Cos'è che li fa MUoverE ?
Chi avrebbe detto che una attività così semplice e spontanea - si cammina prima ancora di connettere verbo- poteva determinare una occasione di aggregazione, il ricostituirsi di antiche frequentazioni,risvegliare la voglia di stare insieme e condividere le emozioni di piccole avventure.Eppure guardateli con gli zaini in spalla ripieni di sorprese, attrezzature più o meno consone alla bisogna - animati da spirito di conoscenza, inerpicarsi per boschi e pendii alla scoperta del mondo che li circonda.
Ed allora ci si chiede cos'è che li spinge ad andare ed andare ed andare, cosa cercano, quali le motivazioni.Come al solito è meglio non porsi mai troppe domande:le risposte potrebbero essere deludenti banali scontate.....volgari! Lasciamoli camminare....Non ci interessa dove e perché.
Ci preme che vadano, che vadano ma che vadano pure a...Ecco, appunto!
BIKE
UTOPIA SOCIALE
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Brahamana V sec. a.c - Indra esorta Rohita
Non c'è felicità per chi non viaggia, Rohita!A forza di stare nella società degli uomini,Anche il migliore di loro si perde.Mettiti in viaggio.I piedi del viandante diventano fiori,la sua anima cresce e dà frutti,ed i suoi vizi son lavati via dalla fatica del viaggiare.La sorte di chi sta fermo non si muove.Allora vai, viaggia, Rohita!Indra esorta Rohita - (dai Brahamana V Sec. a.c.)
giovedì 24 novembre 2016
Il terzo viaggio in bici - 2013 L'Augustea - 1°Roma - Todi
Tutto ci diceva di non partire.
Primo il tempo atmosferico che sembrava prenderci in giro con ampie schiarite e subitanee chiusure a scrosci violenti. La nostra voglia era messa a dura prova: è vero alle 8,30 eravamo in piedi ma l'orizzonte plumbeo
e il fragore dei tuoni non troppo lontani consigliavano un supplemento di riposo a letto.
Certo che la situazione di instabilità non si sarebbe protratta a lungo, mi muovevo come se avessimo rimandato solo di qualche ora. Ed infatti alle due, e forse anche prima senza le prevedibili lungaggini e le immancabili schermaglie, eravamo pronti. Impossibile fare la foto di rito perchè la macchinetta aveva le batterie scariche. Partiamo? Partiamo.Da dietro.
L'aria aveva rinfrescato anche troppo ed io necessitavo della preziosa maglietta della gallina, mentre Fra in completo nero con body blu!
Facile il passaggio da Tor Sapienza ma già al primo bivio iniziano le divergenze: lo so io dove si passa per arrivare a Saxa Rubra ! Non cedo. Porta del Popolo è la porta di uscita, (.....ma se passavamo da Villa Borghese era più bello...) poi la via Flaminia, Tor di Quinto, l'uscita per Labaro e finalmente il temuto accesso alla Tiberina.Tutto liscio. Ora sono circa 17Km di strada ondulata "allietata" qua e là da signorine
diciamo di facili costumi, perlopiù di colore. L'asfalto è un disastro ma per fortuna non c'è traffico. La mia bici nuova fiammante - una Bottecchia crosslite - va come il ventoe non fatico, Fra segue di buon passo.
A Lucus Feroniae comincio a cercare le indicazioni per Nazzano, che non è segnato. Proseguiamo e attraversiamo la zona industriale di Fano, poi superato il paese finalmente la deviazione aspettata.
Fin qui altro che fiume! un panorama povero e desolato accentuato dal grigio del cielo e dell'asfalto, ma dopo una rotatoria e il ponte sull'autostrada , all'improvviso tutto cambia: il cielo si è aperto e c'è il sole,
la strada ampia e in leggera discesa, ci siamo solo noi e l'allegria dell'avventura cominciata.
Arriviamo in breve ai piedi della salita per Nazzano: un tratto impervio che non so se saremmo stati in grado di salire. Ci fermiamo proprio davanti agli uffici amministrativi dell'area protetta di Tevere Farfa.
Proviamo a chiamare l'Agriturismo prenotato ed Aurora ci conferma che potrebbe essere possibile evitare la salita percorrendo l'argine del Tevere, ma c'è stata una frana e bisogna superare un tratto impervio.
La guardia del parco ci dà il suo consenso a "nostro rischio" e pericolo (lui non ci ha visto!)
Ci avventuriamo timorosi e in bello stile superiamo due tronchi crollati sul sentiero con le radici divelte che ostacolano il passaggio.Tutto qui?! Meno male! Secondo tronco e poco più in là...ah eccola la frana...
