Cos'è che li fa MUoverE ?

Chi avrebbe detto che una attività così semplice e spontanea - si cammina prima ancora di connettere verbo- poteva determinare una occasione di aggregazione, il ricostituirsi di antiche frequentazioni,risvegliare la voglia di stare insieme e condividere le emozioni di piccole avventure.Eppure guardateli con gli zaini in spalla ripieni di sorprese, attrezzature più o meno consone alla bisogna - animati da spirito di conoscenza, inerpicarsi per boschi e pendii alla scoperta del mondo che li circonda.

Ed allora ci si chiede cos'è che li spinge ad andare ed andare ed andare, cosa cercano, quali le motivazioni.Come al solito è meglio non porsi mai troppe domande:le risposte potrebbero essere deludenti banali scontate.....volgari! Lasciamoli camminare....Non ci interessa dove e perché.

Ci preme che vadano, che vadano ma che vadano pure a...Ecco, appunto!

Brahamana V sec. a.c - Indra esorta Rohita

Non c'è felicità per chi non viaggia, Rohita!
A forza di stare nella società degli uomini,
Anche il migliore di loro si perde.
Mettiti in viaggio.

I piedi del viandante diventano fiori,
la sua anima cresce e dà frutti,
ed i suoi vizi son lavati via dalla fatica del viaggiare.
La sorte di chi sta fermo non si muove.
Allora vai, viaggia, Rohita!
Indra esorta Rohita - (dai Brahamana V Sec. a.c.)

lunedì 20 febbraio 2017

Il nostro viaggio in Africa - 7 Zanzibar

8 giugno - Dopo le tensioni dei giorni scorsi, questa mattina pare svolgersi più serenamente.

Come solito la sveglia è molto presto. Prepariamo le valigie e facciamo la colazione e Michael è già lì pronto per accompagnarci come promesso: siamo stati veramente fortunati ad avere lui come guida, perchè è stato bravo a stemperare le arrabbiature e gestire la situazione di Fra. Ringraziamo e scambiamo indirizzi, non abbiamo al momento di che compensarlo adeguatamente. Saliamo sull'autobus, stranamente pieno di viaggiatori.

La strada per l'aeroporto mostra un'aspetto più moderno della cittadina di Arusha: strade molto larghe ed ai lati costruzioni moderne e ben messe. Non sembra Africa ma è un segno di come le cose stiano cambiando anche qui. Arriviamo all' aeroporto, anche questo moderno ma con la fantasia ed il gusto per i colori tipico degli africani. Dobbiamo aspettare un pò prima che sia pronto il nostro volo, oltre l'orario originariamente previsto, ma infine saliamo su un comodo 727 destinazione Zanzibar!  

Veramente il volo fa scalo a Dar Er Salam, dove ci sta aspettando un energumeno poco rassicurante.
E' l'emissario di Barnaba che, dopo una serie di conversazioni telefoniche ci accompagna - noi dietro trascinando bagagli - ad una sala d'attesa, fatiscente e d'altri tempi, da cui si accede ad una pista secondaria
dove volano piccoli aerei privati  noi siamo destinati ad uno di questi.
Sembra di vivere in un film: la sala d'attesa buia e afosa senza aria condizionata e con pochi passeggeri, la pista nel sole accecante ingombra di piccoli velivoli parcheggiati, forse a casaccio, una serie di figuri appoggiati alla porta di uscita  che scopriremo poi essere facchini e controllori. Dopo qualche mezz'ora di attesa il nostro accompagnatore ci sollecita a mettere le valigie in un carrello - verranno imbarcate - e senza check in nè altro controllo documenti ci indica il nostro volo. L'aereo un Cessna      , sembra un giocattolo! Per salire una scaletta metallica appesa, l'interno ingombro come il didietro di una macchina, otto posti più il pilota che guida col braccio di fuori, i sedili spellacchiati su cui si affonda  ....Che figata!

Stringete le cinture, si parte. L'aereo si alza leggero come un fuscello, le ruote restano di fuori, dopo un po' raggiunge la quota e la velocità di crociera. Siamo intorno ai 1000 metri ed è poco più che stare su un punto panoramico a guardare la città di sotto: immensa. L'oceano sotto di noi dal colore chiaro vicino alla costa
si inzurrisce per la profondità, si potrebbero distinguere i pesci. Poi, avvicinandoci a Zanzibar lo spettacolo degli isolotti che sembrano disegnati su un foglio, perfettamente contornati dalla corona giallastra delle spiagge e qualche spuma bianca delle onde che si infrangono.
La traversata eccitante, dura poco più di mezz'ora
E' il primo pomeriggio e siamo a Zanzibar, l'isola che evoca la giungla e gli eroi salgariani.

