Cos'è che li fa MUoverE ?

Chi avrebbe detto che una attività così semplice e spontanea - si cammina prima ancora di connettere verbo- poteva determinare una occasione di aggregazione, il ricostituirsi di antiche frequentazioni,risvegliare la voglia di stare insieme e condividere le emozioni di piccole avventure.Eppure guardateli con gli zaini in spalla ripieni di sorprese, attrezzature più o meno consone alla bisogna - animati da spirito di conoscenza, inerpicarsi per boschi e pendii alla scoperta del mondo che li circonda.

Ed allora ci si chiede cos'è che li spinge ad andare ed andare ed andare, cosa cercano, quali le motivazioni.Come al solito è meglio non porsi mai troppe domande:le risposte potrebbero essere deludenti banali scontate.....volgari! Lasciamoli camminare....Non ci interessa dove e perché.

Ci preme che vadano, che vadano ma che vadano pure a...Ecco, appunto!

Brahamana V sec. a.c - Indra esorta Rohita

Non c'è felicità per chi non viaggia, Rohita!
A forza di stare nella società degli uomini,
Anche il migliore di loro si perde.
Mettiti in viaggio.

I piedi del viandante diventano fiori,
la sua anima cresce e dà frutti,
ed i suoi vizi son lavati via dalla fatica del viaggiare.
La sorte di chi sta fermo non si muove.
Allora vai, viaggia, Rohita!
Indra esorta Rohita - (dai Brahamana V Sec. a.c.)

martedì 10 luglio 2018

Roma - Berlino 3° parte


10 Agosto -
Praga – Kralupy nad Vlatvou - 35Km

Torno con lo stesso bus dell'andata e mi avvio verso l'albergo. Ora tocca a me il rito della ripartenza: destinazione nord!

Torno sulla Moldava e procedo lentamente sul marciapiede: al di là del Ponte Carlo, fuori dall'area storica, la città mostra la sua periferia un po' ordinaria ed industriale: lo stesso fiume ora che il sole è coperto dalle nuvole è meno magico e ingrigito.
Arrivo ad un gruppo di case condominiali e la pista ciclabile per uscire dalla città si confonde con quelle locali e come solito perdo la direzione perchè mi ritrovo sul ciglio del fiume: fortunatamente un ragazzo mi da l'informazione giusta per Litomerice.

Attraverso prima un bosco, poi un marciapiede in direzione opposta al flusso delle macchine, una salita e il rientro nel bosco dove trovo segnata la pista per bici e runner che corre parallela al fiume sempre alla mia sinistra: ho l'impressione di tornare indietro ma non in città. Dubito perfino che il fiume sia lo stesso. Ed invece proprio all'uscita di Praga la Moldava compie una ampia inversione ad U puntando a nord .
Il bosco ben presto si dirada per lasciare posto ad ampi prati che degradano verso la sponda: parchi attrezzati con allestimenti sportivi, piccoli moli e box, gabbiotti, e casette che si alternano invece a piccoli aggregati urbani che si affacciano sul fiume, che in questo tratto sembra ancora più ampio. Dall'altro lato i contrafforti di alcune collinette
E' tutto molto rilassante, in sicurezza, se non fosse per dei minacciosi nuvoloni neri, non troppo lontani all'orizzonte proprio dove mi sto dirigendo io. Il panorama ed i colori è magnifico.

Roma - Berlino 2° parte


ROMA- BERLINO - 2° PARTE LUGLIO AGOSTO 2016


  1. 22 LUGLIO - VERONA – ERTA - 35km

Abbiamo goduto del previlegio di un appartamentino con due camere così la notte è stata riposante. La colazione è la solita con tazze di latte da prendere con mestolo di latta da un bidone,
pezzi di pane, burro e marmellata anche questa in confezioni ...refettorio!
La facciamo all'aperto, con la vista di coperte militari stese ad asciugare.

Ci attardiamo a prendere foto: questa villa – Villa Francescatti - ha una storia curiosa.
All'epoca di Teodorico era una torre di avvistamento con un passaggio segreto dal palazzo del Re al Castrum romano posto sul colle SanPietro.
Nel 1500 fu costruito il palazzo che ebbe nel corso dei secoli differenti proprietari, artisti e musicisti. L'ultima è stata il soprano Gianna Paganini-Francescatti che visse nella villa fino alla morte. Lasciò la sua proprietà alle Suore, il cui convento confina con la villa, con la raccomandazione di destinare la villa ad un progetto di solidarietà per i giovani: l'Ostello della Gioventù!

Parcheggiata accanto alle nostre una di quelle bici avveneristiche con seduta sdraiata e carena affusolata da galleria del vento: non possiamo mancare di immortalare.
Partiamo con la nostra proverbiale flemma, destinazione nord.
Subito iniziano le divergenze sul percorso: in realtà è lo stesso che ho fatto anni fa, ma non lo ricordo bene, così Fra si affida ad una signora che ci guida con la sua auto fino all'imbocco della ciclabile per Rivoli Veronese, su uno dei canali adiacenti l'Adige.

La passeggiata è piacevole perchè protetta e la giornata è fresca; la ciclabile è lunga circa venti chilometri e culmina con la salita verso il forte di Rivoli, forte Wolgemuth, da cui si gode la vista
della valle dell'Adige con il suo percorso sinuoso: la Val Lagarina.
Come anni prima anche questa volta, dopo aver giocato a superarci, sono costretto a scendere dalla bici e spingere mentre la figliolina sale che è una bellezza: beata lei.
Riscendiamo il versante, e anziché la ciclabile tortuosa tra i vigneti, proseguiamo sulla statale.

Siamo ad Avio, minaccia pioggia, è primo pomeriggio e cerchiamo per dormire: dopo il primo tentativo a vuoto troviamo posto in un ristorante fattoria rustico. Anche questo gestione familiare.
Un padre enorme seduto all'ombra di un pergolato mezzo addormentato – è l'ora della siesta -
la moglie che ci accoglie dopo un bel po' e con cui ci accordiamo per soggiorno e cena, ed una figlia enorme come il padre ma gentile e sbrigativa, come apprenderemo dopo al ristorante.

domenica 8 luglio 2018

Ogni Scarafone.....

A sorpresa il giorno del mio compleanno la mia figliolina mi ha regalato questa sua perla,  frutto della sua incredibile capacità di conoscere l'animo umano e della sua sensibilità.
Leggerla mi ha imbarazzato molto, e a lungo ho pensato se fosse il caso di renderla pubblica.
In alcuni versi mi si è torta l'anima per l'infelicità generata.Il mio nichilismo non deve far soffrire chi tengo di iù
Lo so che "gli occhi tuoi so puro i miei....", ma tu hai molto di più:
hai la voglia di combattere, di conoscere, di sognare. C'hai 'na capoccia!!! 
Come una Ariete ti scontri, sbatti la testa, magari cadi, ma ti rialzi sempre ! E ricominci.  
Nessun malanno potrà abbatterti.
Continua a cercare, figlia mia, cerca.....cerca....  ci sarà sempre qualcuno o qualcosa a spingere l'altalena.


 Unico, 
 e pe fortuna, 
 che' ad essecene artri 
 Dio ce ne scampi e liberi. 
 Chi te conosce lo sa bene, 
che a reggete manco le catene. 
Ce voiono li peli sullo stomaco 
e la pazienza de na' madre 
che è sangue del tuo sangue 
e de na moje che, ortre a esse 
La Fortuna, 
dicheno, c'ha la testa 
cinta dell'aureola de na santa. 

Ma a me che so tu fija 
è proprio quella che me manca! 
So nata Ariete, 
d'indole irosa nevrotica e impaziente. 
E tu che sei Gemelli, 
che sogni viaggi e coi pensieri t'arrovelli, 
me stuzzichi me morsichi me sfidi a tu per tu 
in duelli dai risvolti prevedibili. 
A ME, 
che imprudente Don Chichotte 
colgo le sfide e coi duelli vado a nozze. 
E via giù botte, fulmini e saette 
Imbraccio l'armi, sfodero le spade 
pe capi soltanto dopo 
che quello c'ho puntato nun so mostri 
ma pale de' mulini a vento 
'ndo soffia libero er maestrale. 