La massa di fango si è staccata dal declivo ed ha invaso il sentiero rendendo impossibile il passaggio delle bici. Dobbiamo sollevarle e caricarcele a mano...cercando soluzioni che non concordiamo mai! Chiama Juan con la sua notoria tempestività e abilità nel cogliere il momento. Sono preoccupato per la mia nuova bici.: ho paura di scivolare nel fiume con tutto il carico ma di più di rovinare ingranaggi e cambio. Ma non possiamo tornare indietro, come sugli scogli. Con sforzo enorme passo la mia ma per quella di francy decidiamo di togliere tutti i bagagli. L'avessimo fatto prima ! Con l'aiuto di uno jogger passa anche quella di Fra e con un po di tremarella rimontati i pacchi, riprendiamo il sentiero.
L'Agriturismo è qualche centinaio di metri più avanti ed anche se stanchi morti ed infangati, di più le bici,
arriviamo. Aurora è una secca spilungona nera di capelli e molto cordiale.
Vive lì con la madre e la sorella. Ha rilevato la struttura da qualche anno e si occupa di tutto dall'amministrazione all'orto. Il manufatto è un vecchio deposito di un mulino sul Tevere, che è stato ristrutturato per farne un ostello della gioventù e poi dato in gestione a privati.
Ha un'ampia area esterna con tavolini sotto un pergolato, al cui riparo mettiamo le bici, mentre la hall
è un misto di arredi hippies : cravatte appese, bamboline di pezza, poster e disegni lasciati da ospiti riconoscenti alle pareti, peluche sparsi che due bei canoni neri trascinano per ogni dove, un cesto di paglia
con ancora bamboline in vendita ed offerte "hand made" da una associazione anch'essa evidentemente naif.
Vendono anche generi alimentari biologici di loro produzione:vino olio, pasta fatta in casa, verdure....
Questa è solo la Hall, un ambiente piuttosto piccolo, dietro c'è un ampia sale mentre le scale portano alle
camere. Aurora ci chiede se vogliamo cenare , ed accettiamo subito chiarendo però i nostril limiti di spesa.
Ci accordiamo . La stanza, la 22 è al secondo piano. E' ampia e spaziosa, adatta ad una famiglia, con un soppalco con letto e bagno e la agognata doccia. Ottimo. Siamo pronti per la cena che consumiamo nella
sala grande. Eccellente: antipasto di verdure stufate per la gioia di Fra, per me un piatto di fettuccine con funghi, fiori di zucca e basilico, per Fra un pollo petto e due cosce alla sacrofano! ma senza peperoni che non digerisce, e quindi spinaci lessati ; 1/2 litro di vino che ci spaparacchiamo e fette di cocomero!
Sembrava ci conoscessero da sempre. La cuoca è la madre. Bravissima.
In fondo alla sala si tiene una riunione per "rivitalizzare l'area protetta": partecipano un rappresentante del wwf, alcuni dal comune, operatori economici, come Aurora, amici e simpatizzanti.
L'oggetto del dibattito è proprio la frana e lo stato di abbandono e poca manutenzione di una delle più grandi riserve della Regione Lazio. L'argomento è interessante ma a me è sembrato di sentire linguaggi e cadenze sessantottine. Chissà se quaglieranno.
Buonanotte!
giovedì 14 aprile 2016
Il nostro viaggio in Africa - 4°
La costruzione in muratura è datata ed in condizioni non floride ma sembra solida: è una specie di grande villa che deve sicuramente aver visto tempi migliori; all'interno però è evidente lo stato di quasi abbandono e deterioramento che, nonostante i tentativi delle ragazze, prime fra tutte Fra e Vale, si vede nei muri nelle suppellettili nel pavimento. Anche se piuttosto buia la casa è grande: la cucina, con stoviglie ammucchiate vicino ad un grande lavabo con bottiglioni d'acqua da 25 e 30 litri sparsi e stipati tra ciabatte e residui;
una zona soggiorno dove le ragazze stanno tentando di costruire una biblioteca, con un tavolo basso davanti ad una TV che funziona solo per vedere dvd. Francesca è lì che sta facendo colazione e ci accompagna attraverso uno stretto e buio corridoio alla camera da letto piuttosto grande con tre lettini coperti dalle zanzariere e una confusione di vestiti mutande notebook phon scarpe libri ecc in ogni dove. Ci fa vedere anche il bagno che hanno sistemato e la doccia primitiva, che possono fare quando c'è l'acqua: rispetto alle foto che ci aveva inviato all'inizio questo sembra il gabinetto di una principessa.
E questo nonostante le opposizioni della curatrice della Ong all'acquisto di suppellettili degne!