Attendiamo che il proprietario della casa dove saremo ospitati, grazie a Fra, ci venga a prendere.
Fortunatamente non ci fa aspettare molto: è un signore alto e distinto dall'aspetto indiano piuttosto cortese, e dopo le varie disavventure ci voleva. Percorriamo una specie di autostrada che ci introduce alla città, a prima vista
decadente: arriviamo in una grande piazza che pullula di gente e di macchine e di pullman: curiose le scolaresche in divisa che contribuiscono chiassose ed incuranti al traffico caotico.
Traversa a destra e dopo poco ci fermiamo davanti ad una specie di......baracca.
Le case sono basse i marciapiedi sterrati i portoni si alternano a esercizi commerciali. E' la nostra destinazione e non ci fa un bell'effetto. Dovremmo restare tre giorni. Saliamo al primo piano ed il nostro anfitrione ci inviata a toglierci le scarpe: in casa solo scalzi!.

Come un miracolo, aperta la porta, il salone che ci accoglie esibisce un arredamento quasi lussuoso:
La luce soffusa del pomeriggio illumina un enorme divano e due ampie poltrone di foggia occidentale che fronteggiano un' ampia vetrata corredata da tende chiare e sul davanzale teiere, vasi e soprammobili dorati e arabescati. A terra grandi piastrelle in ceramica bianca e  tappeti anch'essi di pregio, e vasi colorati in vetro sistemati con gusto, sulla sinistra la zona pranzo con un tavolo ottagonale in legno e marmo verde con al centro fissato e rialzato il tipico vassoio ruotante per la distribuzione del cibo. Un separè dovrebbe nascondere un altro divano e poltrone  in pelle nera dove si agitano davanti ad una TV a cristalli liquidi due bambini: il maschio più grandicello sta giocando ad un videogame, la bambinetta fa la scontrosa.
Insomma una piacevole sorpresa! D'altra parte Fra ha soggiornato già qui con le sue compagne e non ci avrebbe portato in un posto che non fosse stato degno.

Le stanze sono ampie: una matrimoniale ed una con due letti dove si sistemerà Fra : la famiglia si riserva una camera in fondo al corridoio - tutti e quattro insieme?.
Il nostro ospite ci lascia perchè molto indaffarato, la moglie che lavora come cuoca in un catering, dovrebbe arrivare a breve. Approfitto per salire, su indicazione di Fra, sulla terrazza che domina il quartiere.
Una distesa a perdita d'occhio di tetti in lamiera arruginita, Su tutto svetta il minareto di una bianca moschea lì vicino. Scendiamo per fare due passi mentre Fortuna si....stende.
Ci avviciniamo alla moschea: è l'ora della preghiera e molte persone entrano. Chiedo ad un ragazzo con il caffettano bianco se posso entrare ad assistere e mi chiede se sono mussulmano: no?! allora non si può entrare.
Camminare non sembrerebbe troppo igienico: le strade sono sporche ed attraversate da rivoli d'acqua, forse non sarebbe neanche troppo sicuro, perchè le case accatastate lasciano solo vicoli stretti.

Ma la solita musica ad alto volume che sentiamo poco distante è una attrazione irresistibile per noi e ci volgiamo in quella direzione.....una serie di vicoli bardati a festa con lampadine colorate e festoni
accompagnano non è chiaro se un festa di matrimonio o di quartiere...cè un'atmosfera di allegria,
una moltitudine che canta e ride e balla . Proviamo per un po' a mischiarci, ma è una impresa.
Si sta facendo buio e torniamo a casa, dove troviamo la moglie con cui Fortuna ha già fatto conoscenza
parlando in quale lingua non si sa...... La cena - con i bambini ma senza marito - è abbondante e non male.Peccato che è il residuo del catering che avevano preparato.


