12 Giugno –
Avevo letto nel mio peregrinare su internet che uno dei posti da
visitare, dove si potevano ammirare a breve contatto le scimmie rosse di
Zanzibar, specie caratteristica autoctona dell’isola, era la Foresta di Jozani.
Per questo Fra l’aveva inserito nel giro delle escursioni. Ci avrebbe
accompagnato ancora una volta il nostro tassista.
Ormai abituati alle “alzatacce”, ci facciamo trovare pronti
presto.
La foresta di Jozani è un’area protetta sia per la presenza dei
“colobi”, appunto le scimmie rosse a rischio di estinzione, sia perchè è uno
degli ultimi lembi di foresta tropicale presenti nell’isola di Zanzibar, ed
include la foresta di mangrovie della baia di
Chwaka Bay.
La zona non è molto distante da Stone Town ed arriviamo in una
mezz’ora. Cè un ingresso da pagare ma Franc si sente debilitata e preferisce
rimanere in macchina a riposare: dopo poco la raggiunge Forty sia per farle
compagnia, ma anche perchè a lei della foresta e delle scimmie non è che
interessi molto.
Mi avventuro così da solo nel sentiero segnato facendo attenzione
alle grosse formiche fameliche presenti ai piedi degli alti alberi
e di cui gli inservienti ci avevano messi sull’avviso.
Ovviamente l’attrazione principale era quella di avvistare e
fotografare nel loro habitat naturale le famose scimmiette.
Orgoglioso del mio strumento e dell’attrezzatura – avevo
acquistato un 35mm per la bisogna – col naso all’insù, contrariamente
alle aspettative e ai racconti, le scimmie non si vedono. Forse è
l’orario troppo presto. mi suggeriscono, poi ne avvist un paio
ma si confondono facilmente tra i rami dei folti alberi ma
soprattutto non stanno mai ferme..... Riesco a scattare qualche foto ma nessuna
nitida come vorrei ed allora rinuncio. Proseguo il percorso senza più l’assillo
delle scimmie che d’altra parte non ne vedo.
La passeggiata è piuttosto deludente, ed allora la termino in
breve attraversando la strada ed entrando nella foresta di mangrovie. E’ questa
una zona umida attraversata da corsi d’acqua salata dove crescono rigogliose
piante e alberi di mangrovie, in un intrico suggestivo di liane foglie enormi
rami e tronchi macerati , un ponte in legno che supera una specie di
acquitrino.
E’ questa seconda passeggiata più appagante ed interessante della
precedente, ma non voglio inoltrarmi fino al mare e torno indietro. Fra è
ancora spossata dalla febbre quindi decidiamo di tornare indietro.
Per non perdere la giornata però il nostro autista suggerisce di
visitare una zona turistica, ed in breve ci porta in un tipico villaggio
vacanze con bungalow e area giochi.... Non
c’è quasi nessuno perchè la stagione non è ancora iniziata, ma la
sorpresa viene dal mare e dalla spiaggia, una lunga distesa a vista d’occhio di
sabbia finissima quasi polverosa, un mare le cui colorazioni includono tutte le
sfumature del verde e dell’azzurro, un gruppo di surfisti che al largo si fanno
trasportare dalle folate di vento!
E’ la medicina che serve a Fra che infatti subito si rianima e
partecipa della bellezza del posto, scambiando notizie e pareri con il nostro
autista.
Rientriamo alla base, superando i soliti ingorghi. Domani si torna
a Dar prima del rientro.
Decidiamo di prendere il
traghetto che oltre ad essere più economico dell’aereo ci consente di
godere più a lungo del mare e di mischiarci alla popolazione indigena che è
sempre fonte di sorprese. Ci dirigiamo perciò al porto dove dobbiamo subire una
lunga fila.Fra non se la sente di stare in piedi a lungo ; faccio i biglietti
con il timore di sbagliare, perchè le indicazioni non sembrano chiarissime, e
torniamo a casa.
Fra sembra crollare tutto d’un tratto: la debilitazione e la
sofferenza che si è portata appresso in tutti questi giorni, la febbre che non
le ha dato mai tregua sembrano vincere alla fine sulle sue eroiche resistenze.
Abbiamo tutti molta paura perchè non sappiamo di cosa si tratta.
Non riporto le ore concitate che si sono susseguite, alla nottata
che Fra ha combattuto, fino al nostro rientro in aereo nella capitale.
13 Giugno-
E’ mattina presto quando il nostro ospite ci
riaccompagna in aereoporto. E’ un congedo che avrebbe meritato ben altra disposizione
d’animo dopo le meravigliose giornate ed esperienze vissute a Zanzibar, ma la
situazione di Fra non consente che un saluto affrettato e colmo di speranze.
All’aereoporto troviamo Juan che la sera prima aveva partecipato
alla nostra angoscia e che tanto aveva fatto per noi e per Fra, facendoci chiamare da una sua amica medico,
ed insieme ci dirigiamo verso la clinica di riferimento del
gruppo, in cui Fra aveva già fatto i test della malaria.
Perfino l’addetto dell’Ambasciata Italiana viene a rendersi conto
di persona delle condizioni di una persona così preziosa.
E fortunatamente con il suo spirito sempre positivo e volto verso
gli altri, Fra sta decisamente meglio e le analisi lo confermano.
Ormai è in convalescenza ed ancora una volta la sua forte fibra ha
avuto la meglio!
Ci facciamo accompagnare dall’autista all'albergo che avevo
prenotato dall’Italia. Il quartiere non sembra proprio raccomandabile,
le strade sono piene di buche e i caseggiati più che popolari.
L’albergo è in uno di questi ma più che un hotel sembra una casa famiglia per
rifugiati. La camera che ci danno non va bene, vecchia e puzzolente ed in
condizioni igieniche precarie.
Lo stesso un’ altra, per di più dovremmo dormire in tre su un
letto matrimoniale.
Juan ci sconsiglia di restare, ha un altro posto più decente dove
farci stare, ed anche se a malincuore perchè devo ammettere di aver sbagliato
scelta, ma nell’assoluto interesse della salute di Francesca, pago l’albergo e
ce ne andiamo.
Juan mostra tutta la sua generosità offrendoci il pranzo in un
ristorante lì vicino. Un ottimo cibo.
Finalmente ci rechiamo
nella struttura suggerita da Juan: è una casa di accoglienza per giovani
gestita da preti. Modesta ma pulita.
Anche qui non c’è praticamente nessuno e ci danno una stanza con
tre letti e zanzariere, di cui aprofittiamo subito.
Sono solo a scendere per la cena, una zuppa calda che porto su
anche alle signore.
14 Giugno –
Oggi partiamo. La notte è
trascorsa tranquilla, ma abbiamo convinto Fra a tornare a Roma ed interrompere
il suo volontariato.
Troppo rischioso. A
colazione facciamo conoscenza con una ragazza italiana – responsabile a Dar di
una Ong – che supporta la decisione di Fra di tornare con una argomentazione
senza repliche : “non puoi pensare di essere di aiuto agli altri se gli altri
si devono occupare della tua salute “. E’ bene pensare prima a guarire come si
deve e poi eventualmente tornare.
La decisione perciò è presa. Il biglietto dell’aereo per il giorno
successivo pure.
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