E quanno m'avvicino 
colle budella arrovellate e lo stomaco rivolto 
te vedo che te fai quattro risate 
compiaciuto e divertito de vede' er foco che hai aizzato. 
"Povera fija, Ariete permalosa, 
era sortanto un gioco de parole, de dialettica e oratoria; 
Nun t'arrabbja pe così poco, 
che a sta sto monno 
bisogna prennese un po' in giro". 
E forse c'hai ragione 
che magari l'intenzione era d'alleggeri' 
li giorni che scorreno veloci 
tra l'ansie del domani 
e le melancolie de ieri. 
E ricordasse 
che 'l presente 'n fin dei conti 
nn è poi così male. 

E questo te lo devo riconosce, 
la dote tua più grande 
de trasforma' le fiamme in fochi d'artificio
e riporta' il sorriso sulla faccia della gente 
regalando il sole la luna le stelle 
il firmamento e tutto il paradiso. 
C'hai l'intelletto arguto e l'arte dei poeti 
che te salva da sto monno effimero 
e t'eleva verso i cieli. 
Spennelli na' realtà 
che l'altri manco vedono 
alla ricerca del vero e dell'originalità 
che s'e perduta nel peccato. 

E ch'issa se te sei accorto 
che l'occhi tua so puro i mia 
Che vagabonda incedo 
in cerca d'a magia dell'avventure 
che coi fumi della mente 
me proietti 'n fronte, 
'n cerca del sublime 
che te fa core sulle punte 
e di quella libertà che scioglie le catene 
e te fa danza'  e vola' più su.... 
sull'altalene.

Francesca 

martedì 20 febbraio 2018

Roma Berlino - Prima Parte - Roma 10 Luglio 2016 - Verona 21 Luglio Luglio 2016


10 Luglio 2016 - 1° Parte – 1° Tappa – Roma – Rignano Flaminio - 50KM

Siamo appena tornati dalla Sardegna.
Sull'agenda la domenica non è quasi segnata: infatti che si fa di domenica di importante da non dimenticare? Niente. Si parte.
Come solito una partenza forzata, perchè altrimenti non sarebbe stata. Una preparazione improvvisata e senza programmazione perchè ogni volta che ci siaccingeva c'era sempre qualcosa di più urgente da fare.

Perciò viaggio delineato solo a grandi linee, la meta mitica e possibile solo come provocazione, tappe appena abbozzate, nessuna prenotazione, pochi soldi da spenderci.....ma una consapevolezza:
che sarebbe potuto essere l'ultimo del genere, e quindi l'impresa doveva essere epica, memorabile!
E così il viaggio di quest'anno è piuttosto ambizioso:
una volta a Berlino vorrei arrivare a Copenhagen e poi ad Oslo. Da lì in qualche modo – treno, rent a car, oppure il postale dei fiordi, bello e impossibile – arrivare a Tromsoe e Capo Nord!...
Ho deciso di partire subito per avere tempo sufficiente per fare tutto il percorso che mi sono prefisso e raggiungere la meta alla fine di Agosto per tentare la fortuna di vedere le aurore boreali.

Preparativi non frenetici ma affrettati: medicine, pagamenti, tendina da recuperare da Eva – la mia
rubata in Spagna – da ultimo ci si era messa anche la spedizione di quel materiale così prezioso dato via per una miseria!
Fra mi avrebbe raggiunto lungo il percorso. Forse. I suoi molteplici impegni necessitavano di selezione. Anche Dino si sarebbe voluto aggregare, almeno per una parte del percorso: l'eco dell'impresa!

E' una giornata accaldata.
Con l'aiuto “prezioso” della mia figliolina monto la bici: ho la sensazione che sia troppo carica. Arriva Eva che saluto al volo: Fra vorrebbe sottrargli la catena antifurto, perchè la mia è effimera!
Voglio sottrarmi al teatrino, saluto Fortuna che vorrebbe farmi una foto ricordo - ma non riesce – una pedalata e via!!! Sudore stanchezza e irritazione spariscono come per incanto.

La strada è ormai collaudata: Tor di Quinto Labaro e PrimaPorta.
Dopo aver fatto un pezzo di salita, sbuco sulla Flaminia che non lascerò più fino a Fano.
Approfitto della fontanella che usano i fiorai del cimitero.
E' una lunga sosta ristoratrice che ci voleva perchè è mezzogiorno ed il caldo si fa sentire; d'altra parte ho già percorso 20 Km.

Riprendo la marcia. In questo tratto la Flaminia costeggia la linea ferroviaria.
Supero il bivio per Sacrofano e l'elenco dei paesini della cinta a nord di Roma che conosco a malapena: Riano, Castelnuovo di Porto, Morlupo, Rignano Flaminio.
La meta di oggi, la prima tappa, è Civita Castellana. Non c'è molto traffico e se non fosse per il caldo ma soprattutto per le salite, inaspettate, che per quanto non impossibili mi stanno sfiancando,
sarebbe una ….bella giornata.
Infatti superato alla bella il bivio per Sacrofano mi ritrovo ad affrontare la salitella d'ingresso a Castelnuovo e, come una tentazione, c'è un bel supermarket che mi sta aspettando. Non ho nessuno che mi rincorre, fa caldo, è ora di pranzo----mi fermo! La gentile signorina mi consente di parcheggiare la bici ed il suo carico all'interno, così posso fare un po' di provvista di acqua succo e dolci. Mi siedo al tavolino del bar chiuso e consumo il mio....riposo, allietato dalle chiacchiere di tre
operatori del market in pausa pranzo che, come solito, disquisiscono di manager e mansioni.
Il posto è ventilato e non può che far piacere, ma sono costretto a riprendere: la meta odierna, un po' ambiziosa per la verità, è ancora lontan.

Riprendo la marcia, ma forse il caldo e la fatica inaspettata del percorso mi rallentano fino a dovermi fermare sulla corsia opposta alla ricerca di un po' di refrigerio all'ombra di una pianta.
Le previsioni davano 40° all'ombra! Figurati al sole : li sto sentendo tutti.
Sono costretto a spingere la bici in salita a piedi, e da una delle poche macchine che passano mi gridano “sei matto. Fa troppo caldo....”! Forse.
Supero Morlupo ed una serie di agglomerati urbani che paiono tutti puliti e ben ordinati, ma soprattutto disabitati. Il tempo sta cambiando. Anche questo era previsto.
In fondo, intorno alla sagoma del Monte Soratte si stanno accumulando nuvoloni neri, si è alzato un leggero venticello ed ha rinfrescato; ho appena superato Rignano Flaminio e sono stanco, sono
quasi le cinque e decido che per oggi basta. Un ragazzo di un bar mi dice che proprio sotto alla curva c'è un B&B. E' la mia meta odierna.

E' una villetta senza pretese. Entro e invado l'intimità di una scena di casa con madre e figlio che sta facendo i compiti al tavolo di una grande cucina. La signora Antonella, una ragazza cicciotta di poco più di trent'anni, è sorpresa come di chi è colto con le mani nella...farina, ma alla mia richiesta di un pernotto si rivitalizza subito ed assume l'aspetto....ufficiale. Le racconto le mie esigenze pecuniarie e ci accordiamo subito, mentre mi mostra l'appartamento, con giardinetto un bell'atrio una bella e ampia camera ed il bagno. Un po' umido, arredato con gusto un po' grossolano, ma va benissimo! Da lei si fermano molti cicloturisti come me, perlopiù stranieri.

Mi spiega che la zona è di passaggio per le escursioni a S.Oreste, paese in cui sono stati ritrovati resti di età preistorica relativi al culto del dio venerato sul Soratte, monte che tra le tante curiosità custodisce i “bunker ipogei”, rifugi antiatomici fatti costruire durante la Guerra Fredda tra Usa e Urss per preservare i componenti del governo. Oggi sono diventati un museo.
Molte ancora le leggende storiche del paesino abbarbicato sul monte, come quella dei “camminatori sui carboni ardenti” durante le celebrazioni del culto del dio Soranus;
la signora mi invita ad andare ad esplorare. Certo c'è una bella salita ….. Ringrazio, non è il caso, forse domani, e mi rifuggo in bagno a fare una caldissima lunga doccia.

Ho ancora qualche taralluccio e riserve per cenare, mi guardo la televisione e mi addormento.


