La notte movimentata, le due signore olandesi -o tedesche - che ci hanno dormito accanto
hanno intonato il noto concerto notturno per fiato e naso, è stata surclassata
dall'attività parossistica della mattina.
Ancor
prima delle sei un via vai continuo e frenetico dalle brande verso il bagno e ritorno, -
proprio vicino al mio letto - uno scalpicciar di scarponi, un
rumore fatto di parole prima bisbigliate - fastidiosissime - sfociate in breve
in vocio babelico incurante, ad intensità crescente, che alfine occupava
tutti gli spazi, rimbalzando e amplificandosi, di chi scambiava esperienze,
emozioni proponimenti ed itinerari, mentre si raccoglievano lenzuola e sacchi a
pelo, si curavano piaghette ai piedi, si
stringevano i lacci degli scarponi e degli zaini, ci si preparava per il
cammino odierno.
Attoniti
e frastornati, Francesca nella branda di sopra ed io sotto, tentavamo con tutte
le nostre forze di resistere, indugiando sotto il lenzuolo con gli occhi
chiusi, fingendo di ignorare tutto quel parapiglia, ma alla fine abbiamo dovuto
capitolare anche perchè la regola dell'ostello imponeva l'uscita alle otto! Ed
in effetti in brevissimo tempo tutto il caos si era placato: i pellegrini all'improvviso
erano scomparsi con tutto il loro carico ed i rumori, lasciando le camerate
svuotate e le brande spoglie.
Avremmo
imparato presto che quel rito si sarebbe ripetuto identico, in tutti gli
ostelli del nostro percorso e presumibilmente in tutti
gli innumerevoli ostelli sparsi lungo il "Camino".
Per noi -
ancora imborghesiti e non adusi - la mattinata iniziava al bar di fronte
all'ostello, guarda caso gestito da un ragazzo ligure o
toscano, con una bella colazione - caffellatte succo e cornetto! - che doveva
approntarci alle fatiche imminenti.
Il nostro
camino infatti iniziava dal Puente della Magdalena, seconda tappa dell'
itinerario francese in Navarra e che partiva da Roncisvalle - o ancor prima da
Juan Pie de Porc in Francia. Anni prima avevamo fatto,Francesca ed io, un primo
tratto di quella tappa che perciò consideravamo già fatta!
Il
percorso a ritroso dall'Ostello al Puente, poche centinaia di metri
attraversando la porta di Francia, è sufficiente per innescare quel conflitto
perenne che cova sotto la cenere del rapporto padre/figlia, che nonostante i
buoni propositi reciproci ci
accompagnerà ancora per molto tempo ancora.
Scattate
le foto di rito, diamo ufficialmente il via al nostro camino seguendo attenti
la conchiglia che indica il percorso che, attraversando prima il Casco Antiguo,
ci accompagna dai quartieri della moderna Pamplona alla periferia verso l' Alto
del Perdon: è questa una altura a circa 7 km che si raggiunge attraversando
campi e un paesino dove l'attrazione da vedere e' la
Fuente Reniega - ormai disseccata - ma che non vediamo perchè avremmo dovuto
deviare dal percorso.
Infatti
c'è da notare che nonostante siamo appena partiti, io mi porto da casa una
brutta gonalgia che seppur non mi impedisce di camminare, mi provoca però un
bel po' di dolore. La stessa Francesca ha problemi con i suoi scarponi,
comprati nuovi per la bisogna (....te l'avevo detto che mi avrebbero fatto
male...!), e quindi lei decide di pellegrinare in ....sandali!
Il campo
che attraversiamo è completamente assolato e sebbene la temperatura non sia
eccessiva, quando inizia la salita iniziano
le prime difficoltà: Francesca comincia ad attardarsi, si lamenta degli
scarponi, se li cambia, un pellegrino anziano ci sopravanza,
e dopo i soliti scambi di complimenti, riprendiamo. Sullo sfondo la sequenza
delle moderne pale a vento che
coronano
l' altura dove siamo diretti, ci danno l'idea della distanza che dobbiamo
percorrere.
Fortunatamente,
qualche
nuvola attenua la calura ed il terreno più scosceso e ripido,
riaccende la voglia di Francesca che ha bisogno di entusiasmo per
alimentarsi, e quindi facciamo gli ultimi chilometri in stile arrampicata, allietati
peraltro da altri
giovani pellegrini, con le pale dei mulini a vento sempre più vicine, enormi
e quasi minacciose, li superiamo in un attimo, accolti sulla piana dell' Alto
del Perdon, 800 m slm, da raffiche di vento e dalle sculture in ferro omaggio ai
pellegrini.....e ai somari.
Sostiamo
per un pò in quell'area, confondendoci con altri gruppi, per fare foto e
rifocillarsi. In basso in lontananza Puente La Reina, il paesino meta della
nostra prima tappa, che dista però ancora una decina di chilometri. La nostra
intenzione è di intercettare il bus, ma gli orari sono ormai saltati. Infatti
la discesa convulsa per il sentiero sconnesso di sassi e brecciolini, mi
riporta
alla mente quasi la discesa di Tavolara, anche se questa è più lunga e meno
ripida. Alla fine della discesa attraversiamo campi di girasoli e la cosa che
mi incuriosisce sono i solchi nella terra, come se fosse stata arata di fresco,
ma più profondi: avrei letto che qualche giorno prima una scossa di terremoto
aveva appunto mosso la terra!
