Cos'è che li fa MUoverE ?

Chi avrebbe detto che una attività così semplice e spontanea - si cammina prima ancora di connettere verbo- poteva determinare una occasione di aggregazione, il ricostituirsi di antiche frequentazioni,risvegliare la voglia di stare insieme e condividere le emozioni di piccole avventure.Eppure guardateli con gli zaini in spalla ripieni di sorprese, attrezzature più o meno consone alla bisogna - animati da spirito di conoscenza, inerpicarsi per boschi e pendii alla scoperta del mondo che li circonda.

Ed allora ci si chiede cos'è che li spinge ad andare ed andare ed andare, cosa cercano, quali le motivazioni.Come al solito è meglio non porsi mai troppe domande:le risposte potrebbero essere deludenti banali scontate.....volgari! Lasciamoli camminare....Non ci interessa dove e perché.

Ci preme che vadano, che vadano ma che vadano pure a...Ecco, appunto!

Brahamana V sec. a.c - Indra esorta Rohita

Non c'è felicità per chi non viaggia, Rohita!
A forza di stare nella società degli uomini,
Anche il migliore di loro si perde.
Mettiti in viaggio.

I piedi del viandante diventano fiori,
la sua anima cresce e dà frutti,
ed i suoi vizi son lavati via dalla fatica del viaggiare.
La sorte di chi sta fermo non si muove.
Allora vai, viaggia, Rohita!
Indra esorta Rohita - (dai Brahamana V Sec. a.c.)

giovedì 14 aprile 2016

Il nostro viaggio in Africa - 4°

Questa mattina siamo noi a raggiungere Fra nella sua abitazione che condivide con le altre ragazze dell'Ong.

La costruzione in muratura è datata ed in condizioni non floride ma sembra solida: è una specie di grande villa che deve sicuramente aver visto tempi migliori; all'interno però è evidente lo stato di quasi abbandono e deterioramento che, nonostante i tentativi delle ragazze, prime fra tutte Fra e Vale, si vede nei muri nelle suppellettili nel pavimento. Anche se piuttosto buia la casa è grande: la cucina, con stoviglie ammucchiate vicino ad un grande lavabo con bottiglioni d'acqua da 25 e 30 litri sparsi e stipati tra ciabatte e residui;
una zona soggiorno dove le ragazze stanno tentando di costruire una biblioteca, con un tavolo basso davanti ad una TV che funziona solo per vedere dvd. Francesca è lì che sta facendo colazione e ci accompagna attraverso uno stretto e buio corridoio alla camera da letto piuttosto grande con tre lettini coperti dalle zanzariere e una confusione di vestiti mutande notebook  phon scarpe libri ecc in ogni dove. Ci fa vedere anche il bagno che hanno sistemato e la doccia primitiva, che possono fare quando c'è l'acqua: rispetto alle foto che ci aveva inviato all'inizio questo sembra il gabinetto di una principessa.
E questo nonostante le opposizioni della curatrice della Ong all'acquisto di suppellettili degne!

Stiamo aspettando l'autista che ci accompagnerà a Dar Es Salam, e che si presenta poco dopo; una sosta
alla sede dell'Ong - una palazzina discreta in una zona residenziale tranquilla e pulita, con un bel courty
yard  - e quindi via a ritroso verso la capitale. La trasferta procede senza intoppi fino alla periferia della città
dove il traffico comincia ad ingrossarsi ed il rumore ed il caos ad innalzarsi. Ma questo non sembra disturbare il nostro autista che placido procede rassegnato. Arriviamo all'ospedale: una grande costruzione
moderna ed ariosa, che brulica di gente. Ci dirigiamo verso il pronto soccorso intasato da donne in sahri per lo più nero,ma anche colorati, alcune completamente velate, altre che indossano solo il chador, diverse invece con l'abbigliamento occidentale.
Ci sono quattro o cinque salette chiuse da tende e Fra cerca di parlare con una infermiera cicciotta per farle capire la nostra urgenza e le sue condizioni febbricitanti. C'è da aspettare. Finalmente la fanno accomodare in una di quelle salette: Fra sembra aver sfebbrato e stesa su un lettino parla con un giovane medico aitante.
Mi danno dei fogli con la prescrizione delle medicine che vado a comprare nella farmacia dell'ospedale.
Francesca viene dimessa, il check per la malaria è negativo, non ha febbre, chiedo al medico notizie per la Dengue ma credo di capire di non preoccuparsi. In realtà, scopriremo poi, non ha fatto nessun test per la dengue. E' pomeriggio inoltrato, e recuperiamo l'autista che per tutto quel tempo - oltre sei ore - è rimasto da qualche parte ad aspettare. Torniamo verso Bagamojo che è ormai buio. Il brulicare di persone ai margini della strada è impressionante: sostiamo in una di queste aree in attesa di un altro autista che sta arrivando con un DalaDala. Alcune luci al neon di un "negozio" di articoli tecnici, cellulari e televisori, il via vai di persone e di mezzi di tutti i tipi alcuni caricati all'inverosimile, i fumi che fuoriescono dalle bancarelle che vendono cose da mangiare, rendono l'atmosfera un po' sinistra a metà tra la festa di paese e le giostre di periferia, ma il nostro uomo ci allerta  sulla destrezza di giovani rapinatori.

A Bagamojo era in programma per questa sera una apericena con la focaccia che aveva portato Fortuna e che Fra ha voluto condividere con tutti gli altri e la birra. Ho potuto conoscere così Juan e scambiare con le altre ragazze opinioni sull'efficacia delle azioni delle Ong comparata con quelle di operatori di grandi opere come i cinesi. Ci congediamo con brindisi e auguri per il nostro Safari: domani infatti lasceremo Bagamojo per Arusha porta di ingresso ai grandi Parchi.
Prima di andare a dormire Fra mi accompagna al bancomat con una di quelle motorette che avevo visto spesso raggruppate ai margini delle piazze: è questa un'altra caratteristica della zona. Funzionano infatti come mezzi pubblici veloci ed economici, e così saliamo in tre e rapidamente andiamo e torniamo.    

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