Stiamo aspettando l'autista che ci accompagnerà a Dar Es Salam, e che si presenta poco dopo; una sosta
alla sede dell'Ong - una palazzina discreta in una zona residenziale tranquilla e pulita, con un bel courty
yard - e quindi via a ritroso verso la capitale. La trasferta procede senza intoppi fino alla periferia della città
dove il traffico comincia ad ingrossarsi ed il rumore ed il caos ad innalzarsi. Ma questo non sembra disturbare il nostro autista che placido procede rassegnato. Arriviamo all'ospedale: una grande costruzione
moderna ed ariosa, che brulica di gente. Ci dirigiamo verso il pronto soccorso intasato da donne in sahri per lo più nero,ma anche colorati, alcune completamente velate, altre che indossano solo il chador, diverse invece con l'abbigliamento occidentale.
Ci sono quattro o cinque salette chiuse da tende e Fra cerca di parlare con una infermiera cicciotta per farle capire la nostra urgenza e le sue condizioni febbricitanti. C'è da aspettare. Finalmente la fanno accomodare in una di quelle salette: Fra sembra aver sfebbrato e stesa su un lettino parla con un giovane medico aitante.
Mi danno dei fogli con la prescrizione delle medicine che vado a comprare nella farmacia dell'ospedale.
Francesca viene dimessa, il check per la malaria è negativo, non ha febbre, chiedo al medico notizie per la Dengue ma credo di capire di non preoccuparsi. In realtà, scopriremo poi, non ha fatto nessun test per la dengue. E' pomeriggio inoltrato, e recuperiamo l'autista che per tutto quel tempo - oltre sei ore - è rimasto da qualche parte ad aspettare. Torniamo verso Bagamojo che è ormai buio. Il brulicare di persone ai margini della strada è impressionante: sostiamo in una di queste aree in attesa di un altro autista che sta arrivando con un DalaDala. Alcune luci al neon di un "negozio" di articoli tecnici, cellulari e televisori, il via vai di persone e di mezzi di tutti i tipi alcuni caricati all'inverosimile, i fumi che fuoriescono dalle bancarelle che vendono cose da mangiare, rendono l'atmosfera un po' sinistra a metà tra la festa di paese e le giostre di periferia, ma il nostro uomo ci allerta sulla destrezza di giovani rapinatori.
A Bagamojo era in programma per questa sera una apericena con la focaccia che aveva portato Fortuna e che Fra ha voluto condividere con tutti gli altri e la birra. Ho potuto conoscere così Juan e scambiare con le altre ragazze opinioni sull'efficacia delle azioni delle Ong comparata con quelle di operatori di grandi opere come i cinesi. Ci congediamo con brindisi e auguri per il nostro Safari: domani infatti lasceremo Bagamojo per Arusha porta di ingresso ai grandi Parchi.
Prima di andare a dormire Fra mi accompagna al bancomat con una di quelle motorette che avevo visto spesso raggruppate ai margini delle piazze: è questa un'altra caratteristica della zona. Funzionano infatti come mezzi pubblici veloci ed economici, e così saliamo in tre e rapidamente andiamo e torniamo.
sabato 9 aprile 2016
Il nostro viaggio in Africa - 3
La colazione a base di frutta, mango e piccole banane fritte ci viene servita dal solito gentilissimo Eddie nella struttura di legno. Il mare piatto, di un colore indefinito tra il grigio e l'oleoso, è solcato da un Mtumbwi
una di quelle piroghe allungate stipata non si sa bene se di pescatori o passeggeri: scivola via silenziosa, come tutto intorno.
L'addetto alla pulizia del giardino rimuove foglie e sporcizia con movimenti lenti del suo lungo attrezzo, non di malavoglia ma con indolenza, quasi conscio della scarsa possibilità di vittoria; è un uomo anziano e mi guarda con occhi grandi e lucidi, sorridenti.
Aspettiamo Francesca che ritarda perché ancora non le è passata la febbre, non abbiamo nessuna fretta e quando arriva è al solito positiva e carica di energia....o forse no.
Facciamo una passeggiata prima al monumento con un grande croce in ferro detto La porta della Missione Madre : è qui infatti che sbarcarono i primi missionari ed è qui che costruirono la prima cappella cristiana - poi alla missione cattolica dove dovrebbe esserci un sanatorio e Fra può fare il test della malaria.
Siamo inseguiti da Barnaba che ci chiede notizie dei soldi: lo rassicuro di aver provveduto al bonifico del saldo. Questo episodio infastidisce Fra che ci allerta sulla doppiezza del personaggio.
La missione cattolica è situata alla periferia nord e ci si arriva percorrendo un lungo viale alberato di alberi di mango e costruzioni basse: è frequentata da bambini e bambine nella divisa della scuola, che vociano allegramente rincorrendosi.
