto male...!), e quindi lei decide di pellegrinare in ....sandali!

Il campo che attraversiamo è completamente assolato e sebbene la temperatura non sia eccessiva, quando inizia la salita iniziano le prime difficoltà: Francesca comincia ad attardarsi, si lamenta degli scarponi, se li cambia, un pellegrino anziano ci sopravanza, e dopo i soliti scambi di complimenti, riprendiamo. Sullo sfondo la sequenza delle moderne pale a vento che
coronano l' altura dove siamo diretti, ci danno l'idea della distanza che dobbiamo percorrere.
Fortunatamente, qualche 
nuvola attenua la calura ed il terreno più scosceso e ripido, riaccende la voglia di Francesca che ha bisogno di entusiasmo per alimentarsi, e quindi facciamo gli ultimi chilometri in stile arrampicata, allietati peraltro da altri giovani pellegrini, con le pale dei mulini a vento sempre più vicine, enormi e quasi minacciose, li superiamo in un attimo, accolti sulla piana dell' Alto del Perdon, 800 m slm, da raffiche di vento e dalle sculture in ferro omaggio ai pellegrini.....e ai somari.

Sostiamo per un pò in quell'area, confondendoci con altri gruppi, per fare foto e rifocillarsi. In basso in lontananza Puente La Reina, il paesino meta della nostra prima tappa, che dista però ancora una decina di chilometri. La nostra intenzione è di intercettare il bus, ma gli orari sono ormai saltati. Infatti la discesa convulsa per il sentiero sconnesso di sassi e brecciolini, mi
riporta alla mente quasi la discesa di Tavolara, anche se questa è più lunga e meno ripida. Alla fine della discesa attraversiamo campi di girasoli e la cosa che mi incuriosisce sono i solchi nella terra, come se fosse stata arata di fresco, ma più profondi: avrei letto che qualche giorno prima una scossa di terremoto aveva appunto mosso la terra!



Camminiamo e veniamo superati da due ragazzi con altro passo: cominciamo a lamentarci che non si arriva mai. Non siamo attrezzati con borracce e quando arriviamo in un paesino cerchiamo invano ristoro. E' il primo pomeriggio ed il paesetto ordinato e ben messo sembra disabitato.Ci sediamo di fronte ad un complesso chiesale, riprendiamo il cammino e la fermata del bus sembra prenderci in giro. L'entusiasmo va scemando con le prime fatiche e l'arrivo all'ostello - abbiamo scelto il secondo sulla strada all'ingresso del paesino - lo accogliamo con sollievo.




Questi ostelli - gestiti privatamente, oppure da associazioni pubbliche o ecclesiastiche - sono esattamente organizzati per il riposo dei pellegrini: infatti non offrono altro che un letto e un bagno dove accudirsi. Spesso le strutture sono sovraffollate e i letti a castello ammucchiati in modo da occupare ogni spazio disponibile. In cambio chiedono un obolo piuttosto  contenuto 5/10 €, e questo è la misura di quanto valgono!  D'altra parte c'è da considerare che questi ostelli  sono l'evoluzione di luoghi di accoglienza che nel corso dei secoli hanno dato alloggio a pellegrini che perlopiù l'unica cosa che possedevano era il loro bastone e la loro borraccia, e che lo spirito del Camino di Santiago, è quello della penitenza - di un fioretto - alla ricerca delle cose vere della vita. Per cui vietato lamentarsi.
Questo di Puente la Reina è dei Padre Reparadores, suddiviso in stanze da 9 letti a castello (quindi per diciotto persone), e fortunatamente - superato un disguido- troviamo posto.

Con il bus torniamo a Pamplona a recuperare l'auto, parcheggiata opportunamente vicino alla stazione dei bus dove non c'è da pagare l'esoso ticket, che parcheggiamo davanti l'ostello - cercando di non farci troppo notare!  La passeggiata per il corso antiguo - prolungamento del Monastero dei Padri Reparadores - il cui selciato testimonia l'epoca - XIV secolo - non offre molte attrattive, al di là di un grande crocifisso in legno con la tipca faccia smunta del Gesù espaniol. Ci sono un paio di trattorie che espongono il loro "menù dos peregrinos", e ci facciamo allettare da una minestra calda che consumiamo unici avventori. La giornata è stata lunga. Gli altri sono già quasi tutti a nanna e lo stesso facciamo noi.     
  