9 Giugno 2014 -

Questa mattina sarà dedicata alla visita di Zanzibar, o meglio della sua capitale StoneTown, città di pietra, chiamata così perchè le case erano costruite con la pietra corallina, di cui abbondano i fondali.
La colazione l'abbiamo consumata in cucina: non proprio il massimo dell'igiene.
Il pavimento è grasso e pensare che ci camminano scalzi ...anche il lavello è ingombro di stoviglie non lavate, ma come si dice....meglio non guardare cosa c'è sotto il tappeto!

Con un taxi ci siamo fatti portare alla grande piazza notata ieri, Darajani,  che sembra essere il crocevia della città.
C'è infatti un brulichio impressionante di persone: alcune stazionano all'ombra dei grandi alberi in apparenza oziosi, altri si affannano con la merce ai bordi  del mercato il Derajani bazar che è alimentare ( è qui il famoso mercato coperto del pesce e della carne) con i ricchi banchi della frutta e delle spezie ma anche per l'abbigliamento e prodotti per la casa e mille altre cose. Il traffico è intenso e caotico, su un lato un mucchio di auto e motorini parcheggiati, forse tassisti in attesa di clientela, più avanti una stazione di autobus....

La luce del giorno è accecante ed esalta i mille colori, il caos crea buonumore, decidiamo però di non avventurarci nel mercato ma di inoltrarci  nei vicoli strettissimi che ci porteranno al porto.
Non c'è asfalto ed il solito rigagnolo biancastro, residuo delle attività di pulizia a secchiate degli androni delle case, scorre lungo i vicoletti e si aggruma in pozzanghere che ci costringono a salti ed equilibrismi.
Banchine alte prospicienti le abitazioni , specie di marciapiedi  - consentono il passaggio quando le stradine si tramutano in torrenti per le piogge tropicali
Stone Town è stata dichiarata patrimonio dell' Unesco per la presenza di stili architettonici diversi: quello indiano dei massicci balconi in legno traforati e dei portali  intarsiati, lo stile arabo, il persiano, ma il colore dominante è il grigio delle abitazioni non intonacate, l'impressione è di degrado generale ; i vicoli così stretti hanno probabilmente un origine legata alla necessità di ripararsi dalla calura e anche se appaiono un labirinto, tutti portano al mare.
Ogni tanto uno slargo ed un incrocio rompono l'oppressione degli edifici troppo ravvicinati, mentre negozi stracolmi di mercanzie bar e moschee li colorano.E' un paese mussulmano ma le donne quasi tutte a capo scoperto vestono abiti lunghi e colorati, quando non abiti occidentali.

Finalmente arriviamo al mare: di un azzurro intenso. Alcuni  uomini  lavorano di scalpello attorno ad una grande barca malmessa, dall'alta banchina ragazzi temerari si esibiscono in tuffi acrobatici, nella rada una decina delle tipiche barche , alcune solcano il mare con la vela a triangolo.
C'è posto anche per alcuni motoscafi e barche a motore.
Francesca ci indica l'isola poco più al largo: e' la "Prison Island",dove erano imprigionati i neri ribelli, deportati dagli schiavisti,  piccolo paradiso in terra ed in realtà, anche se l'impressione di miseria resta, il panorama e l'atmosfera sono idilliaci.
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C'è un caseggiato grande lungo la strada, che Fra ha già frequentato: è un centro culturale ed una scuola di musica .L'edificio è il vecchio Dispensario. Varcato il portale un grande cortile isola la scuola dal caos di fuori: Al primo piano tutto intorno un ballatoio in legno dipinto di blu ed intagliato: la musica dissonante di strumenti diversi che provano arie diverse si diffonde armoniosa.
Saliamo una rampa di alti gradoni: piccole aule intonacate di bianco si aprono sul patio, le porte aperte o addirittura senza; c'è la classe di violino, poi quella degli strumenti a fiato, poi ancora
un piano con tastiera ridotta una specie di spinetta: c'è un ragazzo con grandi mani che la sta suonando.
Dalla parte opposta si sente il rullare dei tamburi. Sono sorpresi di vederci curiosi ma ci accolgono alle loro prove con grandi sorrisi. Alcuni riconoscono Fra.
Io sono sorpreso di scoprire le loro abilità.....quasi occidentali! quasi non potessero...e mi soffermo a pensare ai pregiudizi ed alla miseria delle nostre opinioni  

Sul lato corto dell'edificio il ballatoio si apre in una terrazza sul mare: uno spettacolo ed un panorama splendido! alcuni ragazzi sono lì fuori in pausa a godersi la brezza marina; uno di questi, che Fra ha già visto esibirsi, la invita ad andarlo ad ascoltare in una tournee che farà a breve in Europa. Il mondo è veramente piccolo per questi giovani.
Riscendiamo a malincuore, non senza aver indugiato ancora in una delle aule dove si esibiva un trio: potere della musica.    