Nello spiazzo antistante l'ingresso....del museo etnico, a pagamento, c'è il famoso Baobab piantato alla fine dell' '800 in ricordo della fondazione della missione. Il signore del museo ci fa notare alla base dell'enorme albero delle catene a cui erano legate delle oche.e che ora che il baobab è cresciuto sono in parte interrate tra le radici. Nella missione c'è il Livingstone Tower dove sostarono le spoglie di Livingstone, prima di essere trasferite in Inghilterra .
Bagamojo è stata sotto la dominazione araba nella prima metà del primo millennio ed il suo porto acquisì importanza grazie al commercio di sale ed avorio verso la fiorente isola di Zanzibar ; successivamente quel commercio si tramutò in quello di esseri umani, la tratta degli schiavi,che prosegui' fino alla fine del 1800. Bagamojo in swahili significa " il posto dove lasci il cuore" riferito
probabilmente al cuore di quegli uomini e donne che non avrebbero più rivisto la loro terra.
Il Museo della Missione è forse il più importante di tutta l'Africa Orientale, perché qui insieme ad oggetti etnici, manufatti in legno e descrizioni delle arti e delle erbe degli stregoni, e fotografie dei re, è illustrata la storia della tratta degli schiavi con le indicazioni del numero incredibile di persone che prelevate dai propri villaggi all'interno, dopo marce estenuanti, giungevano a Bagamojo per essere vendute.
Ancora oggi sono visibili, la piazza della tratta e le catene nel porto, ormai abbandonato.
Con Francesca arriviamo fino alla chiesa nuova, chiusa, dove siamo attratti da una distesa interminabile di palme mosse dal vento, che cerchiamo di riprendere con la nostra canon.
Il sanatorio è chiuso - o non ha i reagenti per la malaria - per cui dopo la visita torniamo nel centro della città dove cè un "ospedale".
Bagamojo è una cittadina di oltre 40.000 abitanti e per la prima volta vedo le condizioni in cui vivono
la maggior parte di queste persone. La macchina che ci accompagna traballa per le profonde buche della strada di fango: le case poste ai lati sono tuguri grigi in mattoni di paglia e fango rialzate rispetto alla strada, accatastate una accanto all'altra apparentemente senza una logica razionale, creando un intrico di vicoli piccoli, minuscoli in cui scorrazzano a piedi nudi bimbi sudici; sulle soglie sedute accovacciate donne vestite con gonne e magliette occidentali, spettinate pescano con le mani in ciotole di metallo il loro desinare, altre appoggiate allo stipite fumano sigarette oppure osservano semplicemente o chiacchierano a voce alta da un lato all'altro della strada, altre ancora tirano secchiate d'acqua sul pavimento verso l'esterno e la tirano via con una grossa scopa. Per i vicoli starnazzano libere galline e oche e fumi e cattivi odori impregnano l'aria, rivoli di acqua sporca scorrono lungo la strada o riempiono stagnanti le buche, l'impressione generale è di un caotico degrado, che però non sconvolge, è quasi ineluttabile ed atteso. La malaria forse è il meno pericoloso dei mali.
Le abitazioni si alternano alle botteghe: un raccoglitore di ferraglia è accanto ad un macellaio che espone i suoi quarti seccati e putridi all'aria, preda delle mosche. Più in la' un venditore di carbone con i grossi sacchi bianche che abbiamo imparato a vedere. Più belli e ben messi i rivenditori di ananas e mango che raccolgono in ardite e precarie geometrie la loro mercanzia: e così allineano costruzioni piramidali e coniche, oppure ....... di ananas ad incorniciare tutt'intorno il banchetto.
C'è anche un venditore di tabacco e fumo, ma non tutti sono disposti ad essere ripresi così cerco di rubare discretamente qualche foto.
Finalmente l'auto si ferma: per raggiungere l'ospedale bisogna proseguire a piedi: lo fa Francy e la seguo. Sembra incredibile che in mezzo a quella sporcizia possa esserci un "ospedale" ed infatti non c'è: quello dove entra Francesca è un caseggiato come gli altri solo più grande e chissà se più pulito!
Ci sono una serie di stanze, senza porte, oppure con la porta aperta: un giovane è allettato avvolto da lenzuola bianche: penso all'HIV ! Ma è sicuro quel posto? Aspetto Francesca in una specie di cortile neanche troppo brutto. Esce dopo poco. La malaria non ce l'ha! Che c'ha? cos'è che le procura la febbre? Come al solito lei sminuisce la gravità e si lancia nella situazione successiva.
Passiamo davanti alla "Sede dell' Associazione" una casa come le altre, intonacata di bianco, 3 metri per tre con due banchi e due sedie ed un computer, affogata e senza aria dove viene salutata calorosamente da alcune ragazze che si trovano all'interno: è questo il luogo dove dovrebbe passare i
prossimi sei mesi del suo volontariato, tra gli scrosci di pioggia e le temperature sopra i 40°!