11 Luglio – Prima parte – 2° tappa - Capannacce ( S.Oreste ) - Narni Scalo - 48KM

Una notte un po' disturbata, ma un mattino luminoso fresco, basta affacciarsi al giardinetto.
Ha piovuto, sia nel pomeriggio che nella notte ed ha “lavato tutto” : il cielo è terso e l'aria è
pervasa dal tipico odore di terra bagnata.
La signora è subito lì, davanti al cancelletto bella pittata, che aspetta le mie preferenze per......... la colazione e si presenta subito dopo con il caffellatte in tazza grande d'altri tempi. Ottimo per me.
Ho bisogno di una chiavetta a brucola per montare la borraccia e la signora si presenta con un set mezzo arruginito. E' la cifra del B&B : funzionale ma mal tenuto. Basterebbe poco.
Devo però riconoscere la simpatia e la familiarità di trattamento.
Conosco anche la madre, una signora avanti con l'età, che si meraviglia della mia meta!

Parto che sono quasi le 10,30, un orario che si ripeterà quasi con costanza lungo tutto il viaggio.
Alla volta di Civita Castellana. Mi aspetta una piacevolisima sorpresa: non solo l'aria fresca e pulita,
ma il percorso è in lieve pendenza e per lo più ombreggiato, così arrivo in vista di Civita in brevissimo tempo e senza alcuna fatica. Al contrario godendomi questi 12 chilometri : sono partito infatti dal Km 44 della via Flaminia.

La rocca di Civita si erge in alto sopra i contrafforti dei tornanti che non mi sogno neanche di scalare. E' curioso: è la terza volta che scrivo un itinerario che include Civita ma poi non ci sono mai passato. Ora sono proprio ai piedi e non mi azzardo a salire. Dovrò venirci in macchina!
Prendo la strada sulla sinistra, una discesa ingannevole perchè subito dopo la curva anche questa si inerpica e sono costretto a fermarmi. Poco male, mi rinfresco e riprendo.
Quasi in cima incrocio una bella brigata in bici, l'ultimo pedala senza mani e senza fatica, beato lui.
Traverso il ponte sul Tevere e mi fermo di nuovo ad una cascinale: nascosta c'è una piccola fontanella di acqua freschissima. Qui le traverse si chiamano “vocabolo” e richiamano alla mente il monastero medievale con contrade e contadini: qui la Flaminia attraversa una piana di campi coltivati.

Di nuovo una salita ma poi la strada spiana e vado tranquillo, anche se il calore comincia a farsi sentire, fino al ponte sull'autostrada. Quasi mi sconforto a pensare che lì sotto c'è l'uscita per Magliano Sabino: sono ancora qui !
Tra bevute e soste circumnavigo Otricoli, anche qui per entrare in paese bisogna salire, ma poi proseguo senza grosse difficoltà alternando brevi salite a benvenute discese, come quella che mi porta al bivio per la “Madonna Scoperta”. Siamo in piena Valnerina e la strada si incunea sfiorando i rilievi. Anche Narni è lassù in alto, dopo una salita breve ma impegnativa di nuovo una lunga e piuttosto ripida discesa mi introduce …..sulla superstrada per Amelia.!
Non voglio lasciare la statale, non voglio immettermi in una superstrada, non posso tornare indietro perchè la salita mi ucciderebbe, ho il terrore che se prendo la ripida discesa che porta a Narni Scalo, poi la dovrò rifare per riuscirne domani e proseguire.
Sto li' fermo. C'è l'indicazione del Ponte di Augusto che mi piacerebbe vedere ma non oso muovermi. Fortunatamente passa un aitante e muscoloso giovinotto in bici da corsa che si appresta a salire bellamente da dove sono sceso. Lo fermo e mi faccio istruire: scendendo a Narni Scalo non c'è bisogno di risalire, si può arrivare a Terni per la piana e da li proseguire.
Ringrazio, tiro un sospiro di sollievo, e via giù per la rapida ripida a freni tirati.

Sono le tre del pomeriggio e sono piuttosto stravolto, disidratato. La prima cosa che vedo è un Lidl.
Mi abbevero che quasi svengo, e cerco di riprendermi. Sono vicino alla stazione ed anche se presto non ho intenzione di proseguire oltre. Ho fatto più di cinquanta chilometri e non sono in condizione di continuare. Un alberghetto senza pretese è invece pretenzioso, e questo già mi disturba.
Ancora un altro, a cui non posso avvicinarmi, mi faccio tutto lo stradone fino all'albergo Augusto.
Mi accordo con la ragazza che prima di darmi conferma deve sentire la proprietaria del locale:
50 con cena. Benissimo. Salgo in camera mi doccio e con l'aria condizionata accesa mi addormento
per un paio d'ore, esausto.

Bello cambiato e riposato mi appropinquo alla sala pranzo per la cena: è questo un albergo per operai ed impiegati itineranti, e quelli in sala hanno una buona confidenza con la cameriera.
Pasto senza infamia e senza lode, da mensa, ma per me più che sufficiente.
Provo ad esplorare il paesino ma alle 9,30 l'unica insegna accesa è proprio quella dell'albergo!
Non un anima in giro e siamo in piena estate! In compenso un cielo stellato ed una luminosa luna.
Sono forzato ad accontentarmi della TV.

12 Luglio - Prima Parte – 3° Tappa – Narni Scalo – Campello sul Clitumno - 51Km

Caffè e cornetto non incluso! Preparo la bici e prima di partire passo per un market per acqua e dolci. Non conosco bene la direzione da prendere: la più facile è quella di proseguire per lo stradone, ma non è giusta! Devo tornare indietro e salire sulla bretella che raccorda Narni a Terni.
E' un po' trafficata ma la corsia d'emergenza, seppur sporca di brecciolino e polvere di gomme, è abbastanza ampia da farmi andare in sicurezza. La bretella è tutta dritta ed in fondo ad occupare per intero la vista la propaggine umbra degli Appennini ed il valico della Somma a 680 mt.
Mi informo speranzoso in una area di sosta se c'è un modo per evitare quella ascesa che tutti mi segnalano come ardua. Dopo vari confabuli decidiamo che la devo fare, l'alternativa porterebbe comunque ad una salita analoga, e mi danno indicazioni per arrivare al bivio di San Carlo, ai piedi della Somma.

L'area di Terni è tutto uno svincolo tra raccordi interne, la E45 - Orte Ravenna, e varie superstrade.
Dopo una rotonda salgo su uno svincolo e sono ......in superstrada! con le macchine che sfrecciano a 100 all'ora ed io che non sono certo della direzione. Mi fermo nella speranza di poter chiedere a qualcuno. Vana. Il fatto è che temo di essere sulla E45. Dopo una decina di minuti mi decido a partire e fortunatamente la direzione è quella giusta e dopo breve mi ritrovo al bivio per il paesino di San Carlo che si trova più sotto.

La Somma è una salita di 13 chilometri con una pendenza media del 4% ma con tratti più duri.
Il valico è a 680mt .E' piuttosto trafficata e con i Tir che arrancano raggruppati.
Inizia una specie di calvario di su e giù dalla bici. Fa molto caldo, è poco più di mezzogiorno,
e per lunghi tratti sono costretto a scendere e portare la bici a mano. Il paesaggio è piuttosto brullo.
Arrivo ad un distributore dopo aver fatto meno di 4 Km. Mi fermo. L'aria condizionata a tutta callara del baretto mi impedisce di stare dentro, mi siedo fuori con la mia bottiglia d'acqua.

Dopo un po' arriva tutto bello un ciclista attempato, sui generis, con il carrello posteriore.
E' un personaggio conosciuto da quelli del bar e poco dopo attacca bottone:
“ quanti anni mi dai? Settanta. No 87! ” e comincia a raccontarmi che è francese di Lione , è più di vent'anni che gira per tutta Europa con quella bici con carrello annesso, è un ex corridore e lo conoscono tutti nella zona perchè passa ciclicamente; ristoranti e monasteri lo ospitano a sbafo , ecc ecc.
Mi sembra un millantatore, ma il barista sembra prenderlo sul serio.
Vuole vedere la mia bici e quando gli dico della mia difficoltà a salire, comincia a chiedere agli autisti dei Tir di prendermi su. Mi pare un pazzo! L'avverto che non ho alcuna intenzione di trovare scorciatoie, e che la sua sceneggiata è irritante. Lo tratto un po' male, d'altra parte è francese e se lo merita comunque, e alla fine si calma.