Siamo di nuovo in strada: edifici dismessi e malmessi fatiscenti e rovinosi  prospicienti il mare: residui di una grandeur trascorsa. Faccio foto. Sono questi gli edifici per cui Stone Town è patrimonio dell'Unesco: Il Palazzo delle Meraviglie,Il Dispensario, Il Palazzo Reale.
Davanti a quest'ultimo due ragazze ci indicano l'ingresso: l'antica residenza,  oggi un museo, del Sultano di Zanzibar! . L'ultimo, il nono, sultano Khalifa Bin Harub  ha regnato fino al 1960.

Zanzibar - che in swahili significa "terra dei neri" - deve la sua notorietà, e la sua ricchezza, alla tratta degli schiavi che dal continente erano inviati in Medio Oriente : l'isola e l'arcipelago facevano parte infatti dell'Oman e gli omaniti erano la casa regnante. Ancora oggi si possono vedere a StoneTown i luoghi del mercato dove gli schiavi erano trattati e venduti :  in particolare la Chiesa di Cristo - che però noi non abbiamo visitato - costruita nella piazza dove si faceva il mercato degli schiavi ed il cui altare è esattamente nel posto in cui gli schiavi venivano legati ad un palo per essere frustrati.
Diventato poi un protettorato inglese, Zanzibar divenne famosa come l'isola delle spezie: ancora oggi è  un importante centro per il commercio soprattutto dei chiodi di garofano di cui è  uno dei maggiori produttori mondiali.

Il palazzo museo conserva alcune suppellettili che però non riescono a dare, così nude come sono messe in mostra, l'idea della magnificenza che il  palazzo del sultano doveva avere: un po' deludente.

Riprendiamo la nostra passeggiata sul lungomare e ci fermiamo a mangiare in un prato vicino al porto.
All'interno di uno spiazzo vedo un gruppo di donne sedute in circolo a fare non so cosa, ma che stanno intonando la filastrocca della canzone Zanzibarina. E allora prendo un foglio di carta per scrivermi le parole ed insieme cantiamo:
Jambo, Jambo buana, habari gani,mzuri sana....Wageni, Wakaribishwa, Zanzibar yetu Hakuna Matata.
Zanzibar nchi nzuri, Hakuna Matata. Nchi ya maajabu Hakuna Matata. Nchi yenye amani, Hakuna Matata.  Watu wote, Hakuna Matata, Wakaribishwa,Hakuna Matata. Hakuna Matata, Hakuna Matata
L'inno di benvenuto ai bwuana"! Bellissimo 
E' ormai pomeriggio e vinto a malincuore  il languore con cui  la natura e tutta la bellezza che ci circonda ci avvolge, riprendiamo la passeggiata. Fra ci mostra alcuni degli alberghi lussuosi destinati ai ricchi clienti: in effetti c'è una trasformazione in atto dei vecchi edifici pericolanti che vengono acquistati e ristrutturati per farne residenze lussuose per i turisti.
Ci  inoltriamo di nuovo tra i vicoli: Fra ci vuole mostrare dei sandali che avrebbe voluto prendere, e poi - sorpresa! -  ci invita a ristorarci in un bar freschissimo, anche questo pittato di azzurro, pulito e tranquillo un oasi fuori dal caos. Un intermezzo di relax molto apprezzato.
Attraversando ancora vicoletti e piazzette - notevoli le grosse ragnatele tessute da enormi ragni neri evidentemente innocui perchè tollerati da tutti - ritorniamo nella grande piazza del mercato.
Fra aveva concordato poco prima con un tassista, un ragazzo moderno, il ritorno a casa.