Usciamo finalmente da quell'agglomerato allucinante che mi ha fatto ricordare i campi nomadi a Roma e, confortati dall'esito dell'analisi di Francesca, con la macchina ci avviamo a visitare altri posti. Usciamo dalla cittadina e camminiamo per una strada non più asfaltata ma non polverosa:
lungo i margini ed immersi nel bosco, distanziati l'uno dall'altro ancora questi caseggiati rettangolari, fatti di terra rossa che si confonde con la terra , recintati con canne o con mezzi copertoni di auto interrati, con lo spiazzo per gli animali che sbucano dalle case, e l'orto coltivato.
Abitazioni più povere ma apparentemente molto più dignitose e pulite di quelle della mattina.
Un paesaggio molto più simile all'iconografia africana che uno si aspetta, più sereno, anche perché stiamo passando attraverso la foresta e la luce del pomeriggio che filtra dagli alberi produce una Kaolecolorazione pastello diffusa . Arriviamo ad una località che si chiama Kaole: è una zona archeologica con resti della presenza musulmana, una moschea ed altro. L'area di ingresso è ben
ordinata con vialetti segnati da pietre, ma anche questo è a pagamento e poiché non sembra particolarmente interessante, soprassediamo. Mi avvicino per fotografare due grandi Baobab ma vengo redarguito da un guardiano: sono sacri, e desisto rispettoso, anche se la foto l'ho già
fatta....
Riprendiamo la marcia, attraversiamo un paio di villaggi che sembrano ben messi e organizzati
ed arriviamo in una località che le ragazze hanno soprannominato il Paradiso: si accede attraverso una stradina in discesa sabbiosa che crea qualche piccola difficoltà a Fortuna, ma lo spettacolo è veramente da paura: siamo nel delta del fiume Ruvu dove questo incontra il mare......la sabbia bianca e setosa fa risaltare l'acqua marina cristallina di un verde smeraldo intenso dovuto alla vegetazione di mangrovie di un isolotto che si erge al largo poco distante. Sulla spiaggia ampia sono attraccate le caratteristiche barche dei pescatori che ho scoperto chiamarsi......... Questi sono accovacciati sulla sabbia al riparo della vegetazione intenti a selezionare il pesce che hanno appena pescato: ce n'è uno grande che sembra un pescespada. Poco più in là un Baobab come solito enorme a cui cerco di abbarbicarmi per una foto....indimenticabile!
E' vero, sembra un paradiso.
I pescatori sono sorpresi dall'apprendere che Francesca non è sposata e va in giro con i genitori!
E' vero, un'altra cultura.
Torniamo al resort che è pomeriggio inoltrato: mi siedo sulle panchine in riva al mare e poco dopo faccio la conoscenza fugace delle compagne di Francesca.
A cena andiamo al PoaPoa un localino niente male accompagnati da uno degli spasimanti di Fra:
è anche lui del Burundi come la compagna del tedesco del resort, ed ha anch'egli in progetto di costruire e gestirne uno suo. E' molto gentile ed ossequioso con noi ed ha una faccia simpatica anche se un po' troppo magro per i miei gusti. Il locale è un po' rasta, ceniamo all'aperto con la cucina a vista là in alto. Francesca è molto stanca ....la febbre non le da tregua. Domani andremo all'ospedale a Dar es Salam!
Juan, il capo missione dell'ong, vuole vederci chiaro: nella capitale c'è infatti una epidemia di Dengue e vuole sincerarsi che Fra non ne sia vittima.
martedì 22 marzo 2016
Il nostro viaggio in Africa - 2°
Rientriamo nel resort e i prepariamo per la cena. Incontriamo le colleghe di Fra. Valentina con cui è partita da Roma a Gennaio, ed altre tre del servizio civile. Tutte ragazze in gamba aperte e competenti.
Per la cena dobbiamo aspettare un po' perchè è andata via la luce - come capita molto spesso dice Fra -
e l'attesa sotto la grande struttura in legno, a lume di candela, è quasi comica. Fra ha ancora la febbre.
E' Eddie che ci serve al tavolo pesce e gamberoni cucinati dal proprietario del resort: un tedesco un po' scorbutico e di poche parole che avevamo incontrato poco prima. Il cibo è buono anche se sotto le aspettative. Un ultimo sguardo al mare e salutiamo Fra a cui raccomandiamo di riguardarsi.