Aspetto che se ne vada prima di ripartire. Traverso la strada per sfruttare le poche zone d'ombra che incontro, e salgo quindi contromano. Purtroppo devo continuare ad alternare tratti in sella a quelli a piedi, sempre più prolungati, e cerco ogni scusa per fermarmi: una foto, una zona d'ombra, un casolare con chiesa annessa, un panorama. Fa caldo.
Incrocio un ragazzo in bici a torso nudo che mi rassicura che la cima non è troppo distante.
Viene da Bergamo e vuole arrivare fino giù in Calabria e Sicilia. Ci scambiamo note sulle reciproche imprese – quello in Calabria è stato il mio primo tour in bici – e gli auguri.

E' vero. Non manca tanto e comincio a vedere il casolare in cima a cui devo arrivare assolutamente in sella. Sono un po' affaticato e vorrei rifocillarmi ma il bar li' non offre niente,
perlomeno niente che io reputi “valuable”.
Rimonto in sella e attraverso la galleria del valico che porta al versante di Spoleto.
Inizia una lunga discesa di oltre 5 km verso la cittadina del “Festival dei due Mondi”: cartelli ai lati della strada informano che quello è l'ulimo week end della stagione, e comincio a pensare che dovrò proseguire perchè diffcilmente troverei un posto per dormire alle mie condizioni.

Mi piacerebbe fermarmi per visitare la cittadina medioevale tutta imbandierata e le installazioni del Festival appena finito, ma le considerazioni già fatte e ….la strada che sto percorrendo a tutta velocità non mi danno alternative che proseguire. Mi ritrovo sulla superstrada per Foligno e so che non dovrei: quando sono passato ad una biforcazione mi è sembrato di vedere il cartello del divieto per bici e motorini, ho fatto lo gnorri. Ora sono 15 Km di superstrada che sto facendo agevolmente ma mi rendo conto di non poter percorrere.

Mi fermo ad un distributore e poco dopo arriva una pattuglia della stradale. Mi sono salvato! Ma come fare per uscirne? Semplice, lo chiedo agli agenti che.....decidono di “scortarmi” fino alla prossima uscita! Pazzesco io a cercare di fare velocità - piuttosto stanco – e loro dietro a 20 all'ora. Per 4 Km, la distanza per l'uscita di Campello sul Clitunno. Ringrazio saluto e mi lasciano sulla rampa.

Sono quasi le quattro e anche per oggi basta. Sono fortunato perchè a pochi metri dall'uscita c'è un
casolare: una vendita di prodotti tipici dell Umbria, piuttosto ricercati ma ben mostrati, ed una locanda per la notte. I proprietari sono gli stessi. Concordo con un bella signora per la cena più alloggio. Parcheggio la bici nel cortile e prendo possesso della camera ampia con l'affaccio di un bel balconcino sul cortile interno.

Non sento i rumori del traffico - il casolare è lungo la strada – ma sento e seguo il vociare degli avventori della locanda: una doppia famiglia, forse stranieri, con figli rumorosi annessi, una coppia di camminatori che, scoprirò dopo, ospiti come me, svizzeri , stanno camminando da Berna e vogliono raggiungere Assisi: bellissimo!
La cena – poco più di un assaggio – è frugale: pane bruscato e “olio” per gustare la loro produzione, una zuppa d'orzo in tazza, che bastava per l'assaggio della cottura, ed un bel bicchiere di vino con gusto di formaggi locali, anche questi fatti da loro.
L'oste – un omone marito della dolce signora – non consente lamentele e repliche.
A fine cena, dopo aver salutato i camminatori, ci siamo intrattenuti piacevolmente su argomenti tipo il deserto del Marocco, ed i loro guai di post-terremotati.

13 Luglio – Prima parte - 4° tappa – Campello sul Clitunno – Nocera Umbra - 43 Km

Anche qui niente colazione, ma del complesso fa parte un baretto sulla strada, ottimo alla bisogna.

La giornata è un po' grigia di nuvole, tanto per aumentare la calura. L'ingresso della Fonte è a poche centinaia di metri dalla locanda ed ho intenzione di visitarle: avrei voluto farlo la sera prima ma a piedi era distante e non aveva senso prendere la bici.
Avevo già visto anni prima il laghetto ed il tempio romano: il Clitunno è un fiume che si versa più avanti nel Topino, e che qui forma una ampia area naturalistica di piante, alberi e animali acquatici
molto suggestiva, cantata fin dai tempi dei romani: da Plinio al Carducci.
Mi piaceva fermarmi per rinverdire il ...ricordo, ma purtroppo viviamo una stagione diversa dove giustamente – sia per la manutenzione dei luoghi, sia per trarre il giusto profitto – l'accesso è a pagamento e a me, per quanto minimo, questa cosa non piace.
Quindi soprassiedo e proseguo contrariato.

La strada è trafficata e malmessa, sembra quella di una periferia. Procedo a rilento quasi di malavoglia; non c'è niente di particolarmente attraente se non il paese arroccato lassu in alto:
deve essere Trevi. Dopo una decina di chilometri si arriva ad uno slargo con la rotatoria per Foligno
ed un centro commerciale: mi fermo e l'aria condizionata mi rimette a nuovo.
La malavoglia forse era un malessere, un abbassamento della pressione dovuta al caldo.
Chiamo Fortuna e la informo di questo senza allarmarla perchè mi sono ripreso.
Tuttavia, dopo la solita provvista di acqua e succhi, indugio ancora seduto a godermi il fresco.

Riprendo con nuova lena e le indicazioni ricevute mi indirizzano verso la frazione di Sant' Eraclio.
La mia direttrice è ovviamente la Flaminia che però qui si dipana in mezzo a stradine comunali,
e non è facile ritrovarla. Attraverso il paesino e mi fermo ad una bella fontana monumentale a più
bocche dove sta abbeverandosi un bel signore Nazareno – nomen omen , con folti capelli bianchi e baffoni : a “Ponte Centesimo” posso riprendere la statale, e mi dice come fare. Condividiamo il gusto della bevuta dell'acqua fresca.
Si chiama così perchè era un ponte sul fiume Topino all'altezza del centesimo miglio di distanza da Roma della antica Via Flaminia: e' una emozione ripercorrere quei tratti ma non c'è nemmeno una targa! solo l'indicazione del paesino omonimo. Alcuni manufatti di epoca romana permangono ma sono visibili su sentieri. Peccato.

Superato Ponte Centesimo si prosegue verso nord, un'altra sosta nella piazzetta di un piccolo aggregato di case prossimo ad un quadrivio pieno di una parata di targhe direttrici:
Fabriano 16, Scheggia 16, Matelica 37, Fossombrone 72, Urbino 74 Fano 87, Ancona 89 da una parte , dall'altra Perugia 51, ValFabbrica 25, Gubbio 19, Arezzo 115.
E' l'incrocio tra via Osteria del gatto e …? Molto divertente!
Superato una specie di cava, mi immetto in una strada sterrata che mi porta in piena ValTopina :
finalmente un po' di frescura perchè la vegetazione alberata che segna il percorso del fiume si estende ai due lati della strada che è di nuovo asfaltata . E' già pomeriggio, il sole ha ripreso il sopravvento ma non fa caldo. L'intermezzo campagnolo è stato divertenete.
La zona è turistica: incrocio una macchina di una famigliola olandese alla ricerca di un agriturismo.

La strada prosegue piacevolmente in mezzo al bosco e sbuca in uno slargo con un bel prato ed una chiesetta. Mi fermo per visitarla ed ho la sorpresa di essere accompagnato dal giovane Padre Maurizio – della congrega di Madre Teresa, in divisa semiborghese - che la conduce insieme ad altri tre confratelli. La chiesa è la Parrocchia di Maria SS in Pieve Fanonica, antica del primo millennio e dotata di un patrimonio importante fino al xix secolo. Il recente terremoto che ha colpito la zona se da una parte ha consentito delle ristrutturazioni dall'altra ha lesionato alcune reliquie importanti come un Cristo in Croce che il frate mi mostra.