10 Giugno  -
Le sorprese non finiscono mai. Una esperienza indimenticabile.
Oggi andremo a visitare una delle molteplici piantagioni in cui vengono coltivate le spezie
 Ci vengono a prendere con una  monovolume a più posti, molto popolari qui tra i tassisti, e insieme all'autista sale con noi la persona che ci farà anche da interprete, perchè parla un po di italiano.
Ci inoltriamo quindi verso l'interno dell'isola percorrendo una strada stretta ma comoda anche se trafficata.
Allontanandoci dalla città la vegetazione si infittisce, di palme, alberi di mango di banani, ma mai come la  giungla che ci si poteva aspettare. In verità non c'è niente di interessante e dopo poco più di mezz'ora arriviamo a destinazione: è la BUDA SPICE FARM !

E' una azienda agricola e quindi camminiamo in mezzo ad alberi e piantedistribuiti  in apparenza a caso.
Ci accolgono due signori che scambiano alcune battute con il nostro interprete,quindi iniziamo il giro
Fin da subito si è unito a noi ed alla nostra guida un simpatico ragazzo che chiamerò Abdul, dalla faccia larga e pulita e labbra grandi, ma non enormi; veste una maglietta tipo Inter a strisce nerazzurre ma purtroppo non parla neanche l'inglese. Si muove come un folletto, lo vedevamo precederci, improvvisamente sparire e poi ripresentarsi con qualcosa in mano per noi. E' stato lui la nostra vera guida; ad un tratto si inchinava per prendere una bacca,  o scavava con le mani per tirar fuori una radice oppure strappava un frutto da una pianta: ed ogni volta era una sorpresa.
La bacca si apriva e ne usciva un nocciolo rosso intenso... era l'albero del rossetto, con cui ha impiastricciato le nostre e le sue mani e gote e labbra, una specie di fagiolini lunghi appesi ad una pianta, "odora odora", erano le stecche di vaniglia, e poi una erba miracolosa che strisciata e applicata avrebbe guarito la ferita di Fra dietro al tallone, non potevano mancare i chiodi di garofano stecchetti marroncini con la testa proprio come un chiodo, la cannella lo zenzero.....

E mentre saltava di qua e di là, o quando eravamo fermi  attenti alla spiegazione, lui il ragazzo armeggiava ed intrecciava fili di foglie di palma e come per magia ci abbigliava con cravatte ed anelli, borsette a spalla e bracciali ma soprattutto ci ha regalato dei copricapi da lasciare senza parole per la bellezza e la accuratezza della fattura: per me una specie di scescia ma alta tanto da farmi ricordare le foto dei re africani, ed era quello che mi sentivo, e per le donne invece delle corone elaborate. Ma di una morbidezza e di una resistenza tali che unite al verde intenso della fibra vegetale li faceva apparire delle vere opere d'arte.
Sono andato in giro orgoglioso con quel copricapo e nonostante l'ilarità non ho voluto toglierlo.

Una atmosfera incantata un tempo piacevolissimo, culminato con l'avvicinamento ad un gruppo di altissime palme. All'improvviso mentre stavamo parlando con altri lavoratori della piantagione vediamo Abdul arrampicarsi a quattro mani su per il tronco infinito della palma ad una velocità supersonica ed ad una altezza da brividi: in un attimo era su in cima seminascosto dalle foglie mosse dal vento che ci salutava aggrappato con i soli piedi. Poi ancora velocissimo giù a portarci due grosse noci con l'involucro di legno chiaro.
Gli altri lavoranti con colpi ben assestati del machete che portavano in mano, ci offrivano da bere il succo del cocco. A me non è mai piaciuto molto, ma quello era freschissimo e più che latte sembrava acqua dolciastra.  Nel frattempo da sopra ci faceva ancora saluti e si metteva in posa per le nostre foto.

La visita volgeva al termine: erano passate oltre due ore erano sembrati due minuti: Ci siamo diretti verso un posto di ristoro, previsto dal tour, dove ci hanno allietato con mango e banane. Non poteva mancare la bancarella del souvenir con sacchetti di spezie targate Zanzibar.Solo andando via mi è venuto di pensare che, nonostante la coltivazione di decine di spezie diverse, non si sentiva nessun odore particolare.


11 Giugno -  C'è un altro luogo che Fra vuole mostrarci: Il Mnarani Marine Turtles Conservation Pond
è una specie di clinica/allevamento per le tartarughe marine che vengono curate, alcune fatte crescere nel bacino marino naturale  e poi ridate al mare. Le tartarughe giganti di Zanzibar infatti, pur essendo una specie protetta,  vengono catturate dai pescatori di frodo per la bontà della loro carne. Per evitare questo ai pescatori che portano  al centro le tartarughe che rimangono impigliate nelle reti viene data una piccola somma in denaro.
In questo momento il centro è gestito da una signora inglese che Fra ha già incontrato e che ci farà conoscere.