Anche la notte è comica sotto la zanzariera. Io come solito mi devo alzare e accesa la luce lo spettacolo delle innumerevoli zanzare nere tutte poggiate sul velo bianco danno un po' di timore. In realtà ne schiaccio qualcuna che ha già succhiato e quindi la probabilità della malaria è alta. Fortuna non sembra preoccuparsi più di tanto e continua il suo sonno apparente. Tra l'altro l'apertura e la chiusura delle tenda provoca inevitabilmente l'ingresso delle zanzare all'interno. Speriamo bene!. .
martedì 9 febbraio 2016
venerdì 5 febbraio 2016
Il nostro viaggio in Africa - 1°
giovedì 28 gennaio 2016
Il camino di Santiago - 6° Santiago- FinisTerre - Oviedo - Santander ; 29 e 30 Aprile 1 e 2 Maggio
La notte è trascorsa ristoratrice. Siamo apparentemente soli in questa grande struttura e nessuno sembra
sollecitarci all'uscita. Così ce la prendiamo comoda facendo ...i nostri comodi.
Dopo il timbro canonico, usciamo in una giornata magnifica: sole e frescura. La strada è lastricata, siamo nell'area medievale, e tutto appare lindo.
Dalla altura in cui siamo abbiamo una veduta panoramica sia della campagna a sud che dell'area della cattedrale di fronte; il cielo pulito e l'aria fresca invita al buonumore, ed è così' che ci avviamo per la ripida discesa verso la città vecchia. Il programma di oggi prevede che io ritorni con il bus a recuperare l'auto,
e Fra continuerà la sua visita alla città. Ci separiamo dopo una colazione non troppo soddisfacente
in uno di questi bar moderni tutto fumo e niente arrosto.
Faccio una bella passeggiata a piedi per raggiungere la stazione degli autobus: ben organizzata e pulita, mi soffermo a pensare al perchè noi non possiamo godere in Italia di simili strutture.
Il mio autobus è pronto sul piazzale ma dell'autista nessuna traccia: come sempre in queste situazioni
sale un pò l'ansia di avere informazioni sbagliate, ma dopo poco un signore burbero accompagnato da alcune vecchiette si avvicina all'autobus. Mi accodo. Paghiamo il biglietto - modesto per la tratta - sul bus: la cassa dell'autista è una scatola di cartone a vista!! Altro che indennità di gestione denaro.
Partenza puntuale. Il tragitto non è particolarmente interessante e neanche i passeggeri, per lo più donne anziane che salgono e scendono dopo brevi tratte, e dopo poco più di un'ora arriviamo nel piazzale di PuertoMarin. La Panda è lì così come ci aveva assicurato la barista.
Ripercorro la strada a ritroso e fa sorridere pensare che la camminata di due o tre giorni, in macchina sia poi così breve.
Arrivo all'appuntamento con Fra che è quasi l'una. Francesca ha assistito alla messa di mezzogiorno: sì proprio quella in cui lanciano il candelabro. E' la messa del Pellegrino e mi racconta dell'esperienza suggestiva e quasi mistica di partecipare al rito insieme a così tante persone oranti e cantanti in una atmosfera resa ancora più "drogata" dall'incenso emesso copiosamente ad ogni oscillazione dall'enorme candelabro
magistralmente manovrato da due gruppi di chierici in tonaca rossa. E' arcinota l'abilità della chiesa di creare situazioni di soggezione al limite della magia: qualcuno riesce a vedere statue piangere o il sangue sciogliersi. Concordo con Francesca sulla singolarità dell'esperienza.
Ma il nostro viaggio, la nostra peregrinazione non finisce qui. Verso le quattro riprendiamo la macchina con destinazione la fine del mondo! Ed infatti, dopo aver lasciato una anonima e trafficata periferia di Santiago, ci proiettiamo verso il mare con il sole di fronte che ci cade addosso grande e luminoso.
E' bellissimo perchè nelle due tre ore del viaggio assistiamo a tutte le trasformazioni di colorazioni che il sole
nel tramontare segna sulle montagne sulle case sui boschi che attraversiamo sul mare all'orizzonte.
La natura sì che è magica! L'aria è fresca ma non fredda e viaggiamo con i finistrini abbassati.
FinisTerrae è proprio così alla lettera: si arriva in uno spiazzo dove c'è il porticciolo, un bar il nostro ostello
ed un alimentari chiuso. C'è anche la fermata del bus. Spenta la magia del sole tutto appare un pò troppo squallido e umidoso: freddo e umido. Anche la receptionist dell'ostello che per qualche motivo, legato al fatto che abbiamo percorso in macchina e non a piedi la strada da Santiago, non vorrebbe farci entrare. Sarebbe un bel guaio perchè lì intorno non c'è altro. Ci costringe ad aspettare fuori una buona mezz'ora, ma poi alla fine entriamo. Questo è un ostello tipo i primi che abbiamo incontrato:letti a castello ammucchiati disposti su più piani, ragazzi pellegrini scapigliati buttati per terra a fumare e chiacchierare fino a tardi, nessuna possibilità di mangiare qualcosa, e perciò ci arrangiamo come solito grazie alla previdenza ed abilità di Fra.