Il numero delle anime è di 596, non vi ha quasi nessuno che faccia professione d’incredulità. Vi è però qualche isolato tentativo di propaganda socialista importato dall’elemento forastiero addetto ai lavori della stazione ferroviaria. Trovandosi la popolazione quasi tutta dispersa per i campi e per i boschi è …...”
E' un report del parroco anteguerra. Ancora oggi è parrocchia per una decina di chiesette sparse per la valle e i boschi.

Finisce anche la porta boschiva e la strada arriva ad uno svincolo. Prima di inerpicarmi mi fermo al baretto che lo costeggia. E' pieno di gente. Scambio due parole con uno di loro che mi ammonisce sul meteo che prevede temporali, ed un po' alla volta si avvicinano altri cinque sei avventori: sono quasi le cinque e la gente ha staccato dal lavoro e viene a prendersi la meritata birra.
Proseguo quasi subito e salito di nuovo sulla rampa la strada è di nuovo piana fino alla stazione di Nocera Scalo. Altra sosta per un bel gelato servito da una biondina tutta pepe. Seduto al tavolinetto fuori a godermi il venticello, ascolto le confidenze della bella giovanotta ad un conoscente su serate danzanti e balli preferiti. Varia umanità.
Nocera è ormai a poco più di 2 Km, ma in salita anche se non durissima. Arrivo sulla piazza principale ampia e sampietrata. Su un lato della piazza c'è l'unico albergo della città! Entro pregustando il giusto riposo a secondi, ma la signora mi gela perchè tutto l'albergo è occupato da una orchestra giovanile che presneterà un concerto l'indomani. Sono sconfortato ma la signora mi rassicura che a pochi km c'è una pizzeria che ha le camere. E' in salita? Assolutamente no!

Giro l'angolo e la strada si inerpica tanto che sono costretto a scendere e spingere! Mi viene da piangere. La strada continua in salita. Sono tentato di passare la notte all'interno di una edicola con Madonna. Ma non si può. Mi trascino con le forze residue. Ripida la discesa ripida la salita, ma finalmente giù in fondo il casale della pizzeria!
La signora sta già preparando le vivande per gli avventori della sera, ma trova il tempo per ascoltare le mie lagne ed accordarmi per cena e alloggio! Finalmente.



Le camere sono tipo motel americano: una costruzione ad un piano allungata a monte del ristorante, una decina di appartamentini monocamera a spina fronte e retro, ognuna con il proprio piccolo patio ed all'interno letto bagno e cucinino. Ottimo per un week end per due!
Comoda e moderna e con una bella doccia che non tardo ad usare.
Il tempo di rinfrescarmi e vado al ristorante per una bella margherita e birra. Ci scappa anche un antipasto italiano; il ristorante è piuttosto frequentato ma la sorpresa che allieta la serata è costituita da una cinquantina e più di bambini vocianti in maglietta bianca – probabilmente di una colonia o campeggio nei pressi – con le loro accompagnatrici, ragazze giovanissime, che sono lì per la pizza e patatine fritte. Un casino! Ma che bello.

Alla fine della serata mi intrattengo con il figlio della signora, è la famiglia che gestisce il resort, al quale chiedo come poter evitare i saliscendi che mi aspettano l'indomani. Non si può.
Me ne torno al mio patio a.....rimirar le stelle!

14 Luglio – Prima parte – 5° tappa – Nocera Umbra (loc.tà ) - Acqualagna 50 Km

Anche se la notte ha piovuto, non me ne sono accorto: dopo la fatica il sonno è profondo.
C'è il sole, ma l'azzurro intenso del cielo è inframmezzato da corpose formazioni vaporose di bianche nuvolaglie, e tutt'intorno e dalla parte opposta il verde degli ordinati campi coltivati.....: una atmosfera bucolica e pastorale, arcadica come suggerisce qualcuno, in cui il suono di una specie di fabbro, o maniscalco, si inserisce ad hoc! Non posso non fermare questo momento di allegrezza.

Scendo dalla signora che mi offre pure il caffè e che saluto con riconoscenza: le chiedo il nome,
che non ricorderò più ma che, inusuale, testimania la tradizione contadina dei luoghi.

La strada, che riprendo quasi malvolientieri, riparte con una salita che faccio a piedi, sia per non affaticarmi subito ma anche per indugiare ancora e godere dello spettacolo della natura.
Non c'è nessuno, ogni tanto incrocio qualche macchina, ma sparisce subito.
Risalgo e cerco di sfruttare l'abbrivio delle discese per spingermi in salita: è un po' rischioso ma sembra funzionare! mi lancio e riprendo a pedalare a metà salita. E' un sistema che ho imparato qui ma che ho poi affinato con l'esperienza.

Supero qualche frazione e sono emozionato perchè uno dei prossimi paesetti è Gualdo Tadino, meta delle vacanze estive di zio Alfredo e famiglia che accompagnavo con l' Appia III serie di papà! Che ricordi. Entro nel paese che è ormai una città, infatti la parte che conoscevo io è diventato centro storico ed è più in alto e non mi va di raggiungere. Ma non posso esimermi dal mandare un segno
del mio passaggio ad Alberto, e quindi mi fermo ad un distributore sia per chiedere l'itinerario migliore che per acquistare una cartolina.

Non faccio in tempo ad accostare la bici al muro che vengo investito dall'entusiasmo del gestore che si complimenta per la mia avventura che incoraggia e racconta di altri ciclisti che hanno sostato nel suo piazzale, si rammarica di non poter seguire le nostre gesta come vorrebbe, è prodigo di suggerimenti per la strada migliore da prendere …...quella che porta a Fabriano è la più impervia (sarei voluto passare per andare a salutare i parenti di Germano) e da evitare, ma soprattutto mi offre il ristoro di una bibita alla mente, ghiacciata, che mi fa servire da una bella ragazza al banco del bar.
Incontri del “terzo tipo” con una umanità sempre disponibile e con un sacco di cose da dire che rendono questi viaggi speciali.
Non ha però la cartolina che posso trovare dal tabaccaio più avanti: la troverò in una bella cartoleria
ben fornita. La buca della posta è poco più avanti. Tutto fatto.

Continuo lungo la Flaminia che adesso si allarga in più corsie. Al bivio per Fabriano non mi faccio tentare e proseguo: la strada spiana e dopo un paio di chilometri con abitazioni, il panorama si riapre a campi e prati in tutte le direzioni, sulla destra i primi contrafforti di quello che, scopriro' poi, è la riserva del Monte Cucco. In fondo un'altro piccolo centro abitato che però non arriva mai: non sembra ma la strada sale impercettibilmente e mi sto affaticando. Finalmente entro nel paesino -
e mi fermo ad un bel giardino rialzato rispetto al piano stradale, curato con panchine e fontana.
E' mezzogiorno, la pace regna serena: una mamma con carrozzina si perde dietro l'angolo che sale,
un signore parla al cellulare con lo sportello della macchina aperto, se passa qualche macchina non si sente e non si vede.
Mi soffermo ad ascoltare la conversazione del tizio al cell: parla di mappe e costruzioni. Deve essere un geometra del comune, oppure un architetto.
Il suo lavoro è libero, la sua casa o il comune o lo studio è lì a due passi, i clienti li raggiunge con un giro in macchina senza stress, senza fumi, senza traffico. Il tempo è rallentato i rapporti sono diretti. Quando si dice la qualità della vita!

Riprendo con in mente questi pensieri e quello che mi circonda mi conferma su quanto diversa possa essere l'esperienza di vita. Salgo, salgo ma senza grossi patemi ed anche il caldo non è così impossibile. Arrivo a Pian delle Macinare, dove un paio di cartelloni pubblicitari invitano alla pratica del parapendio ed ad escursioni ed esercitazioni montanare. Dovrò segnalarlo a Fra.
Per leggere bene....ho divuto fermare la bici, manco a dirlo, di fronte ad una bella fontana.
L'ombra è di un caseggiato padronale, ma in giro non c'è anima viva.
Risalgo in bici discesa svolta a destra al lato di un muraglione di un altro paesino e...comincia la salita per il Passo della Scheggia! Ne faccio un po' e mi fermo per consumare il mio panino.