Bisogna arrivare al villaggio di Nungwuji - che in sawilji sta per isola delle tartarughe -è dalla parte opposta di StoneTown e per questo aveva concordato con il ragazzo tassista di accompagnarci : tornerà a riprenderci nel pomeriggio.Perciò ancora mattinieri pranzo al sacco partiamo per questa nuova avventura.
 Il tratto di strada ripercorre in parte quello della factory delle spezie, ma poi continua attraversando villaggi
che incontriamo improvvisi; non ho una cartina dell'isola e quindi non riesco ad orientarmi.

Attraversiamo, dopo oltre un'ora, più che un villaggio un gruppo di caseggiati bassi, la strada è polverosa non più asfaltata, bambini capre e galline si rincorrono giocondi, e finalmente l'oceano che vediamo plumbeo, come il cielo, prima frammezzo le case e poi maestoso nell'ampia radura che si apre: siamo arrivati!

Siamo su un piccolo rialzo della costa, sulla punta dell'insenatura, dove la vegetazione di alti alberi lascia spazio all'ampia striscia bianca di sabbia finissima quasi polverosa che contrasta con il colore del mare verde acqua segnato più al largo da una linea scura grigiastra quasi nera. Ed in effetti, benchè sopra di noi il cielo
sia azzurro verso occidente i residui di una tempesta al largo sta lasciando volute di nere nuvolaglie gonfie di pioggia che ancora incombono sull'acqua.
Davanti a noi in rada decine di barche di pescatori, le cui case tra la foresta ed il mare arrivano quasi sulla spiaggia. Queste barche sono i famosi dingo che vengono realizzati da esperti maestri d'ascia proprio in questa zona: un tour per turisti consente di visitare i cantieri e gli operai al lavoro.

Tra le barche alcuni bambini giocano in quest'acqua densa, verdina, quasi saponata.

Il centro del Conservation Pond è una  struttura in legno bassa, povera,  con cartelli esplicativi sulla fauna e sulla vita delle tartarughe, appoggiati ad una staccionata vicino l' ìingresso scheletri e teste di delfini e pescecani ed il dorso scheletrito di una delle più grandi tartarughe del posto. Servirà per scattare foto.
 La signora Inglese  riconosce Fra e ci viene incontro e poco dopo scoppia in lacrime.
Ci spiega di essere sola li' - il suo volontariato che svolge da poco più di una settimana implica  il soggiorno in quella struttura anche di notte - senza luce ed impaurita dai rumori della notte, dagli animali e dagli uomini con cui non riesce ad avere se non sporadici contatti: le loro lingue non si intendono.
E' per questo che accoglie Fra come una salvatrice. Presto le lacrime si asciugano lasciando il posto al sorriso. Ci invita ad entrare e a visitare il centro.

Nel bacino di acqua marina nuotano alcune tartarughe, alcune grandi ma non giganti come pensavo, per lo più di medie e piccole dimensioni, Fra ne accarezza alcune, ci sono anche dei grossi pesci simili a cefali.
Quest'acquario non mi sembra troppo interessante, anzi sembra piuttosto trascurato.
Ben presto ci spostiamo nell'attiguo bar-veranda con libera vista sull'oceano.
Facciamo una passeggiata per fotografare da vicino una mucca con il suo piccolo che pascola tranquilla sulla spiaggia.
Ora le nubi nere si stanno annacquando e sono più lontane all'orizzonte, quasi quasi mi faccio un bagno.

Presto detto mi immergo tra le barche dove prima giocavano i ragazzini e Fra in posa di reporter scatta foto in continuazione a tutto quel ben di dio. Poi non si trattiene e in    della febbre si butta anche lei. Anzi nuota verso il largo: l'acqua non è fredda ma le onde sono ancora gonfie.

