Cos'è che li fa MUoverE ?

Chi avrebbe detto che una attività così semplice e spontanea - si cammina prima ancora di connettere verbo- poteva determinare una occasione di aggregazione, il ricostituirsi di antiche frequentazioni,risvegliare la voglia di stare insieme e condividere le emozioni di piccole avventure.Eppure guardateli con gli zaini in spalla ripieni di sorprese, attrezzature più o meno consone alla bisogna - animati da spirito di conoscenza, inerpicarsi per boschi e pendii alla scoperta del mondo che li circonda.

Ed allora ci si chiede cos'è che li spinge ad andare ed andare ed andare, cosa cercano, quali le motivazioni.Come al solito è meglio non porsi mai troppe domande:le risposte potrebbero essere deludenti banali scontate.....volgari! Lasciamoli camminare....Non ci interessa dove e perché.

Ci preme che vadano, che vadano ma che vadano pure a...Ecco, appunto!

Brahamana V sec. a.c - Indra esorta Rohita

Non c'è felicità per chi non viaggia, Rohita!
A forza di stare nella società degli uomini,
Anche il migliore di loro si perde.
Mettiti in viaggio.

I piedi del viandante diventano fiori,
la sua anima cresce e dà frutti,
ed i suoi vizi son lavati via dalla fatica del viaggiare.
La sorte di chi sta fermo non si muove.
Allora vai, viaggia, Rohita!
Indra esorta Rohita - (dai Brahamana V Sec. a.c.)

martedì 2 maggio 2017

Il nostro viaggio in Africa - 8 Ritorno

12 Giugno –

Avevo letto nel mio peregrinare su internet che uno dei posti da visitare, dove si potevano ammirare a breve contatto le scimmie rosse di Zanzibar, specie caratteristica autoctona dell’isola, era la Foresta di Jozani. Per questo Fra l’aveva inserito nel giro delle escursioni. Ci avrebbe accompagnato ancora una volta il nostro tassista.

Ormai abituati alle “alzatacce”, ci facciamo trovare pronti presto.
La foresta di Jozani è un’area protetta sia per la presenza dei “colobi”, appunto le scimmie rosse a rischio di estinzione, sia perchè è uno degli ultimi lembi di foresta tropicale presenti nell’isola di Zanzibar, ed include la foresta di mangrovie della baia di
Chwaka Bay.   

La zona non è molto distante da Stone Town ed arriviamo in una mezz’ora. Cè un ingresso da pagare ma Franc si sente debilitata e preferisce rimanere in macchina a riposare: dopo poco la raggiunge Forty sia per farle compagnia, ma anche perchè a lei della foresta e delle scimmie non è che interessi molto.
Mi avventuro così da solo nel sentiero segnato facendo attenzione alle grosse formiche fameliche presenti ai piedi degli alti alberi
e di cui gli inservienti ci avevano messi sull’avviso.

Ovviamente l’attrazione principale era quella di avvistare e fotografare nel loro habitat naturale le famose scimmiette.
Orgoglioso del mio strumento e dell’attrezzatura – avevo acquistato un 35mm per la bisogna – col naso all’insù, contrariamente
alle aspettative e ai racconti, le scimmie non si vedono. Forse è l’orario troppo presto. mi suggeriscono, poi ne avvist un paio
ma si confondono facilmente tra i rami dei folti alberi ma soprattutto non stanno mai ferme..... Riesco a scattare qualche foto ma nessuna nitida come vorrei ed allora rinuncio. Proseguo il percorso senza più l’assillo delle scimmie che d’altra parte non ne vedo.

La passeggiata è piuttosto deludente, ed allora la termino in breve attraversando la strada ed entrando nella foresta di mangrovie. E’ questa una zona umida attraversata da corsi d’acqua salata dove crescono rigogliose piante e alberi di mangrovie, in un intrico suggestivo di liane foglie enormi rami e tronchi macerati , un ponte in legno che supera una specie di acquitrino.



E’ questa seconda passeggiata più appagante ed interessante della precedente, ma non voglio inoltrarmi fino al mare e torno indietro. Fra è ancora spossata dalla febbre quindi decidiamo di tornare indietro.