Tutto silenzio, ma poi sento delle voci: mi avvicino, li saluto, sono marito e moglie. Abitano a Roma da cui scappano per venire in queste valli ogni volta che possono; mi rincuorano sulla salita.
Infatti la faccio tutta fino al valico dei 632 slm: invano cerco un selfie!
E' uno dei passi più facili degli Appennini che collegano le valli umbre al mare.

La strada si ributta nella vallata. Si chiama Scheggia per via di una formazione rocciosa di argilla rossa stratificata che ricorda la scheggia di legno oppure un taglio di capelli a zazzera.
Si ripresenta ad ogni tornante ed è proprio impressionante, appesa esposta sopra il profondo fossato.
Ad ogni curva scatto una foto!
Alla fine della lunga discesa la flaminia diventa ...una superstrada con gallerie. Ne faccio una ma è troppo pericoloso e sono costretto ad uscire. Come faccio ora?
Mi indicano la Flaminia Vecchia, dismessa e vietata al transito di auto, infatti eccone una che arriva!

Sotto un costone, con apprensione mi avventuro, incoraggiato dalla signora della dritta.
E' una gola segnata dal corso di un fiume il Metauro che si puo vedere dall'alto e che mi accompagnerà fino a Fano. L'asfalto è rovinato ma il panorama e la frescura meritano.
Ad un' ansa mi fermo perchè ci sono diverse auto parcheggiate: che fanno lì? chiedo, il bagno!
Ed infatti affacciandomi frotte di giovani e meno giovani si bagnano e si tuffano in un'acqua verde smeraldo che non deve essere proprio caldissima.
E' un'area turistica con gazebo e punti ristoro che si susseguono fino alla perferia di Cagli, che si staglia un po' sopra.

C'è un grande distributore Agip e chiedo ad una tizia notizie per un albergo: mi chiede “ per dormire?” Mi pare ottusa, mi dice che a Cagli non ce ne sono. Il più vicino è a cinque km.!
Sono idrofobo perchè non c'è niente di peggio che deludere una aspettativa che si sta per pregustare! Non posso credere che lì non ci siano hotel. Ma mi devo rassegnare perchè l'informazione me la conferma un giovane ciclista.
Per fortuna la strada è una specie di ciclabile, anche se percorsa da auto; arrivo ad Acqualagna
dove ci sono due alberghi: scarto il primo scelgo il Leon D'oro.
Stanza appena dignitosa, ma con ristorante per una pizza al forno elettrico.
15 Luglio – Prima parte – Acqualagna

Piove! Non me la sento di andare. Dopo la colazione mi vesto di tutto punto ed aspetto che spiova.
Non accade. Decido di restare per un'altra notte. Nel pomeriggio l'intensità della pioggia scema e decido di prendere il bus per Cagli a 2 €. Visito il borgo medievale e le sue chiesette. Notevole la Torre del Bastione, una costruzione fortificata rinascimentale.
Approfitto di un market per la cena che consumerò in camera.

16 Luglio – Prima parte – 6° Tappa – Acqualagna – Misano Adriatico - 50Km

E' ancora tempo variabile ma non piove e l'asfalto si sta asciugando.
Mi sono stancato di aspettare ed anche se il cielo è grigio e minaccioso decido di andare.
Pochi chilometri per arrivare al famoso Passo del Furlo: una gola che il fiume che scorre più sotto, il Candigliano, ha tagliato grazie alla forza corrosiva delle sue acque tra le pareti calcaree dei monti Pietralata e Paganuccio. E' qui che i romani, ma ancheda molto prima, avevano individuato il passaggio più semplice per “l'altro mare”. E' qui che passava la Via Flaminia ed ora il tratto della gola è diventato un parco protetto dove passeggiano turisti e cicloturisti.

Il panorama col fiume verde e denso che scorre in basso, la vegetazione, la serenità che induce l'ambiente silenzioso, l'aria frizzantina di una mattina inoltrata con il cielo che si sta aprendo tra le nuvole, tutto contribuisce all'allegrezza ed alla pace interiore! La targa che ricorda l'apertura del “Forunculus” a colpi di scalpello risale ai tempi di Vespasiano e mi inorgoglisce per l'ascendenza.

Proseguo la marcia che si è ormai stabilizzata: non ci sono più salite impervie e attraverso paesini che si susseguono senza soluzione. Altri ciclisti mi superano in bello stile ma io vado del mio passo.
A Fano mancano una 20 di Km che ormai sono niente! D'improvviso un tornante per superare una collinetta: niente paura! Lo supero agevolmente. Il cielo si è definitivamente aperto ed il sole splende. Arrivo a Fano che è quasi l'una.
Mi accoglie l' Arco Trionfale di Augusto a segnare il termine della Via Flaminia.
Chiedo ad un ragazzo nero, un po' spaesato e sorpreso, di immortalare il mio arrivo sotto l' Arco.
Deve credermi matto. Mi attardo per altre foto e via, attraverso la strada centrale acciottolata che porta al mare, una piazza e finalmente l' Adriatico. Brutto!

Un lungomare quasi industriale, una spiaggia libera desolata – forse il tempo instabile – un lungo molo isolato. L'acqua quasi melmosa . Una delusione: scatto qualche foto quasi incredulo e me ne vado. Alla fine della città una pista ciclabile protetta che costeggia la ss16 – nota per la sua pericolosità – e la ferrovia e che porta fino a Pesaro. Inaspettata. 15 Km di strada dritta che che in un attimo arriva alla periferia ed alle spiagge attrezzate della cittadina.

Proseguo. E' primo pomeriggio, e il sole è alto. Ora si susseguono paesini marinari noti per le vacanze. Vorrei fermarmi ed inizio a chiedere prezzo e disponibilità: sono tutti pieni, anche per una sola sera, ma è comprensibile è sabato! Più avanti c'è un camping super attrezzato da diecimila posti. Anche i prezzi sono super : 18 la tenda, 10 la persona, 15 la bici.... Per dormire per terraaa?!!
Mi pare matta e me ne vado polemizzando. Mi sono scocciato: ogni volta la ricerca del posto per dormire è una angoscia! Le mie esigenze quasi mai coincidono.
Sono arrivato a Misano Adriatico, ci sono innumerevoli alberghi, uno alla fine lo trovo!
Una camera singola all'Hotel Hamilton: 35 € senza colazione. La stanza è un rettangolo
due per sei con balconcino e bagno: Benissimo!

Per la passeggiata serale vengo attratto dal rombo delle moto di un motodromo nelle vicinanze.
Forse una gara o forse solo centauri che testano le loro abilità in pista. Seguo il rumore ma non lo
trovo. Abbandono l'idea e torno sul lungomare alla riccerca di una cenetta con pesciolini.
Macchè, stabilimenti tutti chiusi o ristoranti a prezzi inaccessibili. Ripiego sulla solita pizza? O magari un gelato? Niente, torno in albergo, digiuno. In compenso ho camminato, camminato, camminato!


17 Luglio 2016 - Domenica
Misano Adriatico – Lido Adriano

Scambio qualche parola cordiale con il proprietario.
Mi ha sorpreso, ma non troppo, la presenza praticamente esclusiva di tedeschi nell'albergo
superpieno: è notorio la predilezione di questi per la riviera adriatica. Tuttavia deve esserci una attività di promozione locale, che unita al passaparola garantisce il pienone.
Ed è così: la famiglia che ha l'albergo ha vissuto in Germania ed oggi si godono i loro sacrifici con presenze che ormai si tramandano con ricambi generazionali.

Mi offre il caffè, la colazione era infatti esclusa, e mi fa piacere che chieda notizie sulla mia impresa
e sul blog dove leggerne. I clienti intenti a consumare la loro colazione guardano con divertita curiosità le mie manovre di carico della bici. Sono pronto, saluto e via!

E' presto, poco più delle 9,30, e riprendo l'Adriatica, piuttosto trafficata.
Supero Cattolica e quindi il vialone di Rimini: evito il lungomare.
E' la stessa strada percorsa con Francesca.
Traversato il canale prima sosta al market per spuntino e beveraggi.
La Rimini minore, che si stende a nord del canale con una sequela infinita di stabilimenti,
è altrettanto piena di villeggianti e sfocia nella più nota Bellaria con la stazione ferroviaria
che richiama reminiscenze felliniane di vacanze stile anni cinquanta.