Dopo il pranzo ci avventuriamo ancora in una lunga passeggiata lasciando Forty al bar a parlare con la signora inglese...in quale idioma non si sa, ma le sue capacità comunicative vanno ben oltre il banale linguaggio.
Scopro così, e Fra me lo fa notare, che in realtà quella spiaggia è un posto di villeggiatura che a breve sarà attrezzato con sdraio e ombrelloni chioschi bar e musica a tutto volume: la creatività e l'ironia dei locali hanno creato delle finte boutique in capanni con i nomi dei brand più improbabili : La boutique di San Gennaro, La Piccola Capri, Versace.....curiosamente tutti nomi italiani, qualche riferimento alla nazionalità dei villeggianti?!

La magia della natura che ci sovrasta, la luminosità del primo pomeriggio, la calma, il fruscio del vento tra i rami degli alberi della foresta che incombe sulla spiaggia fino al limitare delle onde, il rumore della risacca, richiami che vengono da lontano dalle barche di pescatori al largo intenti con le loro reti, bambini che giocano sulla sabbia con pezzetti di legno, una atmosfera di beatitudine che non si può ricreare nè a parole nè per immagini.

Dove gli alberi sembra vogliano entrare nel mare questo fa un insenatura profonda creando una piscina naturale, di fronte una spiaggia e sopra un promontorio: sparsi tra la fitta vegetazione bungalow, case,
ville perfino tutti di un  colore bianco illuminato dal sole che risalta  nel verde: è un resort per ricchi!

Torniamo lentamente all'acquario, Fra è stanca. Questa febbre di cui non conosciamo la natura, sembra non voglia lasciarla.E' malinconica ed anche arrabbiata per le discussioni che tra noi non mancano mai. Ma così è ancora più bella e mi diverto a scattarle alcune foto.

Il tempo è passato velocemente ed il nostro autista è già arrivato. Salutiamo la signora Inglese e riprendiamo la strada del ritorno.Un traffico incredibile fatto di ogni possibile mezzo di locomozione ci accoglie nei pressi di StoneTown, ed è così colorito, così rumoroso, così vario che non può non rallegrarci  


12 Giugno - Fra in questo viaggio ci ha fatto un regalo enorme organizzandoci il soggiorno a Zanzibar
con delle esperienze indimenticabili !

Questa mattina ci vengono a prendere, col solito pulmino, ed andremo in mezzo all'oceano sull' isola
che scompare!  E' un banco di sabbia quasi rosata che viene sommersa con l'alta marea di mezzogiorno, e ricompare quattro ore dopo con la bassa marea.L'isola Ngwuyi.
Ma prima bisogna raggiungere la costa, ed allora dopo quasi un'ora di viaggio attraversando strade e stradine in un ambiente più selvaggio di quello del giorno precedente, ci fermiamo in una piccola radura dove sono ad aspettarci altri turisti che condivideranno con noi la traversata: due ragazzi australiani, madre e figlia olandesi, un altro gruppo. Ci inoltriamo in fila indiana lungo un sentiero battuto ed arriviamo poco dopo sulla costa, con l'oceano di un azzurro intenso che ci appare all'improvviso fuoriuscendo dalla foresta: l'isola si vede da terra non è molto distante

L'oceano si è ritirato e ha lasciato scoperto più di cinquanta metri di battigia, ma non è sabbia: è la caratteristica scogliera calcarea corallina - la barriera di frangente. E' un intrico di strutture tipo coralline più o meno raccolte che costituiscono il fondale, appuntite che fuoriescono da una specie di rena melmosa in cui brulica, insieme agli immancabili residui plasticati, una fauna minore fatta di vermi, piccoli insetti, mitili,  pescetti intrappolati nelle piccole pozze, che sono preda di volatili rapaci e uomini raccoglitori che vagano in lontananza con secchi di plastica e un legnetto in mano  alla ricerca di esche per la pesca, sondando il terreno impraticabile con i piedi nudi o protetti da samurai di gomma.

Dobbiamo aspettare che la barca che ci porterà sull'isola venga a prenderci. L'attesa si protrae ma la bellezza del luogo ed il tentativo di traversare saltellando il groviglio della piattaforma  non disturba, poi finalmente il barcone arriva ed è un vociare festoso e quasi una corsa per raggiungerla.
Un barcone di legno massiccio, quasi grezzo, primitivo, con pali storti, in apparenza così come raccolti, infilati nel mezzo e sulle sponde laterali, un timone enorme con una lunga barra anch' essi di legno pieno, un palo in orizzontale a fare da boma per una vela di tela grezza e sporca, le sedute arrangiate con tavole instabili, il fondo .....grezzo e ingombro di secchi e taniche e stracci.
Una scaletta di ferro piuttosto arrugginito serviva ad agevolare la salita piuttosto complicata  specie per Forty ma alla fine tutti a bordo e con un po' di perplessità partiamo.