Per non perdere la giornata però il nostro autista suggerisce di visitare una zona turistica, ed in breve ci porta in un tipico villaggio vacanze con bungalow e area giochi.... Non  c’è quasi nessuno perchè la stagione non è ancora iniziata, ma la sorpresa viene dal mare e dalla spiaggia, una lunga distesa a vista d’occhio di sabbia finissima quasi polverosa, un mare le cui colorazioni includono tutte le sfumature del verde e dell’azzurro, un gruppo di surfisti che al largo si fanno trasportare dalle folate di vento!

E’ la medicina che serve a Fra che infatti subito si rianima e partecipa della bellezza del posto, scambiando notizie e pareri con il nostro autista.

Rientriamo alla base, superando i soliti ingorghi. Domani si torna a Dar prima del rientro.
Decidiamo di prendere il  traghetto che oltre ad essere più economico dell’aereo ci consente di godere più a lungo del mare e di mischiarci alla popolazione indigena che è sempre fonte di sorprese. Ci dirigiamo perciò al porto dove dobbiamo subire una lunga fila.Fra non se la sente di stare in piedi a lungo ; faccio i biglietti con il timore di sbagliare, perchè le indicazioni non sembrano chiarissime, e torniamo a casa.

Fra sembra crollare tutto d’un tratto: la debilitazione e la sofferenza che si è portata appresso in tutti questi giorni, la febbre che non le ha dato mai tregua sembrano vincere alla fine sulle sue eroiche resistenze.
Abbiamo tutti molta paura perchè non sappiamo di cosa si tratta.
Non riporto le ore concitate che si sono susseguite, alla nottata che Fra ha combattuto, fino al nostro rientro in aereo nella capitale.


  13 Giugno-
   E’ mattina presto quando il nostro ospite ci riaccompagna in aereoporto. E’ un congedo che avrebbe meritato ben altra disposizione d’animo dopo le meravigliose giornate ed esperienze vissute a Zanzibar, ma la situazione di Fra non consente che un saluto affrettato e colmo di speranze.

All’aereoporto troviamo Juan che la sera prima aveva partecipato alla nostra angoscia e che tanto aveva fatto per noi e per Fra, facendoci chiamare da una sua amica medico,
ed insieme ci dirigiamo verso la clinica di riferimento del gruppo, in cui Fra aveva già fatto i test della malaria.
Perfino l’addetto dell’Ambasciata Italiana viene a rendersi conto di persona delle condizioni di una persona così preziosa.
E fortunatamente con il suo spirito sempre positivo e volto verso gli altri, Fra sta decisamente meglio e le analisi lo confermano.
Ormai è in convalescenza ed ancora una volta la sua forte fibra ha avuto la meglio!

Ci facciamo accompagnare dall’autista all'albergo che avevo prenotato dall’Italia. Il quartiere non sembra proprio raccomandabile,
le strade sono piene di buche e i caseggiati più che popolari. L’albergo è in uno di questi ma più che un hotel sembra una casa famiglia per rifugiati. La camera che ci danno non va bene, vecchia e puzzolente ed in condizioni igieniche precarie.
Lo stesso un’ altra, per di più dovremmo dormire in tre su un letto matrimoniale.
Juan ci sconsiglia di restare, ha un altro posto più decente dove farci stare, ed anche se a malincuore perchè devo ammettere di aver sbagliato scelta, ma nell’assoluto interesse della salute di Francesca, pago l’albergo e ce ne andiamo.

Juan mostra tutta la sua generosità offrendoci il pranzo in un ristorante lì vicino. Un ottimo cibo.
Finalmente ci rechiamo  nella struttura suggerita da Juan: è una casa di accoglienza per giovani gestita da preti. Modesta ma pulita.
Anche qui non c’è praticamente nessuno e ci danno una stanza con tre letti e zanzariere, di cui aprofittiamo subito.
Sono solo a scendere per la cena, una zuppa calda che porto su anche alle signore.

14 Giugno –
 Oggi partiamo. La notte è trascorsa tranquilla, ma abbiamo convinto Fra a tornare a Roma ed interrompere il suo volontariato.
 Troppo rischioso. A colazione facciamo conoscenza con una ragazza italiana – responsabile a Dar di una Ong – che supporta la decisione di Fra di tornare con una argomentazione senza repliche : “non puoi pensare di essere di aiuto agli altri se gli altri si devono occupare della tua salute “. E’ bene pensare prima a guarire come si deve e poi eventualmente tornare.

La decisione perciò è presa. Il biglietto dell’aereo per il giorno successivo pure.               

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