30 Aprile - FinisTerrae . Cabo FisTerre - Ribadero
Da qui il nostro itinerario ripercorre al contrario "Il camino del Norte" quello cioè che percorre la costa
atlantica lungo le regioni della Galizia e delle Asturie: è un percorso aspro e poco servito ma a detta dei pellegrini tra i più spettacolari. Noi purtroppo non avremo la possibilità di verificarne la bellezza perchè la statale che facciamo seppur tra boschi corre quasi sempre all'interno.
La notte non si è dormito molto, e la mattina alle 8 tutti fuori! Siamo sorpresi a vedere l'affannarsi di tutti quei ragazzi che in pochi minuti raccolgono le loro cose e si precipitano fuori, ma lo scopriamo subito una volta all'esterno: sono tutti fuori alla fermata dell'autobus che passerà da lì a pochi minuti e se li porterà via tutti verso Santiago. Dopo tutta quella concitazione siamo di nuovo soli in quella piazza spoglia. E' una giornata uggiosa, ed il mare che respira silenzioso neanche sembra lui. La taverna all'angolo sembra accogliente
e soprattutto calda, e ci precipitiamo dentro per una bella colazione: neanche a dirlo i proprietari sono inglesi
, oppure olandesi, e ci stanno proprio bene in quell'ambiente non certo accogliente. Comunque abbiamo il nostro latte ed il the' caldo e ci attardiamo dentro.
E' comunque sempre molto presto quando decidiamo di dirigerci verso il Cabo Finisterre ennesimo punto estremo del continente europeo.Ma prima di lasciare una passeggiata sulla sabbia scoperta dalla bassa marea con tutta la vita che pulsa sotto: una spiaggia sconfinata che non frena il desiderio di Fra di "toccare l'acqua del mare" e di raccogliere qualche conchiglia più bella di altre!
Anche se la giornata è grigia ed il sole non si vede il posto è bello e selvaggio. Arriviamo al faro a picco sul mare che sbatte sulle rocce un bel po più sotto, all'interno del faro c'è un piccolo museo con foto di mareggiate impressionanti. L'addetto ci racconta un po' di storia: quella che più ci attrae fa riferimento ad un piccolo spiazzo poco più giù nel dirupo verso il mare con una croce celtica in pietra e rocce nere affumicate. Ci racconta il nostromo che lì i peregrini sogliono accendere il fuoco ed aspettare l'alba o il tramonto del sole, novelli sacerdoti del dio.
Ma adesso non c'è sole: il cielo è grigio, il mare è grigio, la roccia è grigia, la nebbiolina che si dirada lentamente ci ha immerso in una atmosfera incantata, fuori dal tempo: noi non possiamo accendere fuochi e allora improvvisiamo movenze di una lotta antica, una danza riparatrice che offriamo agli dei del mare!
Vorremmo restare ancora ma dobbiamo andare......Salutiamo il signore del museo che non manca di segnarci il timbro sulla Compostela e riprendiamo la marcia....in macchina.
Stiamo tagliando all'interno nella provincia di Lugo verso Ribadero: siamo un po' delusi perchè non esiste una strada sulla costa o perlomeno non è agevole, e quella che percorriamo non ha niente di interessante. Ogni tanto incrociamo qualche pellegrino a piedi, ma sono piuttosto rari. Arriviamo al paese nel primo pomeriggio e la pioviggina che ci ha accompagnato finora, ancora non ci lascia.
L'ostello in cui avevamo intenzione di andare è pieno, ed anche se la struttura è moderna inserita in un parco attrezzato sul mare, è meglio così; abbiamo bisogno di dormire come si deve e l'impressione è che il posto sia caotico come quello di Fisterre.
Ripieghiamo perciò per un bel alberghetto al centro della cittadina, caldo e confortevole.
Ribadero è posto alla confluenza di un fiordo che penetra all'interno tra due alte coste frastagliate, unite da un lungo ponte in ferro sospeso sul mare: ci sono avvertenze di pericolo in caso di mareggiate o vento forte ma il ponte è percorribile. Trovarsi sospesi in mezzo a quel mare dà i brividi ed un pò di vertigine: è facile immaginare come ci si possa sentire sferzati dal vento e con le onde alte dell'oceano.
Seguiamo la stradina del parco attrezzato che ci porta ai "mirador" punti panoramici da cui si può apprezzare in sicurezza l'insinuarsi della densa massa d'acqua tra le alte sponde: un castello con una fiorita bouganville
mette alla prova le nostre abilità fotografiche.....dall'altra parte per un sentiero che si percorre a piedi arriviamo ad un costone che sovrasta una ampia spiaggia ed un mare placido.....anche qui le rocce di granito ed il panorama fanno da quinta al servizio fotografico della modella Fran, che come al solito non vorrebbe mai andare via.