L'ingresso nel vialone di Cesenatico è immediato. La bici va che è una bellezza e non mi sembra di faticare ma alla pineta che sbucherà poi a Cervia decido di fermarmi e mentre famigliole più o meno chiassose hanno abbandonato momentaneamente le spiagge assolate e accaldate per consumare il pranzo al riparo dell'ombra degli alti pini, mi allungo su una panchina e, manco a dirlo, schiaccio il mio profondo pisolino.

E' primo pomeriggio quando decido di ripartire. Tutto facile.
Ho intenzione di non deviare all'interno e salto Ravenna. Vorrei restare sul litorale
per raggiungere i lidi ravennati. Non è semplicissimo.
Le lagune ed i canali che raggiungono il mare infatti costituiscono una ampia area protetta
che riprende il mare al Lido di Classe : chissà dove è la abbazia di S.Apollinare.

La casina all'ingresso del parco è ben organizzata, con pannelli esplicativi sulla fauna protetta,
depliant ed un addetto alle informazioni con cui ho modo di polemizzare sulla scarsa pubblicità
a luoghi ed iniziative, i canali sono navigabili con canoe, che all'estero sono spesso fonte perfino di profitto. Come spesso accade sono poco generoso verso queste persone e soprattutto poco informato. Loro viceversa sono sempre più che disponibili.
In questo caso il ragazzo, ricercatore superlaureato, rassicura le mie perplessità sulla capacità
di attraversare il parco, senza una cartina, ma con le sole indicazioni verbali.

Mi avventuro, e devo ringraziare la presenza di altri ciclisti che mi insegnano la strada giusta
che, non segnata e innestata in un sentiero seminascosto, non avrei mai preso.
Attraverso un ponte di legno su un ampio canale, uno dei riferimenti che mi erano stati indicati,
e rinfrancato anche dalla presenza di altri ciclisti che mi sfrecciano in andata e ritorno, seguo il sentiero che costeggia un ampio campo che si apre. Sono ormai all'uscita del parco che si evidenzia
per la presenza di caseggiati e strada asfaltata. Sono al Lido di Dante.
Non ci sono però alberghi. Niente paura: il Lido Adriano è poco distante. Il cavolo!
Devo aver sbagliato strada oppure ancora una volta la mancanza di indicazioni mi penalizza.
Mi ritrovo infatti su una stretta strada asfaltata che si prolunga rettilinea per chilometri senza indicazioni di sorta. E' piuttosto pericolosa perchè trafficata da auto a velocità sostenuta, non c'è corsia di emergenza e sono accecato da un sole enorme che sta per tramontarmi davanti.
Sono arrabbiato e stanco, non mi posso fermare nè tornare indietro e non c'è un cane a cui chiedere
informazioni. Posso solo andare avanti. Per quasi 18 Km!

Poi improvvisamente un incrocio, la strada a destra, ed arrivo al lido Adriano.
Per fortuna cartelli pubblicitari promuovono le pretese di alcuni alberghi.
Una strada più avanti e trovo il mio : Pensione Regina.
Il proprietario è un cinquantenne burbero e dinamico. Ci accordiamo subito per 50€ con la cena.
Mi sistema la bici all'interno del cortile. E' una pensione storica, gestita da oltre cinquant'anni prima dai genitori, e come tutti sovrapiena di clienti.
Ha una faccia conosciuta e poichè a fianco alla cassa c'è una gigantografia di una squadra azzardo:
"ciclista?..." No, la squadra è quella del Parma dello scudetto: forse lui era uno dello spogliatoio, ma non un calciatore.

Ho appena il tempo di una doccia per sistemarmi e scendere per la cena. Ottima.

Dopo cena la solita passeggiata. Il paese non offre niente. Una rotonda pretenziosa ed illuminata
ma non c'è nessuno. Molti preferiscono il bar con gelati e tavolini in pineta.
Vengo attratto dalla voce di soprano che intona un aria d'opera: è un karaoke organizzato dal bar
poco più lontano. Mi confondo con gli astanti all'ascolto di questi dilettanti coraggiosi.
Sto andando via quando si esibisce una bella ragazza robusta ed in carne: non si rende conto
che la sua voce non è intonata e strilla suscitando l'ilarità. Torno in albergo. Buonanotte-


18 Luglio - Lido Adriano - Codigoro

Neanche a dirlo, la mattina è assolata e frizzantina.
Anche oggi il caffè mi viene offerto e dopo aver recuperato e caricato la bici parto tra l'indifferenza generale. Il lungo viale che taglia a metà la pineta che fronteggia il mare è segnato dalla moltitudine
di bagni e accessi al mare e campeggi che rendono unico questo tratto di riviera romagnola : sono
alla Punta Marina di Ravenna .

La corsa in bici è agevolata dallo scarso traffico e dai pochi bagnanti che attraversano; anche se è piena stagione e non è prestissimo, c'è poca gente in giro. Arrivo in un breve al canale che deve essere attraversato in battello: è una costante di questi posti e non mi fa più meraviglia.
E' appena partito ed ho quindi tempo di guardarmi intorno.
Si passa dall'altra parte, dove hanno inizio i cosiddetti Lidi Estensi: Lido Spina, Lido di Volano...

Ho infatti deciso di risalire lungo la costa magari fino a Chioggia e poi da li' raggiungere Verona passando da Vicenza. La cittadina che sto percorrendo verso il mare, Porto Corsini, è dotata di pista ciclabile piuttosto ingombra di ciclisti, che costeggia la pineta, ma poi all'altezza di CasalBorsetti fa una deviazione e sfocia in una specie di superstrada: è la via Romea che arriva fino a Venezia, famosa per la sua pericolosità.
Anche se ci sono innummerevoli Tir e camion, la strada è ben asfaltata e dotata per buona parte di corsia di emergenza: così a parteil timore iniziale, vado avanti tranquillo.
Decido di uscire all'altezza del Lido Spina, una cittadina di mare con i suoi caseggiati bassi e le villette, e dopo un paio di rotonde arrivo ad una piazza pedonale con panchine.
Anche se non sono particolarmente stanco decido di fermarmi e prendere una bottiglia di acqua
prima che il market chiuda. E' 1,30 e mi fermo per un po'.

Risalgo sulla Romea e subito Porto Garibaldi, l'attraversamento su uno dei rami del Po.
Prossima tappa il Lido di Volano.
Nonostante mi sia dotato di cartine anche particolareggiate, la zona è un incrocio di passeggiate in bici, districarsi in quel dedalo di strade acque e canali mi confonde. Decido di restare sulla sinistra della estesa laguna delle Valli di Comacchio . Devo però farmi indicare la strada. Una ragazza mi suggerisce di non passare per la pineta perchè anche se è la strada più diretta che i ragazzi villeggianti usano percorrere, c'è il rischio di perdersi e di fare molta più strada.
Seguo il consiglio ma dopo un po' la strada finisce e sono sulla spiaggia.
Devo tornare indietro e questa volta imbocco il percorso giusto e mi ritrovo a circumnavigare un enorme lago, anche questo meta di villeggiatura.

Mi sto discostando dal mare e sono in aperta campagna, con il sole che picchia e niente e nessuno intorno. La strada è pianeggiante e per nulla faticosa ma è monotona.
Mi fermo all'ombra di un grosso albero posto all'ingresso di una grande villa.
Ci sono le indicazioni per l'Abbazia di Pomposa che decido di visitare.
Mi dicono che non posso sbagliare: vedrò l'alto campanile da lontano.
Mi avventuro per i campi e per le vie in mezzo che si intersecano perpendicolarmente. Non ci sono riferimenti e vado con il sole che mi sbatte in faccia. Un cartello indica ora la direzione.
E' vro si vede il campanile e rincuorato arrivo all'abbazia,

Si trova in un' ampia distesa alberata, ma apparentemente non c'è acqua. C'è l'Abbazia e il monastero ma è stata ricostruita dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Tuttavia l'interno è ancora notevole per gli affreschi...ecc.

La ragazza addetta all'ufficio turistico sta leggendo un libro, forse studia. Risponde con gentilezza
alle mie note polemiche: c'è una fontana. Mi riempie di depliant e mi suggerisce di andare a vedere
gli affreschi che si sono conservati. Passo così una piacevole oretta aggirandomi come turista.