             
18 Aprile -
 La notte è passata veloce ma ristoratrice, ed il risveglio come solito troppo frettoloso per noi che abbiamo il meabolismo lento. Approfitto per farmi una doccia calda, anche se fuori - le finestre del bagno sono spalancate - l'aria mattutina è fresca e piuttosto umida. Purtroppo non ho un accappatoio e mi devo asciugare con il mini-asciugamano da palestra di Francy.
Dobbiamo affrettarci perchè stanno già spazzolando le camerate.Timbro per la compostela e soliti ultimi, saliamo in macchina - sempre discreti - e posteggiamo davanti alla fermata del bus, da dove scenderemo per recuperare l'auto dalla nostra seconda tappa Estella 25 Km.
Casualmente di fronte alla fermata c'è un bar - già notato la sera prima - dove consumiamo la nostra consueta colazione.

La giornata è coperta e rischia pioggia: un'altra eventualità per cui non siamo troppo preparati. Partiamo, come solito con molta calma: non abbiamo fretta. Fotografiamo il ponte di pietra - il ponte de la Reina -del dodicesimo secolo, veramente notevole - come i molti altri che incontreremo lungo il camino - e ci incamminiamo su un lato della strada sterrata: sull'altra due altri pellegrini - meglio attrezzati di noi - uno dei quali disabile.






Il paesaggio è quello tipico della campagna: distese coltivate a perdita d'occhio senza alberi o rilievi.
Il primo paesino che incontriamo è Maneru dove possiamo dissetarci ad una fontana posta in una piazza: incrociamo una strana signora con un grande cane bianco che fa il camino da sola, e che ritroveremo più avanti.
Le stradine del paese perlopiù piastrellate finiscono in campagna. La guida dice che nel Medioevo il villaggio era frequentato dai templari, di cui però non si vede traccia. E' invece ben visibile quella di un ostello quattro stelle da cui escono panciuti quattro "pellegrini": mi vengono in mente le offerte di tour guidati del camino, con possibilità di trasferimento by car, sia del bagaglio che del....pellegrino! Un po' come noi anche se noi abbiamo intenzione di fare il nostro bel percorso a piedi. 

Si continua lungo il sentiero in mezzo 
alla campagna. Ad un tratto incrociamo piccoli cumuli di sassi: un segnale del passaggio del pellegrino che lascia un sasso sul percorso. Francesca scambia due parole con un ragazzo spagnolo che - dice - di aver lasciato un promettente impiego bancario per affrontare il Camino, da solo. Qualche mese sabbatico.
E' curioso come si addensano e poi si discostano i vari camminatori: anche se il passo è diverso spesso sono i posti di attrazione che intruppano. 




  

Cirauqui infatti c'è una bella frotta di pellegrini tutti intenti a fotografare gli stemmi medievali riportati sui portoni delle case padronali e raffiguranti animali, castelli e spade. Non ci sottraiamo.





 Un altro motivo di aggregazione è la difficoltà del percorso: il ponte dopo il paese è posto su una strada romana rimasta pressocchè integra, per un breve tratto, in fondo ad una discesa perigliosa che appunto rallenta e aggruppa.
 
 Procediamo infatti adesso in buon numero,una ragazza piuttosto in carne ha evidenti problemi di deambulazione - piaghe al piede - ma non rinuncia a procedere. Un atletico ragazzo norvegese fa la spola avanti e indietro per incoraggiare e aiutare chiunque: lo ritroveremo all'ingreso di Estella. 
Ci soffermiamo su un tronco sull'argine di una fiumara quasi  in secca e Francesca scopre anche lei di avere un problema alla pianta del piede e alla caviglia.E' per questo che rallenta la sua marcia, ma stoicamente non demorde.

. E' già il primo pomeriggio quando arriviamo all'altezza di una chiesa medievale,- l 'Ermita di San Miguel dell'XI secolo - ma non abbiamo intenzione di deviare e fermarci. Proseguiamo ed attraversiamo il fiume tra una vegetazione rigogliosa e bruna e quando ne usciamo siamo ormai in vista della cittadina che ci accoglie dopo una larga curva con un imponente monastero con statue di monaci. Lungo la stessa Rua subito al principio l'Aubergue Municipales, dove ci fermiamo per la notte, ancora se possibile più accatastati e ammassati della sera prima. Cè il tempo però di tornare con il bus a recuperare la macchina e fare una bella cenetta al piano alto di un pub dove incredibilmente ci cucinano cordon blue ed insalata. Siamo soli nella sala ma la cena non è male.