I nostri marinai, ragazzoni e ragazzini neri, che armeggiano con motori timone e ancore sono sempre sorridenti  e mostrano sicurezza e padronanza del mezzo e delle manovre, così ci rassicuriamo anche perchè la meta è a vista, la traversata durerà poco più di mezz'ora, l'andatura è tranquilla e il mare pure.
Lasciandoci sulla destra l'isola verdeggiante approdiamo sulla lingua di sabbia che emerge isolata in mezzo all'oceano: la parte centrale leggermente più elevata della periferia che è già sommersa. In effetti siamo un po' in ritardo perchè la marea si sta già alzando e in breve tutto l'isolotto scomparirà. C'è tempo però per una breve immersione - in realtà avremmo dovuto fare dello snorkeling - e soprattutto per un rinfresco a base di frutta: cocco mango e cocomero...

Purtroppo dobbiamo lasciare presto l'isolotto, i tempi della natura non sono negoziabili, e ci rivolgiamo verso l'isola che ci presenta uno spettacolo affascinante: una foresta di mangrovie lussureggianti. La barca ci porta lentamente nelle piccole insenature, silenziosamente quasi a non disturbare: il verde smeraldo dell' acqua riflette quello intenso delle mangrovie, che crescono sulla base rocciosa modellata dal mare in archi e grotte; alcune spuntano dall'acqua improvvise come enormi cespugli isolati, e il sentimento è di stupore di fronte a tanta bellezza, a tanta pace.

Ci risvegliamo presto perchè la barca nel frattempo ha attraccato:  dobbiamo scendere e la cosa non è così pacifica perchè siamo un po' distanti dalla spiaggia e l'acqua è alta.
"Approdiamo" e seguiamo un sentiero che ci porta ad una serie di tavoli con panche organizzati sotto una
ampia pèrgola verdeggiante: condividiamo con alcuni paguri giganti molto divertenti che a ritroso tentano la loro strada verso il mare. Non facciamo a tempo a sederci che veniamo omaggiati da portate successive ed incredibili di aragoste enormi, pesce arrosto bianchissimo, mitili giganti, birra e coca cola..... è il nostro pranzo del tutto inaspettato, ma soprattutto mooolto gradito! anche se come solito mi lascio andare a sciocche considerazioni sulla scarsa spontaneità dell'offerta: mi piacerebbe ogni volta  essere il primo e l'unico a godere di un simile spettacolo, ma mi rendo conto di essere in ritardo almeno di due tre secoli! .

Il dopopranzo ci regala l'ultima meraviglia di giornata: un albero di BaoBab, il più antico di tutta Zanzibar,
che prendiamo letteralmente d'assalto per la migliore delle foto.
Risaliamo sul barcone, non senza qualche difficoltà che Fortuna supera mostrando una volta di più tutta la sua tenacia e adattabilità, e ripartiamo verso la terraferma.
Il nostro capitano ha deciso di alzare la "randa" e di tornare col favore di vento. L'ilarità e l'eccitazione generali si smorzano dopo poco quando ci rendiamo conto del moto ondoso e dell'altezza delle onde.
Il nostro "barcone" in apparenza così solido sembra adesso un fuscello in mezzo al mare sbattuto su e giù e a destra e sinistra, i commenti scherzosi servono a rassicurare chi li fa, ci si chiede come possa quella barca che sembra legata con lo sputo, non sfasciarsi alla prossima ondata, forse è il caso di accendere i motori per
arrivare prima.....ma il capitano e gli altri si mostrano tranquilli e sorridono delle nostre paure.

Ovviamente avranno ragione loro. L'alta marea ha coperto ora il tratto di spiaggia questa mattina scoperto, e attracchiamo proprio in prossimità della foresta. Scendere dalla barca è quasi un sollievo per tutti, e riprendiamo il sentiero per il pick up. Forty per non prendere storte ha bisogno del braccio del nostro accompagnatore, l'amico di Fra che ci ha organizzato questo splendido Safari Blu.


12 Giugno -

  


    




      



           



  

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