Camminiamo
e veniamo superati da due ragazzi con altro passo: cominciamo a lamentarci che
non si arriva mai. Non siamo attrezzati
con borracce e quando arriviamo in un paesino cerchiamo invano ristoro. E' il
primo pomeriggio ed il paesetto ordinato
e ben messo sembra disabitato.Ci sediamo di fronte ad un complesso chiesale,
riprendiamo il cammino e la fermata del bus sembra prenderci in giro.
L'entusiasmo va scemando con le prime fatiche e l'arrivo all'ostello - abbiamo
scelto il secondo sulla strada all'ingresso del paesino - lo accogliamo con
sollievo.
Questi
ostelli - gestiti privatamente, oppure da associazioni pubbliche o
ecclesiastiche - sono esattamente organizzati per il riposo
dei pellegrini: infatti non offrono altro che un letto e un bagno dove
accudirsi. Spesso le strutture sono sovraffollate e i letti
a castello ammucchiati in modo da occupare ogni spazio disponibile. In cambio
chiedono un obolo piuttosto contenuto
5/10 €, e questo è la misura di quanto valgono!
D'altra parte c'è da considerare che questi ostelli sono l'evoluzione di luoghi di accoglienza
che nel corso dei secoli hanno dato alloggio a pellegrini che perlopiù l'unica
cosa che possedevano era il loro bastone e la loro borraccia, e che lo spirito
del Camino di Santiago, è quello della penitenza - di un fioretto - alla
ricerca delle cose vere della vita. Per cui vietato lamentarsi.
Questo di
Puente la Reina è dei Padre Reparadores, suddiviso in stanze da 9 letti a
castello (quindi per diciotto persone), e fortunatamente - superato un
disguido- troviamo posto.
Con il
bus torniamo a Pamplona a recuperare l'auto, parcheggiata opportunamente vicino
alla stazione dei bus dove non c'è da pagare l'esoso ticket, che parcheggiamo
davanti l'ostello - cercando di non farci troppo notare! La passeggiata per il corso
antiguo - prolungamento del Monastero dei Padri Reparadores - il cui selciato
testimonia l'epoca - XIV secolo - non offre molte
attrattive, al di là di un grande crocifisso in legno con la tipca faccia
smunta del Gesù espaniol. Ci sono un paio di trattorie che espongono il loro
"menù dos peregrinos", e ci facciamo allettare da una minestra calda
che consumiamo unici avventori. La giornata è stata lunga. Gli altri sono già
quasi tutti a nanna e lo stesso facciamo noi.
18 Aprile
-
La notte è passata veloce ma ristoratrice, ed
il risveglio come solito troppo frettoloso per noi che abbiamo il meabolismo
lento. Approfitto per farmi una doccia calda, anche se fuori - le finestre del
bagno sono spalancate - l'aria mattutina è fresca e
piuttosto umida. Purtroppo non ho un accappatoio e mi devo asciugare con il
mini-asciugamano da palestra di Francy.
Dobbiamo
affrettarci perchè stanno già spazzolando le camerate.Timbro per la compostela
e soliti ultimi, saliamo in macchina - sempre discreti - e posteggiamo davanti
alla fermata del bus, da dove scenderemo per recuperare l'auto dalla nostra
seconda tappa Estella 25 Km.
Casualmente
di fronte alla fermata c'è un bar - già notato la sera prima - dove consumiamo
la nostra consueta colazione.
La
giornata è coperta e rischia pioggia: un'altra eventualità per cui non siamo
troppo preparati. Partiamo,
come solito con molta calma: non abbiamo fretta. Fotografiamo il ponte di
pietra - il ponte de la Reina -del dodicesimo secolo, veramente notevole - come i molti altri che
incontreremo lungo il camino - e ci incamminiamo su un lato della strada sterrata:
sull'altra due altri
pellegrini - meglio attrezzati di noi - uno dei quali disabile.
Il
paesaggio è quello tipico della campagna: distese coltivate a perdita d'occhio
senza alberi o rilievi.
Il primo
paesino che incontriamo è Maneru dove possiamo dissetarci ad una fontana posta
in una piazza: incrociamo una
strana signora con un grande cane bianco che fa il camino da sola, e che
ritroveremo più avanti.
Le
stradine del paese perlopiù piastrellate finiscono in campagna. La guida dice
che nel Medioevo il villaggio era frequentato dai templari, di cui però non si
vede traccia. E' invece ben visibile quella di un ostello quattro stelle da cui
escono panciuti quattro
"pellegrini": mi vengono in mente le offerte di tour guidati del
camino, con possibilità di trasferimento by car, sia del bagaglio che
del....pellegrino! Un po' come noi anche se noi abbiamo intenzione di fare il
nostro bel percorso a piedi.
Si
continua lungo il sentiero in mezzo
alla campagna. Ad un tratto incrociamo
piccoli cumuli di sassi: un segnale del passaggio del pellegrino che lascia un
sasso sul percorso. Francesca scambia due parole con un ragazzo spagnolo che -
dice - di aver lasciato un promettente impiego bancario per affrontare il
Camino, da solo. Qualche mese sabbatico.
E'
curioso come si addensano e poi si discostano i vari camminatori: anche se il
passo è diverso spesso sono i posti di
attrazione che intruppano.
A Cirauqui infatti c'è una bella frotta di
pellegrini tutti intenti a fotografare gli stemmi medievali riportati
sui portoni delle case padronali e raffiguranti animali, castelli e spade. Non
ci sottraiamo.
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