Il paesino a 5 km è Codigoro....ma non è dove è nata Milva?, no non lo è, e rimuginando arrivo
in centro. Sono ormai le cinque del pomeriggio e questa è la mia meta odierna ma all'alberghetto
che ho individuato non risponde nessuno. Alle mie insistenze la persona che si affaccia mi annuncia
che è tutto pieno. Boh?! Una convenzione con qualche fabbrica.
Ce n'è un altro verso il centro, ma è gestito da una russa o giu di li e non ci accordiamo sul prezzo. Un altro ancora è fuori del paese lungo un canale che scoprirò poi è pieno di zanzare. Anche se è piuttosto dimesso non posso fare troppo lo schizzinoso. E' gestito da un siciliano Salvatore che in verità sembra un morto di fame, ma è estremamente cordiale, conviene
con le mie esigenze, mi racconta che sta cercando di tirar su questo albergo che fino a qualche tempo prima ospitava prostitute e i loro clienti. E' lì con la sua famiglia, emigrato da un paesino
in provincia di Ragusa, e sta tentando la fortuna. Decido di fermarmi anche perchè ci mette anche la cena.
La stanza è quella che si affitta agli operai, con due letti. A me va bene è pulita ed ha la doccia
grande. Affaccia sul cortile interno, dove ho messo la bici smontata, anche questo ingombro di
povere suppellettili e dove corrono libere galline e gatti. E' un po' sporco.

Anche la cena è modesta: più che familiare! un piatto di pasta ed una fettina. Ma va bene, così.
Goro, Goro di sopra ,Codigoro! Centri contadini poveri. Dopocena rifaccio a ritroso la strada lungo il canale verso il centro. Le lampade dei pochi lampioni illuminano i moscerini e le zanzare.
Non ci sono negozi aperti. Su un lato della piazza principale una grande tavolata festeggia una squadra di pallavolo che deve aver vinto qualche trofeo. Ragazzini si rincorrono davanti alla chiesa.

Non c'è altro. Sul lato opposto del canale una gelateria è il luogo di riunione dei giovani: sono tentato ma il problema sono i soliti uno, due tre gusti....Me ne ritorno in albergo. Qualcuno sul ponte con una lunga lenza cerca i pesci dall'alto argine. Qualcuno porta i cani a fare pipì.
E' poco piu delle nove: sembra mezzanotte e sta scendendo la nebbia.


19 Luglio - Codigoro ; Adria; Rovigo

Salvatore è uscito per la spesa. La Sig.ra molto gentile mi offre caffè e brioche. Una in più la porto
per la merenda. Rifaccio a ritroso il canale e quindi la ciclabile verso Pomposa.
Nel tragitto di uscita dal paesino ritrovo il cappellino che avevo perso, senza rendermene conto, la sera prima: un'anima gentile l'aveva poggiato visibile su un cornicione.
La periferia sembra da questo lato meno povera, anzi la ciclabile funziona anche per i runners e ne incrocio qualcuno. Me ne vado allegrotto, ma in realtà in paese sul ponte del canale avevo letto un cartello che indicava la strada per Agri: è questa che devo prendere!
Ritorno indietro e riercorro questa ciclabile per la terza volta: devo aggiungere 10 Km al chilometraggio odierno.

La strada è una statale di campagna: costeggio interminabili campi di mais e poichè non ci sono
costruzioni ad ostacolare lo sguardo, tranne qualche fattoria, ho lo sconforto di vedere dipanarsi
ne nulla la strada che devo percorrere.
Non c'è quasi nessuno e questa situazione comincia a pesare.
Per la strada gli abbondanti residui di paglia del taglio dei covoni, che quando passa qualche trattore tira su nell'aria.
In lontananza agglomerati di poche case con il campanile che svetta.

La strada è piana ma tutta la situazione è faticosa. Mi fermo all'ombra di un caseggiato di fattoria
con all'interno persone molto indaffarate: arriva un Suv e riparto.
Ora la vegetazione sta cambiando: mi sto avvicinando al Po che supero su un grande ponte.
Mi fermo per una foto: lo spettacolo ogni volta che ho incrociato questo fiume è di maestosità!
Incredibilmente sull'altro lato una coppia di cicloturisti mi saluta. Sono carichi se possibile più di me .

Riprendo con più lena. Ma mi fermo subito perchè scorgo lungo il ciglio una famigliola di paperotti che sorvegliati della chioccia cercano di nascondersi dall'intruso tra la vegetazione del canale.
Devo fare una foto. Ed altre ne farò più avanti allo spettacolo del Po che in questo tratto si allarga
e al centro mostra alcune dune sabbiose ingombre di volatili, forse anche fenicotteri.
Siamo in pieno Polesine.

E' ormai ora di pranzo ed arrivo ad una cittadina ben messa:è Agri.
Dopo un breve giro per il centro storico - tutto chiuso data l'ora e la stagione, decido di fermarmi
in un giardino da dove sento arrivare la musica di un pianoforte.
Dopo un breve battibecco con un ragazzo che sta parlando al cellulare ad alta voce, disturbando
la quiete del posto, finalmente posso godermi i virtuosismi di studenti del conservatorio.
Quel giardino con la villa è infatti un conservatorio di musica che avrei la possibilità di visitare
data la gentilezza di alcune signore - forse insegnanti - all'ingresso, ma che si può limitare solo
ad ascoltare la musica dall'esterno dell'aula poichè non si deve disturbare .

Passo ancora un po di tempo beandomi, e lascio il posto malvolentieri.
Ora per arrivare a Rovigo c'è un lungo rettilineo alberato: una fettuccia su cui le auto sfrecciano
pericolosamente ad alta velocità. Così per 15 Km.
All'ingresso in città seguo le indicazioni per il centro. La strada è acciottolata e mi fermo ad una
chiesa - o istituto pubblico - circolare e con cupola, contornata da un giardino con panchine.
Alcuni ragazzi e ragazze schiamazzano sulla scalinata. Mi informo per un albergo ma non sembra una cosa semplice, soprattutto per i prezzi. Rovigo è capoluogo è c'è un BestWestern che a meno di 80€ on si può: gli altri suggeriti dalla receptionist sono della stessa catena e quindi stessi prezzi.
Sono sconfortato. Non è tardissimo ma continuare non mi va per niente.

C'è un istituto di salesiani che sembra fare proprio al caso mio: sicuramente lì posso trovare un riparo per la notte. In realtà mi danno indicazioni per dove riferirmi. Anzi chiamano l'albergo
e chiedono conferma di disponibilità e come raggiungerli. E' facile.
L'albergo è ad una stella - sempre per lavoratori o comitive di passaggio - ma il prezzo è 30€, non mi devo lamentare! La camera è sufficiente.

Per mangiare ritorno in centro. Su alcuni cartelli leggo di una festa con distribuzione di cibarie che potrebbe fare al caso mio, ma stranamente nessuno sa dove si trova la località della festa:
"Non sono di qui...." E' la risposta che incredibilmente mi sento dare da più di una persona.
Rovigo deve essere un posto di immigrati. Passo per il centro piuttosto ricercato con locali alla moda e presumibilmente cari, dove alcuni giovani attendono al rito dell' happyhour.

Sono quasi le sette e i negozi stanno chiudendo. Mi affretto in una pizzeria, anche questa gestita da
gente immigrata da Padova, e che non conosce la località della festa. Ma il mio è un pur parlè perchè sono rassegnato all'insipienza dei locali.

Rimedio in extremis una Peroni da 66cl, e consumo la mia cena in un giardino pretenzioso con fontana: non sono il solo. Una famigliola ed una specie di barbona, ma poi chissà, mi fanno compagnia. Ritorno in bici e le strade sono ormai tutte vuote: ore 8,30.


20 Luglio - Rovigo - Ronco all' Adige

La colazione non è inclusa! E' la sorpresa della mattina. Sorpresa perchè la sera la signora si era raccomandata sull'orario, ma quando scendo è tutto sparecchiato. Che pretendo?!
Giusto. Mi prendo un caffè al bar servito dal marito e scambio opinioni su cicli e bicicli con i soliti perdigiorno sempre presenti in quei posti.

Mi organizzo per la partenza. L'idea è quella di passare per Vicenza , così da rinverdire soste precedenti. L'uscita da Rovigo non è semplicissima