1 & 2/3 Maggio - Oviedo - Santander - Roma
Riprendiamo il viaggio in macchina verso Oviedo la capitale del Regno delle Asturie. Il tempo è brutto e piove, la strada tra i boschi è monotona, così ogni tanto facciamo qualche deviazione verso il mare, ma i paesini che incontriamo sono poco attraenti, perlopiù paesi di pescatori con le grosse barche in secca lungo i canali attraccate con lunghe corde alla banchina perchè la marea qui entra per un centinaio di metri....
Superiamo La Coruna nella zona industriale ed arriviamo ad Oviedo sotto l'acqua verso le due.
Troviamo l'ostello il cui gestore avrebbe aperto dopo circa un'ora, come apprendiamo da altri pellegrini.
Ci sistemiamo, le camerate sono a due o quattro letti a castello e noi siamo da soli in una cameretta:
ho paura per il freddo. Usciamo per vedere un po' la città il cui centro storico non dista molto dall'ostello.
Anni prima mi era piaciuta perchè la zona medievale era ancora integra, ma oggi non abbiamo troppe possibilità di passeggiare perchè piove e siamo ormai stanchi, perciò ci rifuggiamo nella cattedrale anch'essa fredda e inospitale.Ho tempo per polemizzare su non so più quale statua o croce e questo disturba la sensibilità di Fra, perciò torniamo immusoniti all'ostello.
Consumiamo la nostra cena insieme ad altri pellegrini - francesi - che disquisivano sulla bellezza del camino del Norte, con qualcuno che l'aveva fatto più volte. Parlavano in inglese, e ciò mi infastidiva: non mi andava di sforzare l'attenzione per seguire i loro discorsi sulla storia napoleonica e della seconda guerra mondiale, anche se sembravano ironizzare in qualche modo sugli italiani.
La notte, come paventavo, era trascorsa movimentata per il freddo. La colazione, inclusa, piuttosto povera
da costringerci a comprare il dolcetto - un bel croissant - fuori. Fra nervosa aveva deciso di voler fare un giro di un'oretta da sola per la città: per fortuna non pioveva. Io avrei aspettato in macchina, con la solita ansia di non vederla tornare per tempo, immaginando chissà quali catastrofi.
Prima di lasciare Oviedo,al suo ritorno, decidiamo di visitare un complesso abbaziale del trecento:
tre chiese romaniche mantenute in ottimo stato posizionate in una radura su una collina boscosa circondate dal verde: molto pittoresco!
Arriviamo a Santander con l'acqua e ci fermiamo sul lungomare: mi sono innervosito perchè non riesco ad ottenere informazioni di dove si trovi l'ostello. Alla fine ci danno la dritta buona e arriviamo: il costo di 5 € a persona è un furto: un centinaio di persone stipate come galline da batteria in uno stanzone, forse un garage.
Non c'è aria tra un letto ed un altro con cattivo odore di zaini sbracati a terra, scarponi sotto il letto ed un puzzo di piscio che viene da tre gabinetti ( e docce) che devono servire per tutti.
Sarebbe da denuncia, se non altro per il livello di igiene infimo e per la totale mancanza di sicurezza e via di fuga! Ma siamo stanchi e non mi va di cercare ancora. Inoltre la gonalgia mi costringe quasi a trascinare la gamba, così la passeggiata per il vialone di Santander con i negozi che stanno chiudendo e l'aria pregna di pioggia, si riduce a pochi isolati.
La cucina dell'ostello è invece quasi decente e c'è chi si diletta a cucinare manicaretti! Fra vuole fare il suo solito giro in solitaria, ed io in ambasce perche alle 22 l'ostello chiude, il gestore se ne va e chi è fuori rimane fuori! Fra ritorna alle 22 meno due secondi!!!!
La notte è uno schifo: una sinfonia prevedibile di russamenti: io con la mia coperta avveneristica che faccio un sacco di rumore; le signore a fianco tutte precisine con le loro cose russano come gendarmi, mi alzo alle quattro per fare pipì e c'è gente sveglia che fuma passeggia va al bagno.Povera umanità!
La mattina alle sei comincia il va e vieni dei pellegrini in marcia: siamo gli ultimi a lasciare. La macchina è proprio lì di fronte.
Arriviamo in breve all'aereoporto e consegnamo la Panda: ottima scelta.
Ovviamente ci sequestrano le picche. Imbacuccato come un salame, aspetto il controllo dell'officer di RyanAir per le dimensioni del bagaglio: sono fuori dello stabilito e mi aspetto di dover pagare la fee per imbarcarlo.Fortunatamente è tardi, e danno il via per salire sull'aereo, l'officer termina il controllo proprio con il passaggero davanti a me! Tiro un sospiro di sollievo e saliamo.
A Ciampino c'è Fabrizio!
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